Foto: Edoardo Piva @ Teatro Regio di Torino
Renzo Bellardone
Alessandro Manzoni non avrebbe esitato a pensare e
magari a scrivere “Agnese, chi era costei?” e credo che ce lo siamo chiesti in
diversi, ma cultura è anche curiosità, quindi eccomi al regio di Torino per
questa “prima” in epoca moderna di Agnese !
AGNESE – Teatro Regio
Torino 24 marzo 2019 Agnese Dramma semiserio in due atti Libretto di Luigi Buonavoglia dalla commedia Agnese di Fitz-Henry di Filippo Casari Musica di Ferdinando Paer Edizione critica a cura di Giuliano Castellani Prima rappresentazione in epoca moderna
Quando
non si hanno parametri precedenti e non si è musicisti, ma solo amanti della
Musica, viene ovviamente difficile saper
commentare sapientemente una nuova produzione, un’opera ascoltata per la prima
volta, ma trasporre le emozioni è davvero cosa più facile, in quanto la libertà
di sensazioni prima che di espressioni è assolutamente libera! Veniamo
quindi ad “Agnese” in Prima assoluta in epoca moderna al Regio di Torino:
l’impressione è che si tratti musicalmente di una pagina intelligente tra Mozart e Rossini! Ci sono
tutti i rimandi immaginabili ed anche l’incalzare di certe frasi sono tipiche
dell’epoca storica. Diego Fasolis
dirige con piglio e grande caratura, da esperto consumato qual è: tiene
l’orchestra ed il palco con naturalezza ed evidente conoscenza! Leggendo
le note di regia di Leo Muscato e
confrontate poi con il palco non si può che concordare con l’ambientazione
favolistica e forse anche un po’ magica dei micro mondi realizzate da Federica Parolini con enormi scatole di latta che riportano ai
primi del ‘900 e che magicamente si aprono e scoprono il mondo che vive
all’interno di quella scatola, di quel mondo vissuto da quelle persone in quel
momento !
Ecco quindi la scatola che racchiude la camera del manicomio dove è
rinchiuso Uberto, magistralmente interpretato da Markus Werba con sicurezza e colore compatto e massiccio; già
apprezzato in altre occasioni ed anche al Regio, recentemente in Die
Zauberflöte, ha rinnovato la carica interpretativa e la bella modulazione che
per pura citazione ricordiamo in “Come
la nebbia al vento”; la stessa aria viene poi ripresa dal soprano madrileno María Rey-Joly che gradevolmente ho
scoperto in questa occasione: la presenza scenica è fuori di ogni dubbio ed
anche la capacità interpretativa: per quanto concerne il canto ha veramente
affascinato in ogni tono, passando dalla poesia del citato ‘Come la nebbia al
vento’ alle variazioni e agilità di altri momenti! Una bella scoperta che ci si
augura di confermare in altre occasioni italiane e godere così ancora della sua morbidezza e facilità negli
acuti. L’opera è ricca di duetti e per
estrema sintesi mi piace citare quello tra Don Girolamo interpretato con
brillantezza e vivacità da Andrea
Giovannini che ha caratterizzato molto bene il personaggio e Don Pasquale
esaltato dall’interpretazione e da una buona vocalità dal basso comico Filippo Morace; nei rispettivi ruoli di
protomedico e di intendente dell’Ospedale dei pazzi il primo esplicita al
secondo con impeto esilarante, le vere pazzie dalle false e per veri pazzi si
intendono gli avari, i presuntuosi gonfi come un pallone che in preda alla loro
esaltazione sfrontatamente balzano qua e là tutto freneticamente abbracciando
; altri pazzi sono i gelosi, i giocatori
viziosi, i miseri poeti e color che si fidano delle femmine! Evidente l’ilarità
che trabocca ancor più grazie alle capacità d’intepretazione di Giovannini e
Morace. Edgardo Rocha, tenore
interessante che pur giovane vanta già un notevole percorso di crescita, qui interpreta con sicurezza ed estensione, il fedigrafo poi pentito Ernesto, marito di
Agnese la quale era fuggita dalle sue intemperanze con la figlioletta di sei
anni interpretata da Sofia La Cara ed
appunto la fuga aveva provocato la pazzia del padre Uberto.
Non
dilungarsi è impresa difficile, proverò quindi a sintetizzare: Lucia Cirillo è Carlotta figlia di Don
Pasquale che risolve con vivacità e convincimento, Giulia
Della Peruta interpreta Vespina con sorprendente caparbietà ed agilità
vocale, davvero interessante e Federico Benetti è un ottimo custode dei pazzi cui
da voce con il bel timbro profondo e scuro. Silvia Aymonino firma i costumi che
aiutano ad esaltare la leggerezza e l’ironia della vicenda: esilarante il
momento in cui tutte le suore che operano in manicomio sono tutti gli uomini
del coro, travestiti appunto da suore in un ilare tratteggio giocoso! Carlo Caputo al cembalo sottolinea con
delicata poesia alcuni salienti momenti dell’opera, come si apprezza l’inattesa
scena finale quando enormi vasi da farmacia e contenitori uno dei quali racchiude anche una enorme vipera sotto
aldeide formica, fanno da contorno ad
‘una cameriera che dentro alla scena suona l’arpa accompagnando la canzone
utile al rinsavimento di Uberto. Il coro del Regio è veramente eccezionale e composto
da veri artisti del canto e dell’attorialità: efficacemente sotto la guida di Andrea Secchi interloquiscono fra di
loro, con le parti principali e con l’insieme registico! Una nota positiva la riservo anche alle luci ben
disegnate da Alessandro Verazzi che in alcuni momenti contribuiscono sostanzialmente
alla narrazione, come quando il colore mattone pervade la scena avvalorando la
temporalità del racconto. Evviva
le riscoperte, evviva le nuove messe in scena, evviva chi sostiene la cultura! La
Musica vince sempre.
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