Friday, March 19, 2021

Die sieben Todsünden - Mahagonny Singspiel - Teatro alla Scala, Milano

Foto: Bresia&Amisano

Massimo Viazzo

Come terza produzione di questa anomala stagione operistica compromessa dalla pandemia (un'opera al mese in streaming, dopo Così fan tutte a gennaio e Salome a febbraio, diffusa sulla piattaforma on line della rete televisiva nazionale italiana RAI), il Teatro alla Scala propone un dittico costituito da due titoli di Kurt Weill: I Sette Peccati Capitali, e Mahagonny Song, quest'ultimo una sorta di cartone preparatorio del futuro capolavoro Ascesa e Caduta della città di Mahagonny, entrambi frutto della collaborazione del compositore tedesco naturalizzato statunitense con Bertold Brecht. Furono creati negli anni '30 come metafora del crollo dei valori della società borghese.  Diciamo subito che si è trattato di uno spettacolo tutto sommato innocuo. La forza provocante contenuta in musica e testo si perdeva su un palcoscenico arredato con oggetti di recupero, alcuni riferimenti all'inquinamento ambientale, proiezioni in bianco e nero sul fondale, e una recitazione corretta ma non incisiva, senza reali momenti graffianti e pungenti come invece era lecito aspettarsi da due lavori che fondano la loro ragion d'essere su satira e sarcasmo. La regista franco-britannica Irina Brook ha confezionato, quindi, uno spettacolo che non morde, che non graffia. Le due protagoniste Kate Lindsey e Laureen Michelle hanno reso i loro personaggi in modo adeguato, con voce non molto voluminosa e un fraseggio non molto vario. Meglio la parte orchestrale affidata alla bacchetta di Riccardo Chailly, spesso straniante ma anche forse troppo levigata. Finale a sorpresa con l'omaggio a Irina Brook e il suo Alabama Song, il brano più noto di Mahagonny.

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