La Sinfonietta di Losanna, l’orchestra giovanile della Svizzera Romanda (e una delle due compagini sinfoniche che partecipano alla stagione lirica del teatro locale) ha offerto all’interno della propria stagione concertistica un Gala operistico basato sul repertorio italiano e russo. Sotto la convincente bacchetta del maestro francese Emmanuel Joel-Hornak si sono potute ascoltare due emozionanti Ouverture, Russlan e Ludmilla di Glinka e la Forza del Destino di Verdi, nella quali si evidenziava la compattezza, la sincronia, l’agilità del complesso elvetico che sapeva così creare una cifra musicale appropriata per l’esecuzione delle arie cantate dai solisti. Primo invitato il basso russo Askar Abdrazakov che ha dispiegato una voce potente, limpida, di colore scuro adatta ad interpretare la patetica aria Ves Tabor Spit di Aleko (Rachmaninov) e l’intenso Monologo di Boris Godunov (Mussorgsky). L’attenzione principale della serata era però rivotta al soprano Maria Guleghina, che ha dispiegato passione e impulsività in Il sera bientôt minuit dalla Dama di Picche e in Adieu forets dalla Pulzella d’Orleans entrambi lavori di Tchaikovsky, L’intensità saliva di tono nelle due arie italiane eseguite a Askar Abdrazakov, Ella giammai m’amo dal Don Carlos di Verdi e nella diabólica Son lo spirito che nega dal Mefistofele di Boito. Da parte sua la Guleghina mostrava omogeneità di emissione in Un bel dì vedremo dalla Butterfly ed espressività, impeto e ampia proiezione vocale in Nel di della vittoria / Or tutti sorgete dal Macbeth di Verdi, suscitando, quest’ultima, un’ovazione spontanea da parte del pubblico alla quale i due artisti rispondevano con la proposta di due bis La calunnia dal Barbiere di Siviglia e O mio babbino caro dal Gianni Schicchi.
Opera-Musica Foto: Die Feen - Wagner - Théâtre du Châtelet, Paris - 04/2009(c) Marie-Noëlle Robert.
Tuesday, November 30, 2010
Les Plus Célèbres Airs d'Opera - Sinfonietta de Lausanne - Maria Guleghina
La Sinfonietta di Losanna, l’orchestra giovanile della Svizzera Romanda (e una delle due compagini sinfoniche che partecipano alla stagione lirica del teatro locale) ha offerto all’interno della propria stagione concertistica un Gala operistico basato sul repertorio italiano e russo. Sotto la convincente bacchetta del maestro francese Emmanuel Joel-Hornak si sono potute ascoltare due emozionanti Ouverture, Russlan e Ludmilla di Glinka e la Forza del Destino di Verdi, nella quali si evidenziava la compattezza, la sincronia, l’agilità del complesso elvetico che sapeva così creare una cifra musicale appropriata per l’esecuzione delle arie cantate dai solisti. Primo invitato il basso russo Askar Abdrazakov che ha dispiegato una voce potente, limpida, di colore scuro adatta ad interpretare la patetica aria Ves Tabor Spit di Aleko (Rachmaninov) e l’intenso Monologo di Boris Godunov (Mussorgsky). L’attenzione principale della serata era però rivotta al soprano Maria Guleghina, che ha dispiegato passione e impulsività in Il sera bientôt minuit dalla Dama di Picche e in Adieu forets dalla Pulzella d’Orleans entrambi lavori di Tchaikovsky, L’intensità saliva di tono nelle due arie italiane eseguite a Askar Abdrazakov, Ella giammai m’amo dal Don Carlos di Verdi e nella diabólica Son lo spirito che nega dal Mefistofele di Boito. Da parte sua la Guleghina mostrava omogeneità di emissione in Un bel dì vedremo dalla Butterfly ed espressività, impeto e ampia proiezione vocale in Nel di della vittoria / Or tutti sorgete dal Macbeth di Verdi, suscitando, quest’ultima, un’ovazione spontanea da parte del pubblico alla quale i due artisti rispondevano con la proposta di due bis La calunnia dal Barbiere di Siviglia e O mio babbino caro dal Gianni Schicchi.
Sunday, November 28, 2010
La musica costante di Vikram Seth
Massimo Crispi
Fin dall'inizio si intravede il rapporto speciale che lega il protagonista narrante, Michael Holme, secondo violino di un famoso quartetto d'archi londinese, al suo strumento, un prezioso violino italiano del Settecento, un Tononi. Chi non sa che un musicista è anche il suo strumento non può capire fino in fondo il rapporto strettissimo che li lega e, in generale, cos'è un'esecuzione musicale dal suo punto di vista. Uno strumento forma fin dalla più tenera età il suono di un artista, la sua particolare maniera di comunicare attraverso le note che riesce a trarre da quello strumento, le vibrazioni che lo strumento produce nell'aria, i fraseggi che l'artista riesce a fare in quel modo solo su quello strumento e non su altri. Determina, in sostanza, il linguaggio proprio di quell'artista. E questo vale per i violini come per i violoncelli, per i flauti come per le chitarre, per gli oboi come per i pianoforti. Cambia, se si usano corde di budello o corde di metallo, cambia, se si usa un'accordatura oppure un'altra, cambia, se viene usato un legno invece che un altro... Anche un fantino, se cambia il cavallo con cui si allena, non ha lo stesso risultato, così un motociclista o un automobilista coi loro mezzi, così uno scultore che abbia uno scalpello che meglio risponde alle sue esigenze, un cuoco che si porti dietro tutti i suoi tegami di rame e disdegni quelli in inox. Beethoven, Liszt, Chopin e molti altri richiedevano strumenti speciali per inventare la loro musica e, se non avessero avuto certi strumenti, le loro opere non sarebbero esistite così come le conosciamo, essi stessi proponevano modifiche ai costruttori ed è a loro che dobbiamo l'evoluzione dei moderni pianoforti.
Il violino del protagonista del romanzo, seppure suonato da lui fin da quando era bambino, in realtà non gli appartiene. È un prestito, una gentile e generosa offerta da parte di una vicina di casa, amica di famiglia, ex violinista. Costei, intravisto il talento del ragazzo, peraltro osteggiato in casa da un padre che nello "strimpellare" del figlio vedeva la musica solo come un hobby e nient'altro, decide di prestargli quello strumento inestimabile, che chissà quali altre mani preziose avevano suonato nei secoli. Questo legame, fortissimo ma sempre coll'impressione da parte del violinista che il "suo" strumento non sia mai veramente suo, è costantemente messo in pericolo, appunto, dal fatto che la proprietaria dovrebbe includerlo nell'eredità del suo insensibile e avido nipote e delle sue bambine, tre mocciose viziate e inutili come il loro padre. Così il violino è sempre visto dal musicista come un ospite, un amico inseparabile ma colla consapevolezza che un giorno partirà per altri lidi e dell'ancora più triste coscienza delle difficoltà economiche di un musicista (a meno che non sia una star come un Isaac Stern o una Anne Sophie Mutter), per cui sarà molto difficile trovarne uno adeguato per le proprie disponibilità. C'è anche uno straziante episodio, nel romanzo, di un'asta di strumenti musicali antichi, dove il primo violino del quartetto, peraltro un personaggio parecchio antipatico e acido, vorrebbe acquistare uno strumento migliore per poter esprimersi meglio ma, nonostante le promesse e le assicurazioni del banditore, il violino viene battuto per una cifra che lui non può permettersi, rinunciando così a un capolavoro che per lui avrebbe potuto essere una nuova voce, un arricchimento per sé stesso, per il quartetto, per il pubblico, per la musica. Michael, dopo tante vicissitudini, crisi, rinunce, con l'abbandono della carriera e senza più voglia di suonare, ormai rassegnato alla perdita del violino, sarà però premiato, nel finale, dal lascito dell'anziana signora: in punto di morte, in presenza dei suoi legali, la vecchia amica deciderà di affidare a lui, e solo a lui, senza condizioni e senza tasse di successione, il magnifico Tononi, rendendoli così realmente inseparabili. E qui si pone anche l'attenzione sul problema della sopravvivenza di patrimoni inestimabili di artisti soli, senza discendenze o con discendenze orribili, che si disperdono e non conoscono una continuità, senza degli eredi che possano capire il valore immenso di cose salvate e racimolate nel corso di una vita votata alla bellezza, all'arte, alla musica, di quanto queste cose possano essere importanti per tutti, per capire meglio chi siamo e dove viviamo. Ma questa è solo una delle mille facce di questo romanzo, fondamentale, certo, e complementare a molti altri aspetti di questa realtà quasi periferica rispetto alle vite normali della gente.
Mi fa un piacere speciale presentare per la prima volta un brano musicale agli ascoltatori. Molti lettori, musicisti inclusi, mi hanno scritto dopo aver letto "Una musica costante", chiedendomi informazioni sul Quintetto per archi in re minore, op. 104 di Beethoven, come se io avessi avuto la sfacciataggine di inventare non solo un'opera inesistente ma persino un numero di composizione! È un'opera negletta ma adesso, grazie a questa nuova incisione, è possibile ascoltarla. Tra gli esecutori di questo e di altri brani c'è anche il dedicatario del romanzo, il violinista Philippe Honoré. È stata un'idea sua che il protagonista della mia opera fosse un musicista. Si sta così realizzando e rendendo possibile ascoltare dalle mie e dalle vostre orecchie ciò che, diversi anni fa, lui aveva infuso nella mia mente solo come un'idea senza forma.
Vikram Seth, Una musica costante, TEA 2001
Vikram Seth, London, November 1999"
VOCI PER I MICI - Teatro 'La Fabbrica' Villadossola
‘VOCI PER I MICI’
Coro ‘ANDOLLA’ e ‘THE BLOSSOMED VOICE’
Dall’amore per i gatti nasce questo concerto benefico a favore del gattile di Villadossola. Dalla disponibilità di due prestigiose formazioni corali nasce l’offerta di un concerto di qualità.
Il primo ad esibirsi sul palco del Teatro ‘La Fabrica’ di Villadossola in una nevosa serata novembrina è il Coro Andolla; nato nel 1954 è attualmente formato da una ventina di voci maschili. Sotto la direzione del Maestro Franco Pallotta, che tra l’altro è stato docente presso l’Accademia del Teatro alla Scala di Milano, il coro ha tenuto oltre mille concerti in Italia ed Europa con collaborazioni prestigiose: StresaFestival, I Solisti di Mosca, Coro del Cremino, Festival Montreux e con direttori quali Livio Vanoni, Yuri Bashmet e Gianandrea Noseda, solo per citarne alcuni. Con sonorità ricercate esegueno una ninna nanna francese, un canto abruzzese dove si rimarca la bella voce solista del tenore e l’efficacia del ‘coro a bocca chiusa’. Con un canto provenzale del xv secolo i toni dei bassi infondono il senso della tristezza e del greve cammino della vita nei momenti del dolore, mentre con il successivo ‘Summertime’ di Gershwin la trascrizione ricolma di dissonanze pare essere alla ricerca di nuova sonorità e rimodulazione del suono in modo originale ed assolutamente accattivante. La prima parte del concerto si chiude con ‘Ave Maria’ preghiera sarda di anonimo che è stata riconosciuta dall’Unesco ‘Patrimonio dell’umanità’. La seconda parte vede impegnati i ‘The Blossomed Voice’, conosciuti al grande pubblico per la partecipazione a programmi televisivi di grande share, ma che in questa occasione sanno offire un repertorio che va dal 1500 fino ad oggi , passando da Rossini e D.Ellington. I cinque componenti della formazione (due voci femminili e tre maschili) danno l’avvio con un canto per balletto rinascimentale composto in onore del duca di Mantova e, dopo un ‘Amor Vittorioso’ di Castaldi, passano ad una Masterpiece di Paul Draiton dove con fughe, gighe, cavatine e larghi citano i maggiori compositori musicali. Buone le voci che lasciano intravedere il grande studio di tecniche vocali e la ricerca sul canto attraverso la fisiologia applicata. Simpatici ed allegri interpreti sanno coinvolgere il pubblico non solo per le modulazioni e le emissioni vocali, ma anche per l’attorialità.. davvero bravi! Con una attenta composizione fanno alternativamente emergere la voce di soprano, mezzosoprano, tenore, baritono e basso in piacevole armonia. Dopo l’ascolto è comprensibile perché in soli due anni dalla costituzione annoverino già molte partecipazioni in campo nazionale ed abbiano ottenuto ambiti riconoscimenti. Il clou della serata è il finale quando i due cori si uniscono diventando ciascuno protagonista e complementare alla sola ricerca della ‘buona esecuzione’. Il folto pubblico ha tributato molti e calorosi applausi ad entrambe le formazioni.
Friday, November 26, 2010
Cosi Fan Tutte en Talca y concierto del Teatro San Carlo de Nápoles en Santiago, Chile
Fotos: Santiago a Mil
Johnny Teperman.
Los miembros de la orquesta, coro y solistas del Teatro Di San Carlo de Nápoles, obtuvieron un rotundo éxito en el Teatro Regional del Maule, con la presentación de la ópera 'Così fan tutte' ('Todas hacen lo mismo'), del compositor austríaco Wolfgang Amadeus Mozart. La pieza creada en 1790, con la ayuda del libretista Lorenzo da Ponte, fue dirigida por el maestro Mauricio Benini, con la colaboración del director del coro, Salvatore Caputo y la regie de Giorgio Strehler. 'Così fan tutte' llegó a la capital del Maule para agradar y entretener gratuitamente con una espectacular versión de la obra de Mozart, con músicos y cantantes, que ofrecieron una presentación de primer nivel. Setenta y siente músicos que integran el conjunto, además de seis solistas de trayectoria mundial, protagonizaron esta simpática ópera de enredos, destacando la soprano Sofía Soloveiy (Fiordiligi); la mezzosoprano Marianna Pizzolato (Dorabella); el tenor Alexey Kudrya (Ferrando); el barítono Nicola Ulivieri (Guglielmo); el bajo Alessandro Spina (Don Alfonso) y la soprano Marilena Laurenza (Despina). Esta versión de 'Cosi fan tutte' se ofreció dos veces en el mismo escenario, con entrada liberada, dando término a la gira de la Orquesta di San Carlo de Nápoles, por cuatro ciudades chilenas. "Così fan tutte" (Así hacen todas) es una ópera bufa en dos actos, compuesta por Wolfgang Amadeus Mozart (Salzburgo, 1756 – Viena, 1791). Se estrenó el 26 de enero de 1790 en el Teatro de la Corte de Viena. Lleva el número KV 588 del Catálogo Köchel de la obra de Mozart. El libreto, en italiano, es obra de Lorenzo da Ponte (1749 – 1838), autor así mismo de otras dos óperas de Mozart: "Las Bodas de Fígaro" (1786) y "Don Giovanni" (1787). El tema escogido es el intercambio de parejas, que data del siglo XIII. Posiblemente este título tan curioso, fue idea de Lorenzo da Ponte pues la frase "Così fan tutte le belle" (así hacen todas las mujeres hermosas) la utilizó varias veces en el libreto de "Las Bodas de Fígaro". La traducción literal del título es “así hacen todas”, y menos literalmente: “lo mismo hacen todas”. Estas palabras son cantadas por los tres hombres cuando hablan del voluble amor femenino, en el segundo acto, cuadro III, justo antes del "finale". Musicalmente hablando, los críticos destacan la simetría de Così: dos actos, tres hombres y tres mujeres, dos parejas, dos personajes al extremo (Don Alfonso y Despina), prácticamente el mismo número de arias para todos los solistas. Para otros, la simetría era un valor propio de la ópera italiana del siglo XVIII y por tanto poco destacable. Todos coinciden en destacar la abundancia de partes dedicadas a los conjuntos: fuera de los finales, Mozart compuso seis dúos, cinco trios, un cuarteto, dos quitentos y tres sextetos. La orquesta napolitana y sus solistas.- Previamente y ante unas 20 mil personas que agotaron los boletos gratuitos se presentaron la orquesta y coro del Teatro di San Carlo di Napoli con un homenaje a la música al aire libre, en la elipse del Parque O’Higgins de Santiago. Los artistas ofrecieron, entre otras, interpretaciones de los temas más conocidos de Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini y Pietro Mascagni, entre ellos fragmentos de las óperas “Nabucco” y “La Traviata”, del primero, y “Tosca” y “Turandot”, del segundo. Destacaron nitidamente los dos solistas, Cinzia Forte (soprano) y Massimo Giordano (tenor). La agrupación creada en 1737, que antes de este concierto tuvo un exitoso debut en Chile en las ruinas de Huanchaca, frente al mar de Antofagasta y ofreció además su única actuación con entrada pagada, en el recién inaugurado Teatro Municipal de Las Condes. Finalmente, los artistas italianos se presentaron en la Plaza Sotomayor del puerto de Valparaíso.
Tuesday, November 23, 2010
Lohengrin en Los Ángeles
Los vestuarios alusivos a la época, particularmente los militares, la resplandeciente iluminación y la constante caída de nieve, ayudaron a crear un marco atractivo y seductor. En el sólido elenco vocal que se conformó para esta ocasión, se debe destacar la presencia de la vulnerable Elsa de Soile Isokoski, una soprano de impecable y admirable línea vocal, que cautivó por la coloración y la claridad de su timbre. Ben Heppner, que interpretó a Lohengrin con una armadura metálica en su pierna (gamba) derecha, y a pesar de la evidente fatiga mostrada en el exigente final del segundo acto, supo administrar con inteligencia una voz de timbre calido que utilizó para privilegiar sutileza sobre fuerza. Cantando su primer papel wagneriano, Dolora Zajick se mostró compenetrada con el carácter y el temperamento de Ortrud, y exhibió un canto robusto y vigoroso. Correcto estuvo el violento y frenético Telramud de James Johnson, e imponente el Heinrich del bajo islandés Kristinn Sigmundsson, así como valioso fue el aporte del coro, que es un ingrediente fundamental en esta obra. Con indudable autoridad y conocimiento del estilo y del repertorio James Conlon fue esculpiendo una emotiva y penetrante lectura, en la que pudo exaltar y comunicar los diversos estados de ánimo y sentimientos que viven los personajes, como: la emoción (al final de primer acto), la agitación, la ternura, la tensión y la desolación.
Lohengrin di Wagner - Los Angeles Opera
Saturday, November 20, 2010
concerto pianoforte e flauto Duo "La Musica" Abano terme - Hotel Verdi
Abano terme – Hotel Verdi - 15 Novembre 2010 - 0re 21,oo
L’Hotel Verdi di Abano Terme ha ospitato il Duo ‘La Musica’ che niente affatto intimorito da un pubblico eterogeneo, oltre a trascrizioni di brani molto noti, affianca un’offerta ricercata, quindi preziosa. Bizet e Carmen sono l’autore ed il tema che aprono la serata, per scaldare gli animi ed attrarre attenzione cui segue un omaggio a Pavarotti ‘Con te partirò’ di Sartori’ dove le musiciste offrono versioni non vigorose, ma dolci ed accattivanti. Cristina Friscon –pianoforte- funge anche da presentatrice della serata come d’abitudine anche con il programma ‘Words on the Piano’ dove con Antonella Tuzzato al pianoforte –a quattro mani- e con l’attrice Chiara Squarise - voce recitante - presentano un programma di suoni e parole. La professionalità emerge alla proposta di musiche di W.Popp dove sia con la Fantasie op476 che con la Spanischer Tanz o il Valse Gracieuse, con la flautista Katalin Gajdos –oltre che concertista anche docente presso ‘Il Pentagramma’- evidenziano senza incertezze i tempi delle danze e le marcette briose ed i girotondi dei bimbi rallegrano la sala in un vortice di gesti immaginati e colori percepiti. Tchaikosky e Von Flotow vengono proposti attraverso il celebre Valzer dalla ‘Bella Addormentata’ e la danza intima ed intimista ‘Ach! So fromm, ach! So traut’. Tra gli applausi del pubblico continuano brillantemente con brani di Nino Rota ed il Celebre ‘Eternamente di C. Chaplin’ eseguite in modo cameristico per passare ai cinque movimenti di ‘Saltus Hungaricus’ di M. Kocsàr facendo visualizzare i paesaggi, immaginare i sapori ed ascoltare i ritmi briosi tipici della musica dell’Est.Brave le due interpreti che sono infatti apprezzate ed abitualmente impegnate in concerti in ensemble diversi, sovente in qualità di soliste. Piacevole serata e buona musica!….E’ auspicabile che possa diventare un’abitudine e non un’eccezione quella di offrire anche negli hotels musica di ‘livello’ sapendo uscire senza timori, dagli standards convenzionali di intrattenimento innalzando inevitabilmente la qualità della partecipazione!
Wednesday, November 17, 2010
Falstaff en Buenos Aires por Buenos Aires Lírica
La Fanciulla del West en la Opera de Zurich
Tuesday, November 16, 2010
La Fanciulla del West - Opernhaus Zurich
Guillaume Tell di Rossini - Opernhaus Zurich
Massimo Viazzo
Già durante l’esecuzione della Sinfonia, a sipario alzato, si entrava nel vivo imbattendosi in alcuni turisti che osservavano, più o meno annoiati, il panorama montano seduti alla fermata dell’autobus e in anziani in carrozzina guidati all’aria aperta ad ossigenare le loro menti malate, il tutto sui luoghi dove il Mito stava per rivivere e stava, soprattutto, per essere rivissuto. Nessuna meraviglia, quindi, se al terzo atto gli stessi personaggi dell’opera assistevano allo scoprimento del celebre monumento intitolato all’eroe svizzero (e che si trova oggi ad Altdorf) sotto al quale si sarebbe materializzata di lì a breve la prova della mela. Cast dominato da Michele Pertusi, un Tell di timbro nobile, dizione scolpita, capace di un legato morbidissimo. Davvero elegante e commosso il suo «Sois immobile». Pallida, invece, la Mathilde di Eva Mei, avara di emozioni e un po’a disagio in zona medio-grave, mentre Antonino Siragusa, che pur ha avuto un’ottima resa in «Asile héréditaire», si smarriva a volte in una linea di canto un po’ lagnosa e poco incisiva. Scarsamente sfumata la direzione di Gianluigi Gelmetti che ha avuto, comunque, il merito di non proiettare la partitura oltre i limiti stilistici ad essa peculiari. Ma il limitato gusto timbrico ed un fraseggio monocorde non hanno consentito alle sublimi note rossiniane di prendere il volo.
Helmut Rilling dirigió la Misa en si menor de Bach en Caracas Venezuela
Prensa Fesnojiv
Ante un publicó que colmó la sala, la música de Bach, escrita en la primera mitad del siglo XVIII, fue de hoy; después de todo, la música de Bach conlleva siempre un mensaje de esperanza, por ello no es capricho que Rilling quiera mantener el legado de Bach. La soprano Mariana Ortiz, la contralto Kismara Pessatti, el bajo Istvan Kovacs y el tenor Timothy Fallon mezclaron sus voces con los músicos principales de las filas de violines, flautas, oboes y cornos para cantar los distintos pasajes del Gloria, luego del inicio representado por un electrizante Kyrie. La misa, que también contó con la participación del organista italiano Silvio Celeghin, prosiguió con la fuerza del Credo, la alabanza del Sanctus y la paz del Agnus Dei. Al final, la sala en pleno ovacionó de pie a los músicos y a un director que a sus 77 años, se hace tan joven en la música como cualquiera de los que estaba en el escenario.
Il Corsaro de Verdi del cíclo Tutto Verdi de la ABAO-OLBE, Bilbao España
Mercedes Rodriguez
En cuanto a las voces, destacó el tenor Bruno Ribeiro, por su color, su timbre, la homogeneidad en el canto, la fuerza controlada de su interpretación, un acierto sin ninguna duda. La Gulnara de Silvia Dalla Benetta consiguió sacar adelante su rol mediante un canto inteligente, una buena coloratura, aunque su voz no mostró el peso suficiente que requiere el papel, notándose sobre todo en el registro grave. Kristin Lewis logró una Medora delicada gracias a sus extraordinarios pianissimi, sus mejores aliados en la noche. El barítono Luca Salsi dejó buena sensación, aunque hubiéramos disfrutado más con un plus de vigor, tanto en el plano vocal como en el escénico. Completaron el bajo Miguel Ángel Zapater y los tenores Giorgio Meladze y Alberto Núñez, este último con gran eficacia y seguridad vocal. El Coro de Ópera de Bilbao demostró que sigue perdiendo calidad en la sección femenina. El público bilbaíno acogió con entusiasmo esta primera representación del título verdiano que se enmarca dentro del proyecto Tutto Verdi que la asociación bilbaína lleva a cabo.
Guillaume Tell de Rossini en la Opera de Zurich
Sunday, November 14, 2010
La Sonnambula en el Teatro Grande de Brescia
Roberta Pedrotti
Bajo el perfil exquisitamente técnico, apreciamos el continuo progreso de Scala, que podrá posteriormente afinar su media voz y su pasaje, encontrando siempre mayor suavidad. Al lado de los dos protagonistas, el Conde Rodolfo palideció por personalidad y sonoridad. Alexej Yakimov es un cantante correcto y elegante, pero de volumen reducido y muy rígido, casi intimidado en la expresión y en la acción. Mas vivaz e incisiva estuvo la Lisa de Marina Bucciarelli, de voz aun un poco verde, sobretodo en el centro, pero apuntada y picante en los agudos y en los sobreagudos mostrados en su aria del segundo acto, pero fue un poco ignorada ya que hubiera merecido una acogida mas generosa de parte del publico de Brescia. La actriz es fresca y segura. Lastima por la dirección de Stefano Vizioli que la hizo una especie de Carmen de otro tiempo, con las manos perennemente apuntando hacia los lados. Nadija Petrenko fue una Teresa adecuada, así como el Alessio de Michail Dogotari y Luca Granziera hizo el papel del notario. En el podio encontramos a Massimo Lambertini, en su primera experiencia operística, después de haber sido asistente de Riccardo Muti. Los primeros dotes que se apreciaron, raros aun en renombrados directores, fueron los de sostener a los cantantes para trabajar con ellos y no en contra de ellos. De hecho, salvo algunos ataques imprecisos del coro en el primer acto, el equilibrio musical fue sólido, con tiempos justos, y la ejecución total a excepción de algunos da capo de las cabaletas. La puesta en escena fue quizás el elemento menos interesante de esta producción convencional, didáctica que en vez de estar ambientada en una villa alpina se hizo en un idílico campo. Una idea que permanece al fondo de un espectáculo sin despuntes o sugestiones particulares, bien iluminado por Paolo Coduri de’ Cartosio, pero en general se esperaba mas de un buen director de escena con la experiencia y la fama de Stefano Vizioli. De cualquier forma hubieron voces y artistas que por si solos valieron el espectáculo y que iluminaron la escena en un crescendo de consenso, con autentica aprobación para Jessica Pratt y Enea Scala, quienes recibieron los mayores aplausos.
Fazil Say solista de la Orquesta Filarmónica de la UNAM, Mexico
RJ
Ambos conciertos contaron con la presencia de la violinista moldava Patricia Kopatchinskaja, conocida en este país desde el año 2000 cuando ganó el concurso internacional de violín Henryk Szeyng, quien interpretó el Concierto para violín y orquesta no.4 en re mayor, K218 de Mozart, con serenidad, brillantez y la ligereza que emanó de su instrumento. En el segundo concierto, su ejecución del Concierto para violín y orquesta en re mayor, op. 61 de Beethoven pareció ser más afín a su temperamento y su naturaleza, ya que mostró mayor virtuosismo, agilidad e ímpetu. La orquesta interpretó en solitario una rítmica y satisfactoria Obertura Leonora no. 3, op 72b de Beethoven, bajo la dirección de Atzmon quien es un director refinado, flemático, quizás moldeado a la antigua, pero que trabaja con seguridad y eficacia.
Lylia Zilberstein y Akademie für Alte Musik Berlin en la UNAM, Mexico
RJ
La Sonnambula - Teatro Grande di Brescia
Saturday, November 13, 2010
Concierto de la Orquesta Ciudad de Granada dirigido por Philip Picket
Hace ya muchos años que nos acostumbramos a escuchar el repertorio barroco interpretado por orquestas de instrumentos antiguos o sus replicas tocando según los criterios de las prácticas antiguas de interpretación. Por ello en muchos casos hemos asistido a una verdadera revitalización y al descubrimiento de un enorme patrimonio musical como si fuese visto desde otra perspectiva, y nos hemos acostumbrado al sonido de las orquestas antiguas, que es totalmente distinto al que producen las modernas, y a un fraseo que aunque es diverso, esta dictado por las características peculiares de aquellos instrumentos y que proviene de la interpretación de los antiguos códigos de autores de los siglos XVII y XVIII. Ese sonido, tan particular, que es además tan distinto entre una orquesta y otra, ha entrado ya a nuestros oídos, a tal punto que podríamos diferenciar fácilmente una interpretación histórica de una moderna. Hay que añadir a eso que también muchos hoy pueden fácilmente apreciar las tonalidades y las innovaciones, así como los distintos repertorios, los redescubrimientos de manuscritos antiguos y clásicos, y también ha ocurrido que se han creado partidarios de un ensemble o de otro. Sin embargo, de vez en cuando ocurre que este repertorio es tocado por orquestas "modernas" ¿Que sucede en ese caso? Y ¿Qué pasa si para dirigir una orquesta "moderna" se invita a un director que usualmente dirige dos grupos importantes en el mundo de los instrumentos antiguos como Philip Pickett? Asistimos al tercer concierto del año de la Orquesta Ciudad de Granada, en la temporada de su regreso al Auditorio Manuel De Falla después de remodelaciones, y es un sitio de una acústica excepcional que, como puntualizó en el programa de mano, ha dado forma al sonido de esta excelente agrupación instrumental.
El programa de la velada fue totalmente barroco, que más no se podría pedi como: las Suites III y IV de Bach, una obertura de Händel del Oratorio ocasional, y una suite de danzas de la Reina de las Hadas de Purcell. La curiosidad de lo que pudiera ocurrir y nuestras expectativas fueron superadas. Pickett le enseñó a los músicos de la orquesta fraseos que quizás no son tan comunes para ellos, pero extremadamente eficaces y, suponemos casi obligados a seguir los tiempos elegidos por él director en los varios movimientos de las obras, que fueron en verdad muy vivaces y pertinentes. La suntuosidad tímbrica de las Suites de Bach, las cuales contaron con un excepcional grupo de trompetas y oboes que estuvieron fuera de lo ordinario, se debio quizás a la pesantez del sonido con mas cuerpo de los instrumentos de cuerdas modernas, pero a pesar de que fue en grupo reducido respecto a lo habitual, además que por motivos ligados la construcción y de los materiales de los propios instrumentos (sin olvidar la afinación más aguda que requieren los instrumentos modernos), no quedó un espacio acústico adecuado al valioso bajo continuo del clavecín y del violonchelo, que fue frecuentemente tragado por la sonoridad de las cuerdas. Por el contrario, la habilidad técnica y expresiva de los formidables oboes y trompetas de la Orquesta Ciudad de Granada fue valorizada como en una competencia de virtuosidades y arabescos en perfecto estilo, y dialogando con el resto de la orquesta: lo que fue impresionante. La elegante y solemne pompa de la obertura händeliana, las estilizadas danzas de las suites y del Concierto No. 1 de Brandeburgo de Bach, así como la suite de danzas de Purcell, fueron una deliciosa antología de obras maestras del siglo XVII y del barroco inglés, y junto a un ingrediente milagroso, tan difícil de encontrar hoy como es la fantasía, transcurrieron como un rayo, agradando a un numeroso y atento publico que recompensó el trabajo del maestro inglés y de la óptima orquesta con largos y resonantes aplausos.