Foto: Brescia&Amisano
Renzo Bellardone
Nell’ultimo giorno di Carnevale, al Teatro alla
Scala di Milano è di scena l’allegoria! Il sapore del ‘senza tempo’ aleggia
all’interno di una sorta di American Bar, dove sfilano diversi personaggi (e ad
un certo punto una vera sfilata di moda sull’alto bancone a guisa di passerella):
diversi fra loro, ma tutti si dibattono
tra le attese, le illusioni e le prese di coscienza di quello che è la sostanza
della vita umana. La trasposizione ai giorni nostri, con intrusioni
settecentesche, ha reso brillantemente e godibile un’opera che geniale ai tempi
della composizione, a distanza di oltre 300 anni va gustata con atmosfere più
vicine e comprensibili agli stili di questa, seppur discutibile, moderna società. Il tema è noto a tutti gli umani: la gioventù reca
con se i segni della Bellezza ed assapora il gusto del Piacere, ma inesorabile
il Tempo scorre ed il Disinganno toglie il velo dell’illusione per fare
accettare la realtà e ad essa adeguare il nuovo ed ultimo stile di vita. La lettura dei diversi simbolismi inseriti nell’allestimento
non è sempre immediata, mentre alcune gestualità sono rappresentative ed
efficaci come le tovaglie alzate contemporaneamente dai camerieri ai tavoli e
gettate a terra con noncuranza, così come i veli delle illusioni cadono man
mano che la vita scorre. Diego
Fasolis,
il direttore d’orchestra, non ha certo bisogno di presentazioni trattandosi di
uno del massimi esponenti nell’ambito della Musica antica; anche in questa
occasione ha saputo rispettare la partitura
e seguire il canto con solida tecnica ed animo partecipe;
l’attualizzazione registica di Jürgen Flimm e Hartmann, come anzi detto è risultata
gradevole grazie anche alle belle scene con contaminazioni tra classico ed ipermoderno di
Wonder. Le luci di Gebhardt hanno dato risalto agli ori ed agli argenti
accentuando il significato del ‘valore temporale’; delicata la coreografia di Lühr in abbinamento ai costumi anch’essi di
stili diversi di Von Gerkan. Le voci decisamente interessanti! La Bellezza ha
incontrato in Martina Janková
un’interprete di efficacia assoluta per l’immedesimazione sofferta e sconcertata, offrendo bei colori argentini negli acuti e
preziosamente ambrati nei toni bassi. Tutti i cantanti decisamente a proprio
agio e di buona presenza scenica hanno convinto
e così anche Lucia Cirillo
nel ruolo del Piacere reso con seduzione e caparbietà avvalorate da voce e
timbro gradevoli all’ascolto: commovente il ‘lascia la spina..’. Veniamo ora ai
contrapposti ruoli: il Tempo è stato interpretato da Leonardo Cortellazzi con un lieve senso di impazienza evidenziatosi
allo scadere dell’intervallo quando, al rientro in platea, il pubblico lo ha
già trovato sul palco a passeggiare con fare irrequieto; il tenore dalla voce armoniosa e dolcemente
arrotondata ha raggiunto un buon risultato. Sara Mingardo nel ruolo del Disinganno, beffardamente conscia degli
effetti del trascorrere del Tempo, ha affrontato Bellezza portandola a lasciare
il Piacere terreno per convertirsi a più elevati ed eterni valori. Il superbo
contralto ha dato una lettura decisa, ricca di colori e vibranti emozioni. Al pubblico del 2016 poco importa dei rapporti
veri o presunti che intercorsero tra Händel ed il cardinal Pamphilij, ma è ben
lieto che la composizione sia giunta fin
qui con la sua autentica verità che si perpetua nei secoli dell’umanità: la
caducità delle cose terrene! La Musica vince sempre
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