Sunday, July 19, 2020

Incontro con il tenore sardo Gianluca Moro

Ramón Jacques / Jordi Pujal

Chi è Gianluca Moro? Come ti definiresti: tipologia vocale, personalità artistica, ...? Sei sardo: pensi che le voci della tua terra abbiano delle caratteristiche speciali che le differenziano dalle altre? Per favore, parlaci dei tuoi inizi, dei tuoi studi, perché ti sei dedicato al canto.

Gianluca Moro è un ragazzo a cui piacciono le sfide, è un bambino che non smette di stupirsi, è un uomo saldo sui propri obiettivi, conscio dei propri limiti e sicuro del fatto che il duro lavoro porti a una crescita e ad un tanto ricercato superamento di quegli stessi limiti. Il bello è proprio questo, ogni volta se ne presentano di nuovi, ogni volta l’asticella si alza, ogni volta l’obiettivo è più grande e importante, ogni volta si ha altro materiale per crescere e migliorarsi. Direi che non dico nulla di nuovo, è semplicemente la vita.

La mia vocalità è quella del tenore lirico-leggero incastonata in una personalità piuttosto romantica. Queste credo siano le giuste parole per definirmi. Certamente si può spaziare, si può essere tante cose in un universo artistico parallelo alla persona che si è nella vita di tutti i giorni, ma la parola “romantico” è quella che, artisticamente parlando, utilizzerei per definire il nucleo del mio essere. Sono nato, anzi ho avuto la fortuna di nascere e crescere in una terra a dir poco favolosa. La Sardegna è la mia casa, la mia isola da sogno, il paradiso in cui tutti vorrebbero vivere ma che in pochi hanno poi il piacere di scoprire. Il mio paese si chiama Tortolì, in Ogliastra, situato nella costa centro-orientale. L’Ogliastra, oltre a essere una delle cinque zone blu dell’intero pianeta, viene anche considerata l’isola nell’isola, una piccola regione del territorio sardo  che ancora presenta caratteristiche naturali spettacolari e incontaminate. Non ci passa nemmeno il treno, e per quanto possa essere un disagio per certi versi, io credo che invece sia bellissimo. Da noi il tempo si ferma, è surreale, surreale ma bello (cit.).

Mi sono dedicato al canto quando ho scoperto di avere una voce e di provare piacere nell’utilizzarla. Mi ricordo che da piccolo, dopo la muta della voce, cantavo sempre nelle rampe delle scale: c’era un eco pazzesco e mi dava l’impressione di avere una voce gigantesca. Facevo dei gran concerti privati nelle scale di casa così come in cameretta, e un po’ come per tutti noi, ogni intimo posticino era buono per aprir bocca e cantare. A parte ciò, ho iniziato a studiare il pianoforte a sette anni, studi che si interruppero però presto. Ripresi qualche anno più tardi, e dopo il liceo e altre vicende musicali ancora lontane dall’opera, inizia il mio percorso di studio presso il Conservatorio di Cagliari, dove presi il primo titolo ufficiale, per poi conseguirne un secondo presso il Conservatorio di Bologna, città dove attualmente vivo.

Il canto, anzi la musica, per me è l’espressione artistica che più mi rappresenta, forse quella più completa almeno secondo il mio punto di vista, che mi da piene possibilità di espressione e di sviluppo personale. L’ho scelta per questo motivo, anzi, mi correggo, forse è stata la musica a scegliermi come suo mezzo di comunicazione… e non c’è che dire, bisogna essere all’altezza del compito assegnatoci. Questo vale per tutti, è un regola universale!

L'elisir d'Amore / Alessia Santambrogio
Come si è sviluppata la tua voce? Pensi di aver raggiunto quel punto in cui conosci perfettamente il tuo strumento e sai come risponderà, come risolvere eventuali problemi tecnici che possono sorgere? O sei in pieno -emozionante- processo di autoconoscenza vocale? Quale pensi sia il repertorio che attualmente ritieni più adatto alla tua vocalità? Pensi che sarà lo stesso in futuro? Ti piacerebbe tenerlo nel corso degli anni - in questo senso il tuo ammirato Alfredo Kraus è un esempio paradigmatico -? Quali ruoli vorresti interpretare su misura per la tua vocalità e il tuo temperamento? Ci sono personaggi con cui ti senti drammaticamente (non vocalmente) identificato?

La voce è qualcosa di meraviglioso, è in costante sviluppo proprio perché il corpo stesso lo è, o meglio in costante cambiamento. Dal punto di vista più tecnico si può certo raggiungere un livello di conoscenza del proprio strumento tale da sentirsi sicuri di aver in mano tutti gli strumenti per poterla gestire al meglio, per riuscire a non abbassare il livello raggiunto, però è anche vero che si cresce, il corpo stesso cresce e così facendo cambia, ed è qui che la tecnica affinata durante lo studio  - che non finisce mai - ci aiuta e accompagna il corpo nel suo naturale cambiamento. Io personalmente, come tutti credo, faccio sempre ricerca su me stesso, studio, provo, scovo spunti nuovi per migliorare, e credo sia uno tra gli aspetti più affascinanti di questo mondo.

Attualmente il repertorio che canto spazia tra il classico e il romantico, con qualche punta di verismo e contemporaneo oserei dire: Mozart, Donizetti, anche qualche Rossini.  Questa voce da lirico-leggero mi permette di affrontare dal punto di vista del repertorio ciò che a me davvero piace, per questo mi ritengo fortunato.  In futuro non saprei, mi piacerebbe stare in queste “acque” ma non è detto che la voce non si sviluppi verso una direzione più lirica, dandomi la possibilità di toccare un repertorio che in questo momento non sarebbe assolutamente fattibile. Il mio amore è "La bohème", ma chissà…  …quando ascoltai per la prima volta “Che gelida manina” mi conquistò.  “… per sogni e per chimere e per castelli in aria l’anima ho milionaria.”, a vent’anni fantasticavo con queste parole, con questa melodia. C’è una voce di spicco, un esempio che considero per me un grande punto di riferimento, Alfredo Kraus, il quale insegna che la longevità della voce è data anche dall’essere in grado di identificare sapientemente il repertorio più adatto alla nostra pelle, per mantenere una voce sana e, se si ha fortuna, per forgiare una carriera ad hoc. Per questo forse vestire i panni e dar voce a Rodolfo rimarrà semplicemente un sogno!

Tra i personaggi in cui più mi identifico sarei combattuto tra Nemorino e Tamino. Non so chi avrebbe la meglio. Posso tenerli entrambi? Tra tutti i ruoli che possono capitarci, questi due sono quelli a cui sono più legato e quelli in cui ora mi rispecchio maggiormente. Sono quei ruoli in cui non si fa un lavoro troppo grosso per entrare nel personaggio, perché paradossalmente ci sei già, è tutto lì.

Potresti dirci secondo te quali pensi  siano i componenti e i requisiti essenziali per fare una carriera da primo tenore?

La ricetta corretta e universale non esiste. Esiste una ricetta per ognuno di noi, io ancora però non ho capito quale sia la mia! Credo che sia necessario essere curiosi, svegli nel saper cogliere i segnali che per noi possono essere congeniali per raggiungere un dato risultato, pazienti, devoti nel concedersi giornalmente allo studio, tanto umili da saper ascoltare e saper applicare i consigli e nel contempo essere originali e onesti verso se stessi, pronti a tutto, e in ultimo, ma non per importanza, ci vuole anche tanta fortuna. Tutti hanno avuto qualcuno che ha creduto in loro così tanto da convincere l’intero mondo, ma finché questo non accade bisogna fare da soli, crederci e non smettere mai di pensare che c’è un posticino da poter ritagliare per ognuno di noi. Siamo tutti diversi, con alcuni aspetti che però vanno condivisi: “la carriera si fa con la testa e non con la voce”,  mi ripete sempre una mia cara amica, e mai parole furono più vere e pertinenti. La voce è importante, ma  ci vuole testa, sempre e in ogni caso!

Quali cantanti ti hanno segnato profondamente e che nei tuoi anni formativi - anche oggi - sono stati in grado di servire da modello e fonte di ispirazione? Per quali ragioni?

Premesso che bisogna sempre essere aperti all’ascolto, è sicuramente altrettanto importante avere dei punti di riferimento, o dei modelli se vogliamo, a cui potersi ispirare e da cui poter  imparare. Alfredo Kraus per me è uno di questi, assieme a Luciano Pavarotti, Rockwell Blake, Javier Camarena e Juan Diego Flórez, che adoro davvero tanto. Senza dimenticare Francisco Araiza: il suo Tamino e la sua "Winterreise" li ho ascoltati tanto per studiare! Ne cito alcuni, però tutti hanno qualcosa che possono regalarci. E’ il bello della musica, la condivisione di se stessi con il pubblico.

Nemorino - L'Elisir d'Amore 
Come stai vivendo questo periodo Covid19? Pensi che il mondo dell'opera  ne uscirà più forte, da questo momento critico?

Il periodo Covid19 ci ha insegnato tanto. Parlo al passato perché spero e credo che il peggio sia passato, ciò non toglie che dobbiamo continuare ad essere molto attenti e vigili, tenere duro e riuscire con intelligenza a chiudere definitivamente questo capitolo della nostra storia, che certamente non riporterà tutto come un tempo. Ne usciremo più forti? Non lo so questo, quello di cui sono certo è che ne usciremo diversi, cambiati, in meglio e in peggio, perché poi ognuno di noi fa ciò che può e con i mezzi che possiede.

L’opera sta subendo, più di tanti altri settori, un duro colpo, e ahimè la fascia che pagherà maggiormente le conseguenze di tutto ciò sarà quella dei giovani, degli emergenti - dove sto dentro anche io - che non guadagnano cifre astronomiche ma soltanto il tanto giusto per vivere, e che in una situazione tale si ritrovano a casa, nulla facenti, praticamente senza soldi, costretti ad appigliarsi alle sole speranze per andare avanti e a una classe politica dirigente di cui non importa nulla delle sorti della musica e della cultura italiana. Questo è quanto c’è da dire a mio avviso, con profondo rammarico e con una positività di fondo che mi porta a sperare in una ripresa delle più rosee, ma che prevede comunque l’attraversamento di una fase che non sarà affatto facile, anzi critica e buia.

A causa del tuo background accademico sei una persona di grandi interessi filosofici e vasta cultura, avendo composto le tue canzoni (inedite), scritti articoli (recentemente uno ammirevole dedicato a Kraus), partecipato con successo al mondo del "crossover", eseguito un repertorio operistico eclettico (da Mozart a Castelnuovo Tedesco passando per Rossini, Donizetti, ...), oratori, musica sinfonica, ..., sempre con un atteggiamento discreto ed elegante degno di lode. Si potrebbe dire che Gianluca Moro è un aspirante a "uomo del Rinascimento" del 21° secolo, qualcosa di certamente insolito oggi? Sei d'accordo con questa valutazione?

Prima dell’essere o meno d’accordo con te mi sento in primis lusingato per la candidatura a “Uomo del Rinascimento del 21° secolo”, direi che è qualcosa di quasi impensabile al giorno d’oggi, singolare e decisamente affascinante. Per questo ti ringrazio, fa sempre bene allo spirito ricevere questo genere di complimenti, di questo calibro intendo dire. Si fa presto a dire “ sei bello”, per fare un esempio, ma qui siamo ben lontani dall’essere scontati e proiettati su dei banali luoghi comuni, e per questo mi sento doppiamente riconoscente. Grazie, ne sono lusingato!!!

Il mio percorso o background, come dir si voglia, inizia presto e ben lontano dal mondo dell’opera. A dieci anni volevo fare il regista, lo show man, poi il ballerino, e infine sono approdato alla musica. Nel contempo cominciavo a nutrire un forte fascino per il mondo anglosassone e per la lingua inglese ad esempio, che decisi di utilizzare per scrivere le prime strofe e i primi ritornelli. Ricordo che il mio inglese era pessimo, però lo preferivo all’italiano, probabilmente perché credevo che nessuno potesse capirlo… chissà, anzi WHO KNOWS?

Lo scrivere per me è sempre stato un modo per catturare i ricordi più preziosi, quelle sensazioni che voglio portare con me nel futuro rendendole necessariamente indelebili. Ho iniziato a farlo senza alcun tipo di studio e lo faccio tutt’ora. Ciò che scrivevo,  mescolato alle prime nozioni musicali imparate a lezione di solfeggio e pianoforte mi portarono, un po’ per istinto un po’ per incoscienza data dall’essere adolescente, a scrivere le prime melodie, le prime canzoni. E’ qualcosa di semplicemente bello, ad ogni emozione riportata in musica e parole corrisponde un momento del vissuto, e da nostalgico il valore di tutto ciò per me è inestimabile.

Ricordo ancora la prima canzone che completai, si chiama “Remember the day”, e pensa te, la canticchio ancora!!! Oserei dire che è un mondo che si evolve giorno per giorno, cresci assieme alle parole, constatando che anche in questo caso le possibilità di espressione sono esattamente pari all’infinito. Dopo il liceo ho cominciato l’università, ho studiato lettere moderne alla Sapienza di Roma, ma per motivi di varia natura non ho mai concluso il percorso di studi.  In parallelo, sempre nel periodo romano, entrai in un coro gospel dell’università americana a Roma e li cominciai ad avere le prime grosse soddisfazioni sul palco, poi le apparizioni tv e tutto ciò che la musica pop poteva regalare ad un ragazzino che voleva diventare una pop-star. Qualcosa poi mi spinse verso altri contesti - forse ero spaventato da quel mondo troppo grande da gestire - e così cominciai ad esplorare l’altra faccia del mondo musicale romano, scoprendo l’opera e il suo vasto impero, che trovo decisamente più congeniale al mio essere.

Ritengo che il mio è un percorso di vita come tanti, in fondo non credo di essere troppo diverso dagli altri giovani là fuori che come me cercano se stessi e il proprio migliore modo di esprimere ciò che hanno. Siamo figli di un momento storico non troppo fortunato, ma è anche vero che dalle difficoltà non può che venirne fuori il meglio. La vita ci mette a disposizione tutto ciò di cui si può disporre, il nostro compito è quello di riuscire ad utilizzare al meglio i mezzi offerti. E’ un po’ come per l’arte, è vastissima, ed ognuno che si avvicina a questo mondo ha il compito di constatare quale sia il mezzo migliore per convogliare la propria espressione artistica. Nulla ci viene regalato e tutto ci viene offerto con il dovuto prezzo. Sta a noi tirare fuori il coraggio per conquistare ciò che davvero meritiamo!

Progetti? Stai preparando qualcosa di nuovo? Vuoi commentare qualcos'altro?

Sto studiando tanto, mi metto costantemente in discussione, vado alla ricerca di qualsiasi cosa che mi possa dare una mano a scoprire una piccola e nuova parte di me. Provo piacere in questo, ci provo tanto gusto e in egual modo credo sia l’elemento di base, il fuoco, che mantiene accesa la fiamma che mi porta avanti. C’è da dire che sono uno piuttosto testardo - mia madrina me lo dice sempre - ed è un lato del mio carattere che mi aiuta tanto soprattutto nei momenti di sconforto, perché purtroppo anche quelli ci sono, servono e bisogna farci i conti. Dei progetti futuri, poiché sono giustamente scaramantico, preferisco non proferire parola finché tutto non è ben chiaro e definito. Lontano dalla musica mi piacerebbe  approfondire il discorso sulla scrittura, ho qualche idea messa da parte, e chissà che un giorno si possa trasformare in realtà. Mi viene in mente una frase di Roberto Gervaso, giornalista e scrittore italiano: “A far fallire tanti progetti, più che le difficoltà, è la nostra incostanza”. Io mi sento un po’ così, sono consapevole che con la costanza e con qualche altro ingrediente si possa raggiungere qualsiasi meta prefissata, e sono altresì conscio del fatto che lungo il percorso ci sarà per certo qualche fallimento ad attenderci, ma che predispone la base per raggiungere la nostra più splendida grandezza!


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