Massimo Viazzo
Il
miglior Verdi degli ultimi anni alla Scala questa Luisa Miller diretta
da Gianandrea Noseda! Il direttore
milanese ha concertato la fondamentale partitura verdiana con grande scrupolo
realizzando un capolavoro di continuità drammatica senza rinunciare alle
finezze timbriche. Non si sa se lodare di più l’impeto romantico - mai
esagerato peraltro, ma sempre elettrizzante (quasi un thriller in certi
momenti!) - che ha caratterizzato le scene più passionali (come l’attacco del
Finale I), o la sottigliezza nella cura della filigrana strumentale nei
bellissimi ariosi e nelle parti più intime. La Scala ha trovato finalmente un
direttore verdiano di razza, e già iniziamo a pregustare l’Aida che gli
sarà affidata nella prossima stagione. Lo spettacolo firmato da Mario Martone,
molto elegante e tutto sommato semplice, era incentrato sull’idea del
sogno-incubo. Un grande letto al centro del palcoscenico ed un bosco cupo sul
fondale rappresentavano i leitmotiv scenici sui quali Martone ha
elaborato la sua idea registica: Luisa sogna, ma il sogno presto diventa un
incubo, un incubo tanto terribile che sembra reale. E si rimane affascinati ed
irretiti da questa interessante concezione drammatica dell’opera. Molto brava Elena Mosuc nel ruolo del titolo.
Sicura nella coloratura, la Mosuc ha saputo trovare anche toni più intensi nel
prosieguo dell’opera. Il suo timbro a volte diafano pareva adattissimo
all’impostazione onirica del suo personaggio. Grandioso Leo Nucci nei panni di Miller! A settant’anni Nucci ha dato ancora
lezione di canto verdiano, esaltando il pubblico scaligero con il suo accento
inconfondibile. Daniela Barcellona
ha interpretato una Federica sfrontata, carismatica, di emissione fermissima e
di voce imponente, così come il Conte di Vitalij
Kowaljow e il perfido Wurm di Kwangchul
Youn hanno saputo cogliere al meglio le infinite sottigliezze della
scrittura verdiana. Marcelo Alvarez,
non in perfetta forma fisica, dopo un primo atto cantato con generosità ha
passato il testimone dopo l’intervallo a Piero
Pretti che ha sostituito dignitosamente il collega realizzando un Rodolfo
fresco e spavaldo. Coro e Orchestra del Teatro alla Scala in gran forma!
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