Thursday, October 24, 2019

Giulio Cesare - Teatro alla Scala, Milano


Foto: Brescia&Amisano

Massimo Viazzo

L'opera di Georg Friedrich Haendel non è mai stata una presenza assidua al Teatro alla Scala. Il motivo è da ricercare soprattutto nel gusto di un pubblico che, sensibile soprattutto alla poetica del melodramma italiano dell'800 e del primo 900, ha sempre guardato con sospetto il teatro barocco. Ma in queste ultime stagioni le esecuzioni di lavori haendeliani sono state meno sporadiche e si può affermare con certezza che finalmente, dopo il clamoroso successo di questo Giulio Cesare, il teatro musicale del “caro Sassone” è stato completamente sdoganato anche nel massimo teatro italiano. La Scala ha confezionato un allestimento di prim'ordine a cominciare dal cast, un cast di livello assoluto. Per la prima volta nella sala del Piermarini si sono potuti ascoltare ben quattro controtenori. Bejun Mehta ha impersonato il protagonista, l'imperatore romano Giulio Cesare, con grande carisma vocale e scenico, mostrando duttilità, finezza, impeto e utilizzando una timbrica sfumata, ma solidissima. Philippe Jarousski nei panni del pugnace Sesto ha messo in evidenza un colore vocale molto personale e un canto baldanzoso. Come pure Christoph Dumaux ha convinto come infido Tolomeo, violento e brutale, senza problemi nel canto di agilità. Danielle De Niese che ha sempre amato questa parte, è stata una Cleopatra seducente e sensuale e ha saputo muovere la sua voce, precisa ed intonata, con virtuosismo e passione, e con ripiegamenti intimisti affascinanti. Sara Mingardo è stata una perfetta Cornelia, dolente e patetica, sempre intensa e commovente. Completavano il cast il ruvido Achilla di Christian Senn e gli ottimi Renato Dolcini (Curio) e Luigi Schifano (Nireno).  Robert Carsen sa come pochi fare teatro barocco e in questo suo Giulio Cesare ha dato ancora una volta prova di averne capito i meccanismi e gli ingranaggi. Un'opera basata quasi completamente sull'Aria con Da Capo è una vera sfida per il regista. Carsen l'ha ampiamente vinta esibendo una infinità di idee, di trovate originalissime, di soluzioni anche divertenti, per riempire scenicamente senza saturarlo ogni numero chiuso del lavoro haendeliano, nel pieno rispetto del plot e della musica. Abbiamo assistito ad Arie trasformate in veri e propri finti Duetti (chiaramente con l'interlocutore muto ad interagire solo mimicamente) o anche in veri e propri Ensemble con l'uso di movimenti di espressione corporea azzecatissimi e mai scontati. Carsen ha ambientato la vicenda nella contemporaneità senza mai sovrapporsi al libretto, anzi ampliandone le implicazioni psicologiche. E così è quasi naturale che l'opera si sia conclusa con un'accordo tra Cesare e Cleopatra per lo sfruttamento dei pozzi petroliferi. Ma questo ha poca importanza. Quello che conta è che Carsen ha colto lo spirito di questo capolavoro e lo ha restituito con acume, abilità tecnica e padronanza della materia. Un plauso, infine, anche all'Orchestra del Teatro alla Scala su “strumenti storici”, che è ormai una realtà da qualche anno. Giovanni Antonini l'ha guidata con flessibilità e vigore, cogliendo al meglio ogni aspetto ritmico e melodico della splendida partitura haendeliana.


No comments:

Post a Comment

Note: Only a member of this blog may post a comment.