Thursday, April 11, 2024

La Rondine - Teatro alla Scala Milano

Foto: Brescia&Amisano

Massimo Viazzo

In questo anno pucciniano La Rondine è tornata alla Scala dopo un’assenza di trent’anni (nel 1994 fu diretta da Gianandrea Gavazzeni. Quest’opera, in effetti, non è mai stata tra le preferite degli appassionati, forse anche per un libretto che non avvince, mescolando vicende risapute come quelle di Violetta (Traviata) e Mimì (Bohème). Ci furono molti detrattori che la definivano un’opera mancata, un’opera che sembrava un’operetta o un’operetta che avrebbe voluto essere un'opera, un’opera che in definitiva non era né carne né pesce. Ma ci furono anche importanti fautori della sofisticata partitura. Il grande direttore d’orchestra Victor de Sabata sosteneva, ad esempio, che «La Rondine è la più elegante e raffinata partitura di Puccini». La responsabilità artistica di riportare questo titolo al Teatro alla Scala è stata affidata al direttore musicale stesso del teatro, Riccardo Chailly, profondo conoscitore della produzione del compositore di Lucca e da sempre interessato al recupero filologico delle sue partiture. E infatti anche questa volta si è ascoltata una Rondine con alcune novità in quanto basata sull’edizione critica pubblicata nel 2023 a cura di Ditlev Rindom, preparata avendo a disposizione un prezioso autografo (creduto perduto) anteriore alla première avvenuta a Montecarlo nel 1917 che presenta un centinaio di battute in più e anche differenze nell’orchestrazione. E Chailly non poteva che essere lui il trionfatore di questa produzione. Il cesello è stata la sua cifra interpretativa più evidente: lievità, timbrica preziosa e soffice, andamento ritmico spontaneo, narrazione viva e fluida con una grande perizia nel dosaggio dei pesi orchestrali. Davvero una direzione convincente. Come pure il cast capitanato da Mariangela Sicilia che ha donato la sua voce lirica a Magda. Con un fraseggio elegante e una emissione ben sostenuta ha reso credibili le emozioni della protagonista. Il soprano calabrese l’ha tratteggiata come donna libera ed emancipata con musicalità e accento ricercato. L’amato Ruggero era interpretato da Matteo Lippi. Il tenore genovese ha mostrato bella dizione, timbro caldo e pastoso, e sicurezza nel registro più acuto. Bravo anche nelle mezze voci. La cameriera Lisette di Rosalia Cid è piaciuta per spigliatezza, agilità e purezza timbrica, mentre Giovanni Sala ha impersonato un simpatico (ma anche cinico) poeta Prunier con estroversione e con una certa sicurezza vocale. Pietro Spagnoli nel ruolo di Rambaldo, personaggio solo abbozzato da Puccini, ha evidenziato le sue indubbie capacità di dizione e accento nel canto di conversazione tipico del suo personaggio. Ma anche tutte le parti di fianco e il Coro del Teatro alla Scala diretto da Alberto Malazzi hanno contribuito ad una attendibile resa musicale. E veniamo infine alla regia dello spettacolo. Irina Brook dà al proprio allestimento una visione metateatrale, di teatro nel teatro, con in scena il personaggio inventato di una regista-coreografa, alter ego di se stessa, che prepara la messa in scena dell’opera. La Brook sostiene di essere più interessata a scandagliare la magia del teatro e le relazioni tra personaggi reali e fittizi, piuttosto che addentrarsi nella sola vicenda del libretto. Belle parole queste, ma alla fine lo spettacolo è parso innocuo, punteggiato da cose già viste e riviste, e con una interazione tra il personaggio della regista e i personaggi dell’opera abbastanza scontata, un po’ banale, senza guizzi o idee originali. In particolare nel primo atto, ad esempio, andava in scena la prova generale de La Rondine con tanto di costumisti, attrezzisti... in una brillante ambientazione che ricordava i classici del musical hollywoodiano. «Siamo in un elegante padiglione estivo come se ne costruivano sui moli delle spiagge atlantiche o delle coste inglesi alla fine dell’800» - ricorda la Brook, che continua - «nel secondo atto al posto della sala da ballo Chez Bullier troviamo la casa della regista che si sveglia da un incubo in cui la prova non era andata bene, non funzionava nulla». La tecnica del teatro nel teatro, di cui oggi forse se ne sta abusando, in questa produzione non convince. Certo, lo spettacolo è scintillante, colorato, pieno di lustrini, ma alla fine i possibili piani di scambio e reciprocità tra realtà e immaginazione, tra verità e finzione sono stati appena sfiorati, latitando invece idee teatralmente efficaci e psicologicamente stratificate.

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