Friday, November 7, 2025

La Fille du Régiment - Teatro alla Scala


Foto: Brescia & Amisano

Massimo Viazzo

La fille du régiment torna alla Scala dopo quasi vent’anni, ma in ogni caso non è mai stato un titolo di casa nel teatro milanese. L’opéra-comique in due atti di Gaetano Donizetti (1797-1848), su libretto in lingua francese che alterna dialoghi parlati al canto (peculiarità dell’opéra-comique) di Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges e Jean-François Bayard, fu rappresentata per la prima volta all’Opéra-Comique di Parigi nel 1840. La vicenda è ambientata nelle Alpi durante le guerre napoleoniche. Narra la storia di Marie, un’orfana allevata da un reggimento francese, che considera i Soldati come suoi padri. Marie si innamora di Tonio, un giovane tirolese, il quale, per poterla sposare, decide di arruolarsi. Le complicazioni sorgono quando si scopre che Marie è in realtà la nipote della Marchesa di Berkenfield, la quale desidera portarla via con sé per darla in sposa a un nobile. Dopo momenti di comicità e virtuosismi vocali – celebre l’aria di Tonio “Ah! mes amis, quel jour de fête!” con I suoi nove do acuti – l’opera si conclude con il lieto fine: la Marchesa, che in realtà si scopre essere la madre di Marie, acconsente al matrimonio tra Marie e Tonio. Giova ricordare che la Fille è celebre per il suo brillante spirito comico, le difficoltà virtuosistiche richieste al tenore e al soprano, e per la fusione tra stile italiano e tradizione francese. Lo storico spettacolo ripreso a Milano, giunto quasi al suo ventesimo anniversario, ha debuttato al Covent Garden di Londra nel 2007 con Natalie Dessay e Juan Diego Flórez e ha successivamente calcato i palcoscenici della Staatsoper di Vienna, del Metropolitan di New York e dell’Opéra di Parigi. Qui al Teatro alla Scala si segnala il ritorno del tenore peruviano in uno dei suoi ruoli più rappresentativi. Ricordo anche che l’allestimento originale è stato ricostruito al Grand Teatre del Liceu di Barcellona. Il regista Laurent Pelly ha optato per ambientare la narrazione durante la Prima Guerra Mondiale, in luogo del periodo delle guerre napoleoniche come previsto dal libretto originale. Tale scelta, secondo le dichiarazioni del regista, è stata motivata dalla necessità di un’ambientazione più prossima al pubblico contemporaneo e, di conseguenza, più coinvolgente. L’opera si distingue per un’ironia pungente e una marcata critica antimilitaristica. Le gag, pur mantenendo la loro vivacità, risultano sempre raffinate e mai volgari. Un ulteriore contributo al successo di un allestimento di questo genere è dato dalla notevole abilità attoriale dei cantanti, i quali, come è noto in un’opéra-comique, devono saper eccellere anche nella recitazione in prosa. Si evidenzia, inoltre, il contributo di Agathe Mélinard, che ha rielaborato i dialoghi al fine di renderli più dinamici e coinvolgenti per il pubblico contemporaneo. Sul palco sono allestiti gli elementi essenziali per la comprensione della narrazione, con i cantanti che si muovono su una enorme cartina geográfica distesa sul palcoscenico, una chiara allegoria della natura pervasiva del conflitto bellico, tema purtroppo di tragica attualità.La Fille du régiment, opera interamente costruita su elementi comici e sentimentali, trova nella lettura di Evelino Pidò una cifra stilistica appropriata. Il direttore torinese, esperto frequentatore di questo repertorio, guida l’orchestra del Teatro alla Scala con vigore e dinamismo, pur non ricercando particolari raffinatezze. Mantiene, tuttavia, un costante dialogo con i cantanti, respirando con essi, e si concentra su una narrazione lineare e comunicativa che metta in risalto le potenzialità espressive della partitura. Il cast approntato dal Teatro alla Scala ha offerto una performance di alto livello. I protagonisti, Julie Fuchs (Marie) e Juan Diego Flórez (Tonio), hanno interpretato con bravura i ruoli dei due giovani innamorati, sia dal punto di vista vocale che attoriale. Julie Fuchs ha evidenziato straordinarie capacità nella coloratura, impiegandola con efficacia anche a fini espressivi, attraverso virtuosismi mirabolanti e acrobazie vocali di ogni genere. Ma il soprano francese ha saputo conquistare il pubblico anche nella dimensione più intima e sentimentale, grazie a intensità e lirismo. La sua interpretazione de “Il faut partir” ha suscitato un’emozione palpabile. Juan Diego Flórez, in uno dei ruoli che hanno contribuito alla sua fama, ha mostrato la sua raffinata musicalità, la capacità di fraseggiare con espressione, di levigare le frasi musicali e di controllare con precisione il fiato. Di rara intensità, e elegantissima, la sua interpretazione di “Pour me rapprocher de Marie”. Flórez ha inoltre confermato la sua consueta disinvoltura nel registro acuto tanto che la celeberrima Aria dei nove Do (Ah! mes amis… pour mon âme) ha ricevuto il più fragoroso applauso della serata. Il Sulpice di Pietro Spagnoli, scontroso ed espansivo, ha conquistato il pubblico con la sua timbrica franca e virile, e una sincera carica di umanità. Géraldine Chauvet ha dato voce ad una Marquise de Berkenfield spontanea e dalla vocalità pastosa. Da sottolineare che durante la scena della lezione la Chauvet ha suonato personalmente il pianoforte. Un plauso anche a Barbara Frittoli, che si è calata perfettamente nei panni della Duchesse de Crakentorp, ruolo solo recitato, e a tutte le parti di fianco, tra cui il divertente Pierre Doyen (Hortensius), Emilio Guidotti (Caporal), Aldo Sartori (un paysan) e Federico Vazzola (un notaire). Infine, il Coro del Teatro alla Scala, diretto da Alberto Malazzi, ha confermato ancora una volta la sua bravura.

 

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