Foto: Teatro Regio de Torino
Renzo Bellardone
Senza effetti speciali, in una sorta di teatro di
tradizione, riveduto e rivisitato con
influenze cinematografiche, il regista Federico Grazzini ha realizzato un gradevole spettacolo che ha
inaugurato la stagione 2014 del prestigioso Teatro Regio di Parma. Non solo Verdi a Parma, si potrebbe dunque dire! Infatti è con
Pagliacci di Leoncavallo e Gianni Schicchi di Puccini che prende l’avvio “l’opera”
nel tempio musicale parmense. Sbuffando tra i vapori, il treno arriva in una stazioncina di provincia e
dalle carrozze della terza classe scende ‘la compagnia’ che si esibirà nel
piccolo teatro locale: così inizia “Pagliacci”. L’Ouverture segna già la freschezza della giovanile
direzione di Francesco Ivan Ciampa
che non però rinuncia alla poesia ed alla struggente passione che pervadono le
pagine di ‘Pagliacci’; nel successivo ‘Gianni Schicchi’ manterrà apprezzabile omogeneità facendo
diventare il leit motiv dell’opera, il verso musicale protagonista. L’orchestra è la regionale
dell’Emilia Romagna. Via i trucchi e gli abiti da Pagliaccio, sgomberato il
campo dalla pista del circo, siamo appunto nel teatro di provincia e nel
camerino di questo, dove si consuma la vicenda,
come in un film del realismo italiano. Molti personaggi in scena grazie
al Coro del Teatro Regio di Parma diretto da Martino Faggiani e dal Coro di Voci Bianche e Giovanili ‘Ars Canto
Giuseppe Verdi’ altrettanto ben diretto da Gabriella
Corsaro. Non nuova, ma qui realmente valida, l’idea della doppia platea, quella vera e quella realizzata
sul palco per gli spettatori /attori ed entrambe vedranno la tragedia consumarsi
in diretta. Serena Daoglio al suo debutto al
Regio di Parma, è Nedda/Colombina che man mano procede nel ruolo diventa sempre
più convincente negli acuti, nelle colorazioni e nella globale interpretazione; Canio è un
superbo Rubens Pelizzari che si dà
al pubblico con passione ed impeto all’unisono con la voce che parimenti
accattiva e trae diversi consensi. Tonio è invece interpretato da Elia Fabbian (che ritroveremo anche
nella seconda opera): ha buona voce con bel colore brunito ed avvolgente che
ben si addice al ruolo perverso che la scrittura gli affida. Peppe/Arlecchino è il sorridente Davide Giusti (anche lui sarà presente poi in Schicchi) interpreta
con con briosità giovanile e vitalità,
indispensabili a creare bene il personaggio cui dà pure chiara voce dai bei
toni e definiti colori. Marcello
Rosiello interpreta Silvio che qui non è contadino, ma marinaio, con omogenea
linea di canto facilitata da voce ben timbrata che agilmente spazia sul
rigo, e che manterrà le stesse gradevolezze anche nel successivo Schicchi.
Adeguati anche Alessandro Bianchini
e Demetrio Rabbito e decisamente appropriato ed
efficace l’intervento delle ballerine d’avanspettacolo. In sostanza uno spettacolo attrattivo come pure, se
non addirittura di più per l’insita
comicità nel “Gianni Schicchi” che segue. Una camera tutto
fare: a sinistra il letto con Buoso Donati appena spirato, al centro lo studio
con libreria e scrivania e a destra il salotto un po’ consunto di quel velluto
giallo che ha impreziosito tutte le case “per bene” dal dopo guerra in
poi, e per qualche decennio. Un plauso alla
regia per il gran movimento che pervade tutta l’opera e non solo alla ricerca
del famoso testamento! Gli interpreti: bravi e ben attagliati ai personaggi! Ritroviamo Elia Fabbian che mantiene le stesse
caratteristiche vocali ben adattate all’ironia del ruolo. La figlia
Lauretta è impersonata da Ekaterina
Sadovnikova, aggraziata e luminosa nell’aria clou “Oh mio babbino o
caro..”; l’amor suo Rinuccio prende voce e volto di Davide Giusti che ancor più frizzante che in Pagliacci, salta sulla
scrivania, corre sul palco senza intaccare il suono chiaro e limpido della voce. Matteo Mezzaro, Eleonora Contucci, Ernest
Stancanelli (gradevolissima la sua
voce bianca) Gianluca Margheri, Matteo
Ferrara, Marcello Rosiello, Romina Boscolo, e Stefano Rinaldi Miliani, sono
stati tutti ottimi interpreti dando prova d’attore (indispensabile nella
comicità) e prova di canto senza incrinature o cali. I personaggi nello
Schicchi sono davvero molti ed il numero impone una scelta di sintesi nel
commento, ma un apprezzamento particolare va a Silvia Beltrami per la sua formidabile Zita: parrucca grigia e
occhiali d’altri tempi, è irascibile, intrigante e dominatrice della famiglia
Donati e della scena; la voce naturalmente armoniosa esce con accenti timbrati
a caratterizzare con i colori e le modulazioni. Azzeccati i costumi
firmati da Valeria Donati Bettella e
funzionali le scene disegnate da Andrea
Belli, come efficaci le luci di Pasquale
Mari. Ben lieto di aver assistito alla produzione,
posso al solito concludere con: La Musica vice
sempre.
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