Monday, April 11, 2022

Don Giovanni - Teatro alla Scala

 

Foto: Brescia&Amisano

Massimo Viazzo 

“Don Giovanni ha una sua precisa visione dell’assurdità della vita. Ha capito che l’esistenza è un gioco cosmico” scrive Robert Carsen nel programma di sala. Il suo Don Giovanni, ripreso nella stagione odierna dopo che la sua creazione aveva aperto la stagione scaligera il 7 dicembre 2011 sotto la direzione di Daniel Barenboim (ed era già stato riproposto nel 2017 con Paavo Järvi), é ancora di una forza dirompente. Fin dal clamoroso gesto iniziale in cui il protagonista durante le prime battute dell’Ouverture strappa il sipario mostrando al pubblico un fondale a specchio che riflette la stessa sala del Piermarini, riflettendo praticamente noi stessi. Uno shock salutato ancora da una ovazione a scena aperta da parte del pubblico. Ecco l’idea di fondo del magnifico allestimento firmato dal regista canadese: il teatro è vita e la vita è teatro! E tutto ruota attorno al grande architetto-burattinaio dell’intero plot, Don Giovanni, che con le sue azioni rende possibile la stessa esistenza dei personaggi dell’opera (che non a caso nell'ultima scena finiranno sottoterra travolti dal destino ultraterreno che solitamente travolge il protagonista), e forse la stessa esistenza di noi stessi. In palcoscenico, tra superfici riflettenti, palchi, poltrone, fondali scorrevoli, si coglie benissimo l’effetto pirandelliano del teatro nel teatro. Ma mai come questa volta, tutto scorre con una naturalezza e una lucidità che respirano di verità. Davvero una grande produzione entrata ormai nel repertorio del Teatro alla Scala e che sarà probabilmente riproposta nei prossimi anni. La direzione orchestrale è stata affidata a Pablo Heras-Casado, al suo debutto nel massimo teatro italiano. Il direttore spagnolo ha impostato una lettura scorrevole, con tempi spediti e una dinamica non esasperata, non molto teatrale forse ma godibile, anche se a volte un po' superficiale. Nel ruolo del titolo Christopher Maltman mostra disinvoltura, energia, timbrica a volte ruvida ma a volte anche più sfumata (seconda strofa delle Serenata). Il suo non è un Don Giovanni aggressivo, né tantomeno violento, secondo quello che giustamente ha chiesto il regista, ma un Don Giovanni che sa tirare le fila della vicenda, che si confronta e con il quale ci si confronta. E in questo Maltman è stato ammirevole per immedesimazione e tenuta drammatica. Il Leporello di Alex Esposito è ciò che di meglio ci si possa attendere come vivacità, furbizia, competizione, e la voce è di bel colore, emessa con facilità, e di spessore. Esposito è senz'altro uno dei migliori Leporello che si possano ascoltare oggi in teatro. Proseguendo con il cast maschile veniamo al Don Ottavio di Bernard Richter, un don Ottavio più virile del solito, fraseggiato con eleganza pur con qualche legnosità di emissione. Fabio Capitanucci tratteggia un Masetto schietto e reattivo, dalla dizione nitida mentre il Commendatore di Jongmin Park ha impressionato per il peso vocale e la dizione scolpita. Per quanto riguarda la parte femminile del cast è piaciuta la Zerlina interpretata con naturalezza, simpatia, un tocco di ingenuità (ma anche di malizia) dal soprano leggero americano Andrea Carroll, dotata di una emissione vocale corretta e una buona proiezione vocale. Il soprano tedesco Hanna-Elisabeth Müller (Donna Anna) ha messo in mostra uno strumento vocale sicuramente interessante, ma la linea di canto non è parsa sempre omogenea e naturale, mentre Donna Elvira  è stata impersonata con dedizione dal soprano italo-canadese Emily D'Angelo, con voce estesa, bel piglio, ma timbrica un po' monocorde. Il Coro del Teatro alla Scala diretto da Alberto Malazzi nei pochi interventi previsti dalla partitura ha mostrato la consueta bravura.



No comments:

Post a Comment

Note: Only a member of this blog may post a comment.