Foto: Ramella & Giannese - Fondazione Teatro Regio di Torino.
Renzo Bellardone
Dai ‘Vespri Siciliani’ a ‘Fidelio’ attraversando le Nove Sinfonie. Questo è il progetto complessivo che il Regio di Torino ha sapientemente offerto ai suoi spettatori, invitandoli a percorrere insieme il cammino alla ricerca della libertà e inni ad essa attraverso i temi dominanti del percorso musicale compiuto dal Maestro Gianadrea Noseda presso il ‘suo teatro’. Seppur Opera ben poco rappresentata, la trama del Fidelio è nota. Unica composizione operistica del Maestro di Bonn, il ‘Fidelio’ è una pietra miliare nel panorama operistico, un monumento di riferimento compositivo e contenutistico che ancor oggi dopo quasi 200 anni dal suo concepimento, incantando,emoziona ancora. Il vigore direzionale di Noseda emerge anche in questa occasione, ma con la grande maturità del ‘dirigent’ ormai internazionalmente conclamato, sa scavare nella partitura fino all’introspezione più temibile: grande direzione, grande risultato. Il Coro del Regio, diretto dal Maestro Claudio Fenoglio, si rivela coprotagonista con accenti interpretativi decisamente di definizione. La regia di Mario Martone è apprezzabile per l’idea di realizzarla attraverso l’essenzialità metallica della scena fissa (di Sergio Tramonti) che varia solo al secondo atto per la scomparsa della casa del guardiano del carcere Rocco (un convincente Steven Humes) e della torre di controllo con tanto di altoparlanti. Per un’opera di cotanto spessore, rocambolesci espedienti registici, potrebbero apparire artificiosi, mentre l’evocato riferimento ai campi di concentramento nazisti , non fa che accentuare l’emozionalità della percezione. Le luci di Nicolas Bovey vengono usate con sapiente discrezione, come anche sobri, quindi ancor più pertinenti, sono i costumi di Ursula Patzak. Miranda Keys nei doppi panni di Leonore e di Fidelio offre una significativa prova vocale, affrontando i personaggi con la grinta della donna coraggiosa che tutto sa rischiare pur di liberare il proprio uomo dalle catene della soverchia ingiustizia. Kor-Jan Dusselejee è l’applaudito Florestan che nonostante la segnalazione di un improvviso disturbo vocale, ha offerto una prestazione di tutto spessore. Il baritono Thomas Gazheli interpreta con piglio scenico e vocale il governatore Don Pizzaro. Marzelline ha il volto e la voce del delizioso soprano Barbara Bargnesi che si muove con agilità e destrezza senza nulla sottrarre alla vocalità. Il tenore Alexander Kaimbacher è qui Jaquino claudicante solo nella finzione scenica, ma non certamente nell’emissione gradevole. Robert Holzer è il basso profondo che da voce e corpo al ministro Don Fernando. Buone le prestazioni anche di Matthew Pena e Vladimir Jurlin rispettivamente primo e secondo prigioniero che danno la giusta impronta nella sempre commovente scena dei prigionieri lasciati uscire in giardino. Il Singspiel Fidelio, che ben poca fortuna ebbe nelle prime rappresentazioni, è un susseguirsi di Lieder e di momenti di partecipata commozione, dal duetto iniziale ‘Jetzt, Shätzchen, jetzt sind wir allein’ fino all’ultimo ‘O namenlose Freude’ , senza dimenticare il melologo, i recitativi, ma ancor più i terzetti ed i quartetti (’Er sterbe!!’). Sobria, ma interessante realizzazione, resa prestigiosa in buca ed efficace sul palco. La Musica vince sempre.
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