Monday, March 7, 2022

Adriana Lecouvreur - Teatro alla Scala

Foto: Brescia & Amisano - Teatro alla Scala


Massimo Viazzo


Torna a Milano dopo 15 anni Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea. E l'allestimento è quello ormai molto noto firmato da David McVicar già visto a Londra, Parigi, Barcellona, Vienna e San Francisco (oltre che in DVD). Si può ribadire come il regista scozzese abbia illustrato il plot con perfetta aderenza alla vicenda narrata, con scene e costumi che sembrano usciti dal libretto stesso. Tutti contenti gli amanti delle regie cosiddette tradizionali quindi, un po' meno gli altri che un po' si saranno annoiati di fronte ad questa ripresa abbastanza statica e un po' monotona. Ma per fortuna ci ha pensato il cast a elettrizzare questa produzione. A cominciare da Maria Agresta nel ruolo principale di Adriana, l'attrice della Comédie vittima del ben noto e mortale triangolo amoroso. La Agresta ha mostrato una timbrica pastosa e ricca soprattutto nel registro medio acuto evidenziando una capacità di cantare sul fiato e di rifinire al meglio le frasi musicali. Le due celebri arie Io son l'umile ancella e Poveri fiori sono state cesellate con tecnica ferratissima e grande musicalità tanto da portare il pubblico in sala all'entusiasmo. Da parte sua Yusif Eyvazov nell'arduo ruolo di Maurizio ha mostrato solidità di impostazione, ma soprattutto estrema sicurezza nell'affrontare le zone più impervie della partitura, cantando non solo di forza ma sapendo fraseggiare con espressività modulando l'emissione. Certo, il personaggio non è parso scenicamente a suo agio, ma il tenore azero ha convinto comunque per le sue ottime doti vocali. Carisma scenico che di certo non difettava, invece, ad Alessandro Corbelli, un Michonnet da antologia, memorabile, cantato con mille sfumature, mille dettagli, e soprattutto con una dizione straordinaria e una comunicativa dirompente. Spesso Michonnet sembra quasi un personaggio minore dell'opera. Ebbene, Corbelli l'ha portato ad un livello primario come è difficile da immaginare. Judit Kutasi, che ha sostituito all'ultimo momento una indisposta Anita Rachvelishvili, ha impostato la sua Principessa di Bouillon come donna passionale e vendicativa, mostrando una voce omogenea in ogni registro, di timbrica brunita e di forte impatto sonoro. Un plauso anche a Carlo Bosi, il cui Abate di Chazeuil, così mellifluo, malizioso era soprattutto molto ben cantato; e a Caterina Sala (Jouvenot) e Svetlina Stoyanova (Dangeville), che rappresentano ormai una sicurezza per il teatro. La direzione di Giampaolo Bisanti, appassionata e stringata, è parsa a volte un po' pesantuccia nelle dinamiche. Infine, il Coro del Teatro alla Scala diretto da Alberto Malazzi rappresenta sempre una sicurezza.

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