Thursday, February 8, 2024

Parsifal a Houston

Foto: Robert Kusel /HGO

Ramón Jacques

Wortham Theatre Center, Houston Texas USA. A causa delle sfide sceniche, vocali, musicali e finanziarie, considerando l'attuale contesto che sta attraversando la lirica, la produzione teatrale di Parsifal alla Houston Grand Opera dovrebbe essere considerata uno degli eventi più rilevanti della stagione operistica americana. Nonostante la sua ricchezza, questa sagra scenica sacra in tre atti, o Bühnenweihfestspiel come lo definì lo stesso Richard Wagner, e che ebbe la sua prima esecuzione nel 1882 al Festspielhaus di Bayreuth, continua a essere un'opera poco rappresentata sui palcoscenici americani. Facendo un breve resoconto degli ultimi allestimenti dell'opera nei più importanti teatri del Paese, scopriamo che a Houston è stata rappresentata l'unica volta nella stagione 1991-1992, la San Francisco Opera l'ha messa in scena per l'ultima volta nel 2000, alla Los Angeles Opera nel 2005, al Metropolitan di New York nel 2013 e nel 2018, e alla Lyric Opera di Chicago nel novembre 2013, da cui proviene la produzione teatrale vista in questa occasione, con le scene e i costumi disegnati da Johan Engels, le brillanti luci di Duane Schuler e la regia del regista inglese John Caird, noto soprattutto per il suo lavoro sul musical Les Misérables, e che ha un particolare legame con questo teatro per la sua recente messa in scena di Tosca e per l'elaborazione del libretto dell'opera The Phoenix (2019) di Tarik O'Reagan e Brief Encounter (2009) di André Previn, le cui prime mondiali hanno avuto luogo proprio su questo palco. Caird ha cercato di aderire ai precetti fondamentali di Wagner sulla spiritualità e sul simbolismo cristiano, iniziando con un'azione un po' statica che si sviluppava nel corso dello spettacolo, ma poiché nella vicenda manca un’azione drammatica, eroi, cattivi o una storia romantica, il regista si è concentrato sugli aspetti contemplativi e psicologici nonché sui rituali del peccato, della sofferenza e della compassione che coinvolgono i personaggi. La sua lettura si è rivelata un po’ invadente e a tratti ipnotica. Il montaggio scenico di Engels ha offerto immagini sorprendenti, cariche di simbolismo, in uno stile minimalista poiché gran parte dell'azione si svolgeva all’interno di un grande cerchio inclinato pressoché vuoto ad eccezione di alcune colonne a forma di alberi che rappresentavano, tra l’altro, la foresta di Monsalvat. L'elaborata scena offriva un'esplosione di colori contrastanti, vibranti e compatti, ma ciò che sicuramente è mancato in questa produzione era l'iconografia cristiana insita nell'opera che è stata sostituita da troppa simbologia e immagini insolite, come il cigno che Parsifal uccide nella scena iniziale, qui rappresentato da una figura umana con le ali, oppure dall'enorme trono dorato sul quale cantava il vecchio Titurel fuori scena, con un attore immobile in scena che non cantava, seduto su un'enorme mano dorata. In sintesi, la parte scenica era visivamente gradevole, ma sembrava svolgersi con una azione contrapposta a quanto indicato dal libretto. Non c'è nulla da ridire sulle produzioni moderne, a patto che rispettino la trama con logica. In relazione alla parte vocale, lo spettacolo ha offerto alcuni alti e bassi, come ad esempio l'affidamento del ruolo principale a Russel Thomas, un artista intelligente dalla voce robusta, il cui passaggio al repertorio di Heldentenor sembra un po' fuorviante. Il tenore americano aveva una solida presenza drammatica e conferiva dignità al personaggio, e sebbene sapesse come gestire la sua voce durante tutta la performance, la sua interpretazione suonava gutturale e di potenza insufficiente, una situazione già evidente nella stagione precedente a Los Angeles quando aveva cantato il ruolo di Otello, con qualche isolato scatto negli acuti ma con la zona più alta della tessitura che sembrava tesa e un po’ fuori dalle sue possibilità. Da parte sua, il soprano russo Elena Panktratova, che ha preso il posto dell'annunciata Christine Goerke, si è distinta nel ruolo di Kundry, esibendo una voce ampia, robusta e bel metallo, adatto a questo repertorio, voce che lei ha gestito con naturalezza e disinvoltura, ed evidente consapevolezza di un ruolo che non gli è estraneo. Gurnemanz è un ruolo che appartiene al veterano Kwangchul Youn, basso sudcoreano che ha mostrato di avere una delle migliori voci della serata, possedendo uno strumento eccellente, sonoro e dal tono brunito. Youn ha realizzato un Gurnemanz più espansivo, drammatico e pieno di vitalità rispetto al solito vecchio monaco benevolo. Il basso italiano Andrea Silvestrelli ha impersonato il cattivo Klingsor dovendo fare i conti con alcuni presupposti della messa in scena che lo personificava come un personaggio feroce e mostruoso. La sua voce sembra aver perso la forza e la profondità di un tempo, ma ha saputo svolgere il suo ruolo principalmente usando la sua vasta esperienza. Il basso-baritono Ryan McKinny ha cantato con chiarezza e tono raffinato il ruolo di Amfortas, fornendo una caratterizzazione interessante, profonda e aderente al ruolo. Da parte sua, il basso- baritono André Courville è stato un Titurel corretto, ma senza gli aspetti tenebrosi e la profondità che il personaggio richiede. Dal lungo elenco di cantanti dei ruoli minori, che hanno dato vita ai personaggi dei Cavalieri, degli Scudieri e delle Fanciulle Fiore, tutti sono apparsi come un gruppo ben amalgamato composto da artisti provenienti dallo Studio, alcuni dei quali hanno interpretato anche doppi ruoli. come i bassi Cory McGee e Merryl Dominguez (Cavalieri/scudieri) e i soprani Renée Richardson, Emily Louise Robinson e Kaitlyn Stavinoha (Fanciulle Fiore). Senza dimenticare il mezzosoprano Erin Wagner, che, interpretando il doppio ruolo di Voce dall’Alto e Fanciulla Fiore, si è distinta per le sue qualità.  Adeguati sono stati l'eccellente mezzosoprano Ani Kushyan  e i tenori Demetrious Sampson Jr e Michael Mcdermott hanno avuto una buona prestazione. Ogni personaggio dell'opera ha apportato un contributo che sarebbe ingiusto non menzionare. Il Coro dell'Opera di Houston, diretto da più di 25 anni dal maestro Richard Bado, ha mostrato solidità ed un livello elevato in questa produzione. Le voci maeschili hanno cantato con slancio e il coro dei Cavalieri e delle donne collocato fuori scena dava un tocco di luminosità e decoro alla scena, come quella del «rito» nel primo atto. La musica di Wagner avvolge lentamente lo spettatore fino a riempirlo di letizia, con una esplosione di applausi al termine dello spettacolo più che giustificata. La direzione d'orchestra è stata affidadata a Eun Sun Kim, nel suo doppio ruolo di direttore ospite principale di questo teatro, e allo stesso tempo direttore principale dell'orchestra dell'Opera di San Francisco, la quale ha dato una lettura corretta della partitura. Fatta eccezione per la scelta di alcuni tempi un po’ soporiferi nel primo atto, la sua lettura in generale è avvenuta con naturalezza e fluidità grazie all'orchestra sempre all’altezza, con suono avvolgente, entusiasta, appassionato e una completa omogeneità nelle linee musicali. L'orchestrazione di Wagner non lascia mai nessuno indifferente! Come al solito, un'opera di questo calibro ha attirato moltissimi appassionati da altre città americane, anche da altri paesi dall'estero.



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