Foto: Massimo Viazzo
Renzo Bellardone
Pianezza (To) 12-11-2011 Chiesa del Gesù - In Festo Trasfigurationis Domini nostri Jesu Christi 1880 - R.W. Venezia 1883 - La lugubre gondola n.2 1885 - Recueillement 1877 - Unstern! Sinistre, disastro 1881 - Sancta Dorotea 1877 - Trűbe Wolken (nouages gris) 1880 - Schalflos! Frage un Antwort 1883 - Feierlicher Marsh zum heiligen Graal aus “Parsifal” 1882 - Wiegenlied (chant du berceau) 1881 - En rêve. Nocturne 1885 MASSIMO VIAZZO – pianoforte. LICIA DI PILLO - voce narrante
“L’ultimo incontro”: Liszt e la morte. Era questo il tema del quarto appuntamento del ciclo “Liszt un musicista per l’Europa”, omaggio torinese a Franz Liszt nel bicentenario della nascita, coordinato da Massimiliano Génot. Ed era proprio la presenza della morte ad insinuarsi, fatale, fra le note e le parole. Il finale, al buio, con solo due fioche luci, una sul pianoforte e l’altra sul leggio della narratrice, ed un Notturno (En rêve) che riempiva l’ambiente di un senso di inquietudine, di quell’impossibilità di cambiare l’esito ultimo, concludevano una serata raffinata dall’atmosfera suggestiva che pareva andare proprio dritta al cuore della poetica di Liszt, qui interpretato con tecnica ineccepibile da un concentratissimo Massimo Viazzo e raccontato con tutta l’ineluttabilità possibile, utilizzando l’intero spazio della chiesa barocca, da una più che immedesimata Licia Di Pillo. I brani eseguiti costituivano un’eccellente rarità in quanto non inclusi di solito nei programmi lisztiani. Già alle battute conclusive del primo pezzo entrava in scena la morte, la coprotagonista, con le fattezze di Licia Di Pillo, la quale, percorsa la navata centrale, raggiungeva l’altare maggiore dove troneggiava lo storico Steingraeber, il “pianoforte di Liszt”, trasportato qui per l’occasione direttamente da Bayreuth: “Sono venuta a prenderti”... e da qui un susseguirsi di emozioni che inchiodavano lo spettatore nell’attesa dell’evolversi musicale e letterario della performance. I testi tratti da “Morte a Venezia” di Mann, dal “Settimo Sigillo” di Bergman e dalle lettere dello stesso Liszt e di Richard Wagner erano parte integrante di uno spettacolo di forte ritualità che andava ben oltre i conosciuti confini del concerto o del melologo. Il timbro intenso e luminoso che intimamente Massimo Viazzo sapeva trarre dallo strumento del 1873, dalle caratteristiche coloristiche e dinamiche inconsuete rispetto a quelle degli strumenti moderni, aveva dell’incredibile: suoni avvolgenti, soffusi, caldi ed esasperatamente evocativi. I dubbi, le incertezze, le paure umane venivano tratteggiate con superba leggerezza: bastavano lo sfioramento di un tasto, l’uso accorto del pedale di risonanza, il prolungamento attonito di una pausa. Forse suggestionati dall’atmosfera della chiesa, luogo ideale per un concerto di elevazione spirituale, pareva che la musica sorgesse non dalla cassa armonica del pianoforte, ma che vagasse imprendibile nell’aria fino a raggiungere anche i cuori più induriti. Tintinnii come gocce d’acqua rimbalzanti su altra acqua (Sancta Dorothea), suoni prorompenti e sinistri (Unstern!), sciabordio e tocco di remi in un viaggio senza ritorno (La lugubre gondola), poesia dell’intimo (Recueillement), arpeggi dolcissimi (In Festo Trasfigurationis), musica che pareva salire da un calice prezioso (Parsifal), fino al conclusivo Notturno screziato dalla sconvolgente poesia di Rainer Maria Rilke “Esperienza della morte”, ripetuto come bis davanti al foltissimo pubblico visibilmente commosso.
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