Saturday, February 1, 2020

Roméo et Juliette a Milano (Teatro alla Scala)


Foto: Brescia&Amisano

Massimo Viazzo

Roméo et Juliette, il capolavoro “shakespeariano” di Charles Gounod, é stato rappresentato pochissime volte al Teatro alla Scala. É davvero sorprendente scoprire che la prima volta che quest’opera venne eseguita nella versione originale in lingua francese é stato solamente 9 anni fa! E l’allestimento era proprio quello che é stato ripreso nella stagione attuale, allestimento di Bartlett Sher nato per la Felsenreitschule di Salisburgo e adattato al palcoscenico del teatro milanese. Purtroppo il punto debole della produzione é stata proprio l'aspetto registico, trattandosi, quello di Sher, di uno spettacolo alquanto polveroso sia per la concezione scenografica che per la costruzione, sostanzialmente a cliché, dei personaggi. Più interessante la parte musicale, ad iniziare dal volitivo Roméo di Vittorio Grigolo. Il tenore italiano, pur lamentando una indisposizione annunciata prima della recita, ha cantato come di suo solito senza risparmiarsi, con slancio e passione, tratteggiando un Roméo sempre credibile, spavaldo ma soprattutto innamorato. La sua voce si espandeva con naturalezza nella sala del Piermarini anche se il fraseggio non pareva sempre sfumatissimo. La Juliette di Diana Damrau é piaciuta molto soprattutto nel registro più acuto dove il soprano tedesco ha saputo sfoggiare una linea di canto agile e sicura. Nei centri la voce é parsa talvolta stimbrarsi, ma ciò non ha inficiato una prestazione molto applaudita dal pubblico. Attorno ai due amanti protagonisti ruota uno stuolo di personaggi la cui individuazione musicale e drammaturgica fatica ad imprimerli nella memoria dell'ascoltatore. Da notare, comunque, il sicuro e ben timbrato Frère Laurent di Nicole Testè, l’arrogante Tybalt di Ruzil Gatin, il simpatico ed estroverso Mercutio di Mattia Olivieri, la Gertrude un po’ troppo caricaturale (colpa del regista!) di Sara Mingardo. Frédéric Caton é parso essere un Capulet sufficientemente autorevole, e piacevole e ben definito nel proprio intervento del terzo atto lo Stéphano di Marina Viotti. L’orchestra è stata guidata con relativa sicurezza da Lorenzo Viotti. Il giovane direttore italo-francese nato a Losanna in Svizzera ha messo in evidenza un passo teatrale riconoscibile e una resa del fraseggio vibrante con una certa cura dei colori. Sempre molto apprezzata la prestazione del  coro scaligero.



No comments:

Post a Comment

Note: Only a member of this blog may post a comment.