Foto: Rota
Renzo Bellardone
Nuovo allestimento e produzione
della Fondazione Teatro Donizetti in coproduzione con la Fondazione
Teatro La Fenice di Venezia Diciamo che l’espediente del ‘teatro nel teatro’ è
cosa vista e rivista, ma in Enrico di Borgogna al Donizetti Opera Festival
2018, l’illuminata regista Silvia Paoli, non creato un giochino da
nulla, ma anzi ha saputo ricreare un’atmosfera molto particolare che io amo
molto: l’atmosfera del backstage, che in questo caso è stata riportata in
frontstage con tutto quello che ne deriva. L’idea dell’ambientazione
nell’ideale teatro Vendramin San Luca che ne vide la prima rappresentazione esattamente 200 anni fa, del regista,
del suggeritore, del trova robe e degli attrezzisti in bella mostra, così come
a vista l’ingresso e l’uscita degli interpreti
su questo palco girevole che un po’ è sipario ed un po’ è retro palco in
fase di organizzazione, è per me semplicemente geniale oltre che estremamente
divertente. Le luci ben studiate ed
opportunamente utilizzate dal design di Fiammetta
Baldissera hanno coadiuvato anche l’allegra scenografia di Andrea Belli con l’assistente Tecla Gucci, che in una fantasmagoria di colori ha accolto i
costumi sgargianti, fantasiosi ed anche un pò circensi di Valeria Donata Bettella a cui va un applauso anche per le
ridicoleggianti parrucche. Insomma un’opera seria, nelle mani di gente capace,
è diventata un’opera ricca di fantasia e
di calamitante attenzione. La scrittura guarda al passato tra marcati rimandi rossiniani con anche l’utilizzo del fortepiano; Alessandro De Marchi, ottimo conoscitore ed esperto di tal genere
musicale, ha infatti diretto con maestria e caparbietà coinvolgendo la sua
orchestra, l’Accademia Montis Regalis, fino a trarne una esecuzione davvero
brillante ed assolutamente piacevole. Altro buon merito va rivolto al Coro Donizetti Opera che si avvale di
validi artisti a tutto tondo che sotto la direzione di Fabio Tartari esprimono
sfumature di grande interesse per vocalità e poi anche per interpretazione
attoriale.
Il cast di tutto pregio ha visto Anna Bonitatibus nel ruolo del titolo
en travesti, affrontato con l’acquisita
solida tecnica, arricchita da
pregevolezza vocale che le hanno consentito abilmente di cogliere le sfumature anche
delle note più alte affidate al suo personaggio reso con brillantezza. Sonia
Ganassi riveste i panni di Elisa che
sa esprimere con agilità, timbricità e grande forza interpretativa con il
colore caldo ed ambrato che la contraddistingue. L’altra donna in scena è Federica Valli che con ironia scenica e capacità vocale ha interpretato Gertrude in
modo più che brillante. Enrico di Borgogna è certamente opera poco
rappresentata, ma in questa particolarissima edizione si ha dettagliatamente
avuto modo di apprezzarne l’insieme. Pietro il pastore incontra Francesco Castoro quale interprete
apprezzato per un bel colore ed impostazione tenorile caratterizzata da pienezza morbida e armoniosa. Levi Sekgapane interpreta Guido e seppur
con voce non penetrante, interpreta con fierezza giovanile, culminante in acuti coraggiosi. Brunone è
l’accativante Lorenzo Barbieri che
ha dato buona e soddisfacente prova e Matteo
Mezzaro interpreta Nicola con giusto piglio e tono. Luca Tittoto ricopre il ruolo buffo di Giberto e direi che
gli è riuscito benissimo e che il bel timbro profondo ed il colore scuro, ma
vivido, lo hanno facilitato nella riuscita impresa sottolineata da un pubblico
divertito. Si è fin qui parlato della regia, delle scene, delle luci,
dell’orchestra e degli interpreti, ma lo scimmione???? Alter ego? Intrusione
teatrale o forse solo convenienza o inconvenienza teatrale?
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