Alfredo Kraus copyright foto abc/ EFE |
Gianluca Moro, tenor
‘Je crois entendre encore, caché
sous les palmiers, sa voix tendre et sonore comme un chant de ramier !’ Un pomeriggio leggero e sincero come tanti, un classico
pomeriggio italiano, che sa di caffè e spensieratezza… era questa l’atmosfera
che faceva da sfondo a ciò che, presto o tardi, avrebbe preso con perfetto
equilibrio il sopravvento su ogni altra cosa. Da quella fonte oramai nostra che è YouTube, ascoltai
per la prima volta queste parole, cantate, emesse con garbo e fascino tale da
avere con sé il dono di bloccare il tempo e renderlo uno schiavo prostrato ai suoi piedi. Era la linea vocale
di Alfredo Kraus ne “Les pècheurs de perles” (I Pescatori di Perle, Bizet) che
dettava le regole del gioco, che teneva ben saldo il timone della nave sempre
conscio della direzione che avrebbe dovuto prendere. Non un errore, non un
passo falso, mani salde al timone e vento a favore. Nell’immaginario di noi “piccoli” questo era Alfredo
Kraus, grande Maestro e Capitano di un contesto musicale e canoro che ancora
non ha designato l’erede dell’ immenso tesoro che ci ha lasciato. Lui se ne
andò nell’ormai lontano 1999, ma non ha smesso di vivere, di essere presente
musicalmente parlando, di elargire con immensa generosità la sua preziosa arte
da “First Class”: ci lascia un patrimonio degno di tale nome, un forziere
di emozioni e nozioni, quel gioco di colori che mai si spengono. Sebbene a detta di molti non fosse dotato di un timbro eccessivamente
affascinante, con punte di naso che qua e là facevano capolino anche nella sue migliori prestazioni, ci rimane una voce
dall’estensione notevole e gestita con un controllo più che eccelso, maturato
negli anni e ben organizzato non a caso da una dote intellettuale certamente
sopra le righe. Ciò che salta all’occhio, anzi all’udito per meglio
dire, è in primis la gestione del fiato, punto cruciale per tutti gli studenti
di canto che si affacciano in questa giungla di arte che è la musica vocale. La
bellezza che si rivela nell’ascoltare quel fraseggio, quell’emissione
centellinata al millilitro, quel suono che si fa tangibile e reale nota dopo
nota come un fil di perle, che legate l’una all’altra producono
un’indiscutibile relazione musicale degna dell’inimmaginabile. E’ un’arte quella
del canto, così come lo è quella della conoscenza e gestione del corpo, mezzo e strumento unico di
infinita potenza per noi cultori della voce. Il canto è arte ma è anche
scienza, è poesia ma è anche artificio, è mente così come è anche corpo. E’ una
relazione tra più fattori che matura negli anni e a chi scopre il segreto della
relazione tra gli elementi che lo creano viene conferito il passaporto di
longevità vocale, di freschezza nell’emissione che dura nonostante l’età che
avanza. Kraus era anche questo, un degno alleato
dell’immortalità con cui ha stretto un patto a noi noto. Come tutti noi “studenti a vita” di un’arte che non
perdona, anche lui ha avuto e vinto le sue battaglie . Che eredità ci lascia,
che fortuna per me e per noi poter captare solo all’ascolto il modo in cui
risolve un passaggio complicato, una frase tecnicamente complessa ma che si
sgroviglia nella naturalezza più prorompente. A noi il compito di trarne ciò
che è necessario per la nostra crescita, perché di questo si tratta, sempre e
solo della crescita intellettuale. Alfredo Kraus è una guida, lo sono anche tanti altri al
suo pari, Luciano Pavarotti o Tito Schipa per citarne qualcuno, ma ognuno di
noi trova in queste figure del passato ciò che può proiettarci verso il nostro
di futuro, che va costruito e pensato senza concedere alcuna restrizione
all’incredibile. Siamo tutti potenziali eredi di un patrimonio che ci è
concesso gratuitamente, una volta tanto, ma sta a noi scoprire il segreto
dell’immortaltà. Tutti quanti seduti ad ascoltare e a dare voce, con la
guida che più si confà alla nostra voce, alla nostra anima e alle perdizioni
artistiche. Questo per me è il Capitano Kraus: una guida, una luce
di chiarificazione della magica arte del canto, colma di segreti che collimano
con gli stessi segreti che custodiamo nel nostro inconscio. Come lui, come te, come ognuno di noi, io sono solo una
voce, ma certamente degna delle proprie sfumature.
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