Renzo Bellardone
Bergamo sta divenendo tappa obbligata per i melomani e per i cultori della ricerca e della proposta che al Donizetti Opera Festival sono peculiarità vive e brillanti; ogni elemento della costruzione dell’opera rappresenta un tassello importante e qui ogni tassello è trattato come un gioiello prezioso. Il castello di Kenilworth è la prima opera di Gaetano Donizetti che vede contrapposte due donne, ove le diverse sfumature femminili si confrontano nel duello dei sentimenti, del potere e del perdono. Dopo “Il Castello” vedranno la luce altre opere di ispirazione storica inglese dove sono i ruoli femminili ad essere primari: Anna Bolena, Maria Stuarda e Roberto Devereux. Il castello di Kenilworth rappresenta anche la linea di demarcazione tra le opere donizettiane che stanno lasciando il classico dramma per raccontare drammi più romantici e lasciare anche alle spalle la fruttuosa impronta di Gioacchino Rossini. In contrapposizione all’Enrico di Borgogna, vista la settimana scorsa, ne Il castello la scenografia di Angelo Sala è ridotta all’essenziale, ma la pedana con piano inclinato favorisce ottima prospettiva d’insieme impreziosita dalle luci disegnate da Fiammetta Baldisseri che ha privilegiato i chiaro scuri optando per tinte contemporanea come i toni di tortora sfumati di lilla, piuttosto che i grigi che guardano al blu. Illuminati da queste belle luci i costumi tagliati classicamente da Ursula Patzak hanno un risalto importante che imprime caratterialità ad ogni personaggio. Circa la regia, che ha saputo sfruttare l’ingresso e l’uscita degli arredi di scena a cura del coro in vero e proprio movimento o flash d’immagine che si staglia contro il fondale , è giusto ricordare anche l’Assistente alla regia Federico Bertolani, così come il merito va riconosciuto anche a Nika Campisi, assistente ai costumi. Il Coro del Donizetti Opera è punto di riferimento sia per le abilità interpretative attoriali, che ovviamente per la resa vocale di pregio e sotto la direzione di Fabio Tartari tratteggia espressività e pregevolezza.
L’orchestra Donizetti Opera sotto la guida
brillante di Riccardo Frizza ha creato belle atmosfere romantiche fin
dall’ouverture; sfumato e delicato il momento con l’Armonica a bicchieri,
ovvero la glassa armonica con l’aria di Amelia che viene veramente vissuto come il preludio alla Lucia di Lammermoor, che
sempre al San Carlo di Napoli verrà rappresentata sei anni dopo. Proprio a proposito di questo importante
tratto dell’opera è bello parlare di Carmela Remigio che svela tutte le sue
capacità interpretative sfoggiando le qualità dell’attrice di teatro unite ad
una vocalità di tutto pregio che morbidamente
emoziona e poi coinvolge con acuti brillanti: cammina su un tavolo che diventa
passerella e con una carica notevole ipnotizza lo spettatore; in “alimenti ancor nel seno” il bel colore
e le agilità esplodono con voce squillante. Fanny è interpretata da Federica
Valli che con le poche battute affidatele rivela caratterialità e precisione
nella brillante emissione. Dario Russo espone un buon colore nel ruolo di Lambourne,
mentre il difficile ruolo di Warney è affidato a Stefan Pop che ha espresso
voce possente e ben timbrata, usata con salda tecnica e sicuro coinvolgimento:
struggente il duetto con Amelia/Carmela Remigio
al primo atto “vieni dove mi
traggi..”. Francisco Brito è
Leicester che interpreta con buona linea di canto: “Veggo ahimé” ed offre un
bel timbro tenorile porto con accorato sentimento, apprezzato fin dalla lunga
aria al primo atto. Il ruolo principale di
Elisabetta 1a, Regina d’Inghilterra, è affidato a Jessica Pratt nome ormai noto ed
apprezzato sulle scene del mondo: l’interpretazione, non per suggestione del
ruolo, è regale sia nel portamento che nel canto dove non lesina i conosciuti
inebrianti acuti ed i piani ricchi di pathos “Regnerò felice ognor”.. “In estasi soave”.
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