Sunday, November 9, 2025

Così fan Tutte - Teatro alla Scala, Milano

Foto: Vito Lorusso

Massimo Viazzo

Così fan tutte, composta da Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) su libretto di Da Ponte, è un dramma giocoso in due atti andato in scena per la prima volta a Vienna nel 1790. La narrazione si concentra su una complessa trama di inganni e relazioni sentimentali. Due giovani ufficiali, Ferrando e Guglielmo, accettano la sfida lanciata dal filosofo Don Alfonso di verificare la fedeltà delle loro fidanzate, Fiordiligi e Dorabella. Attraverso un elaborato stratagemma, i due si travestono da enigmatici stranieri e intraprendono un corteggiamento della compagna dell’altro, dando vita a una serie di astuzie, equivoci e momenti di umorismo. La musica di Mozart alterna arie liriche di grande intensità emotiva a vivaci numeri d’insieme, dando vita a una raffinata commedia sul tema dell’amore e della fragilità dei sentimenti umani, non senza una buona dosa di cinismo e disillusione. Così fan tutte è considerata uno dei capolavori del teatro musicale del Settecento, capace di mescolare ironia e malinconia con eleganza e profondità psicologica. Nella nuova produzione del Teatro alla Scala, Robert Carsen ambienta l’opera in uno studio tv, trasformandola in un reality show dal titolo La Scuola degli Amanti (che poi è il sottotitolo del capolavoro di Mozart/Da Ponte). Ci troviamo praticamente catapultati in una nuova puntata di un programma che ricorda da vicino Temptation Island. Le due coppie protagoniste assumono il ruolo di concorrenti, mentre Don Alfonso e Despina interpretano i presentatori. Un’idea geniale quella del regista canadese, che anche questa volta non tradisce il suo straordinario fiuto teatrale. Carsen immerge il capolavoro mozartiano nella contemporaneità (cosa c’è di più contemporaneo dei reality che imperversano sulle reti televisive?), ma senza tradire il messaggio originario. Anzi amplificandolo a tal punto che il titolo dell’opera potrebbe modificarsi in: Così fan tutti! Durante l’Ouverture, il pubblico prende posto sugli spalti dello studio, mentre I presentatori accolgono le coppie partecipanti al programma. Sui monitor, l’indicazione Applausi e Standing ovation guida il pubblico, mentre Don Alfonso illustra le regole del gioco, che vengono visualizzate sui maxi schermi, insieme ai nomi di tutti i partecipanti: «La Scuola degli Amanti rappresenta una sfida per le relazioni. Le coppie rimangono separate fino al termine del programma e non hanno accesso al mondo esterno. Si confrontano in sfide individuali, ignare delle prove arontate dal partner. Sono previsti nuovi incontri, con lobiettivo di valutare la solidità del legame amoroso. Il vincitore sarà colui che saprà seguire il proprio cuore». Le coppie sorteggiate al termine dell’Ouverture saranno naturalmente quelle già note, ovvero Fiordiligi/Guglielmo e Dorabella/Ferrando, e la narrazione del libretto si svilupperà senza alcuna alterazione (solo qualche piccolo cambiamento testuale) all’interno di questa innovativa concezione teatrale. Anzi, la vicenda narrata dal libretto di Da Ponte sembra quasi concepita appositamente per un allestimento di questo genere. Tuttavia, è opportuno notare che, sebbene la regia di Carsen risulti ecace nel seguire le vincende delle due coppie di amanti, ne riduce limpatto suipersonaggi di Don Alfonso e Despina, che appaiono un po svuotati del loro significato originario e, in particolare, della loro interazione e attrazione sessuale Per gli appassionati di reality show, l’esperienza sarà familiare, con la presenza di uno studio televisivo, un pubblico interattivo, una camera da letto, una sala bar,una piscina, una poltrona in un ambiente riservato per le confessioni intime, e altri elementi tipici del genere. Alla fine del gioco (un gioco crudele in verità) Fiordiligi e Dorabella risulteranno vincitrici del premio in monete d’oroavendo dimostrato saggezza e discernimento nel seguire i propri sentimenti. Optando alla fine per lo scambio dei partner, contrariamente alle iniziali assegnazioni (e al libretto), dimostreranno una profonda comprensione delle proprie inclinazioni aettive, garantendosi così il successo nel programma. E finendo ricoperte da una cascata di monete d’oro. Le tre ore di spettacolo si dipanano con fluidità, prive di elementi di appesantimento, grazie anche ad un cast di eccezionale valore attoriale, elemento imprescindibile per il successo di una produzione come questa. Inoltre, è da sottolineare il contributo a tutto campo di Robert Carsen, che ha curato oltre che la regia anche le scene (di grande impatto la piattaforma girevole per i cambi scena), in collaborazione con Luis F. Carvalho, responsabile anche dei costumi, e le luci con Peter van Praet. Tali elementi risultano perfettamente funzionali, ecienti e di elevata qualità artistica. Da non dimenticare anche i preziosi video preparati da Renaud Rubiano e le coreografie televisive di Rebecca Howell. Anche dal punto di vista vocale, le performance dei cantanti sono state generalmente convincenti. Nel reparto femminile, si sono distinte Elsa Dreisig, una Fiordiligi caratterizzata da una timbrica squisita, preparazione tecnica, e da un buon coinvolgimento emotivo, e Nina van Essen, la cui Dorabella, vibrante e sicura, ha brillato per il bel colore vocale e le intenzioni interpretative. Quando cantavano assieme, nei duetti e negli ensemble, si sono fatte apprezzare per il perfetto equilibrio e l’armonizzazione delle loro voci. Più sfocata vocalmente, invece, è apparsa la Despina di Sandrine Piau. I due amanti, Luca Michieletti nei panni di Guglielmo e Giovanni Sala in quelli di Ferrando, si sono presentati disinvolti, esuberanti e divertiti, ma anche capaci di esprimere amarezza, sconforto e rabbia. Le loro prove, sebbene non sempre rifinite nel fraseggio, sono state teatralmente convincenti, partecipi e comunicative. Gerald Finley, infine, ha saputo interpretare con disinvoltura il personaggio del cinico Don Alfonso, pur presentando momenti di minore coinvolgimento. Il giovane direttore Alexander Soddy, già apprezzato nel teatro milanese per le prime giornate del Ring wagneriano (di cui ne curerà l’intero ciclo nel marzo 2026), e che ha personalmente accompagnato i recitativi al fortepiano, ha proposto una lettura brillante, ritmicamente vivace e tecnicamente eciente, sebbene meno approfondita nei momenti più intimi e disincantati. E Giorgio Martano ha diretto con mano ferma e meticolosa il sempre eccellente Coro del Teatro alla Scala. Successo meritato per tutti!




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