Saturday, June 15, 2019

Die Tote Stadt - Teatro alla Scala, Milano


Foto: Brescia&Amisano Teatro alla Scala

Massimo Viazzo

Die Tote Stadt di Erich Wolfgang Korngold: ancora un titolo che non era mai apparso nel cartellone scaligero, e ancora un grande successo! Prosegue il progetto, voluto dalla soprintendenza, di mettere in scena importanti opere che mai erano state rappresentate nella sala del Piermarini. Die Tote Stadt è un capolavoro di raffinatezza musicale, un felice connubio tra la musica di Puccini, Berg, Richard Strauss e persino un po’ di cabaret, composto da un musicista che diventerà, dopo il suo trasferimento in California, autore di colonne sonore hollywoodiane. L’evidente cifra Jugendstil della sua musica è stata ripresa dal regista Graham Vick nella ricostruzione dell’appartamento di Paul, il protagonista che, tra realtà e sogno, vive un’esperienza psicanalitica di forte impatto drammatico. E Vick, soprattutto nel secondo e nel terzo atto, sa esaltare, con opulenza di mezzi, questa condizione onirica, che tracima spesso verso un vero e proprio incubo ai confini della necrofilia. L’elaborazione del lutto avrà la sua risoluzione solo quando Paul riuscirà a strangolare il suo fantasma con la treccia della moglie morta, conservata nella teca di cristallo. Asmik Grigorian ha avuto un successo personale strepitoso nel ruolo di Marietta. Il soprano lituano, non ancora quarantene, appena premiata con l’Opera Awards, era balzata agli onori della cronaca l’estate scorsa con Salome al Festival di Salisburgo. La curiosità di poterla ascoltare dal vivo era quindi evidente. Ebbene, la Grigorian ha stregato tutti!  Intanto, la sua figura in scena, il suo portamento, la sua recitazione naturale (spesso seminuda, tra l’altro) sono parsi quelli di un’attrice consumata *. Ma, soprattutto, la voce di bella timbrica, penetrante, di emissione sicurissima, e il fraseggio sempre musicale e comunicativo hanno contribuito a creare un personaggio ammaliante, seducente, in una parola irresistibile, che rimarrà scolpito nella memoria di coloro che hanno assistito a questo spettacolo. Klaus Florian Vogt ha donato a Paul l’immagine del sognatore visionario con la sua voce elegiaca di colore chiaro. Verso l’alto la timbrica tendeva un po’ a sbiancarsi, ma il controllo generale di una parte così ardua e faticosa è da elogiare. Più poesia che squillo, quindi, per il tenore di Holstein, ma applausi convinti anche per lui alla fine. Markus Werba, nel doppio ruolo di Frank e Fritz, ha cantato con eleganza e morbidezza, cesellando il suo stupendo assolo del secondo atto, uno dei vertici emozionali della partitura. Mentre Cristina Damian  è stata una sicura e convincente Brigitta, la governante di Paul. Adeguati i comprimari, alcuni provenienti dall’Accademia. La direzione di Alan Gilbert, infine,  è parsa molto funzionale ed efficiente, ma difettava un po’ di fantasia coloristica e anche un po’ di trasporto.

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