Sunday, March 1, 2020

Donna di Veleni - Teatro Coccia di Novara.

Foto: Teatro Coccia di Novara

Renzo Bellardone

Uno dei pregi del teatro Coccia di Novara, unico teatro di tradizione del Piemonte, sta nel rappresentare ogni anno una nuova opera, una prima assoluta. Da qui con alterne fortune le nuove opere viaggeranno per il mondo per farsi conoscere e divenire punto di riferimento per le nuove composizioni.  Il librettista Emilio Jona racconta: Il libretto di Donna di Veleni nasce da una commissione del Teatro Coccia di Novara a Marco Podda di un’opera lirica, che avrebbe dovuto incentrarsi su alcune figure di donne siciliane del diciassettesimo secolo dedite alla trasgressione e al veneficio; ma il materiale lasciatomi da Podda per immaginare un libretto fu in realtà lo stimolo per proporre, discutere con lui e poi scrivere un testo dove restarono le donne e un veneficio, ma in un contesto e con una trama del tutto diversi. Debbo dire che mi sono appassionato a scrivere questo testo “…“ Ne è uscito un libretto, all’apparenza del tutto tradizionale, rigorosamente in rima, che trova i suoi spunti linguistici soprattutto in ottave, strambotti, stornelli del mondo popolare siciliano e calabrese e racconta una storia di genere, fortemente al femminile, in un tempo di caccia alle streghe, con le sue ossessioni sessuofobiche, che ha nel centro la figura di una donna, maga e sapiente, che sarà chiamata a risolvere i problemi di violenza e d’amore dei due protagonisti “…” I tre personaggi si muovono in un paese e sentimenti senza tempo, tra cori emblematici: quello degli uomini neri che impersonificano il potere di una religione istituzionalizzata, feroce e repressiva nel difendere i suoi dogmi, la sua sessuofobia e il suo disprezzo per la donna, quello dell’innocenza dei bambini abbandonati dalle madri, quello degli adolescenti sulle soglie dell’amore, e quello dei paesani che vivono tra privazioni e carestie. Tutti chiedono qualcosa alla donna dei veleni, ma ciò che le chiedono Maria e Ruggero sono due cose opposte. E la Donna di Veleni le offrirà loro in un’unica coppa; a seconda di chi e perché la berrà essa darà amore o morte.
Sarà Ruggero a fare una scelta che riunirà drammaticamente questi due percorsi; e sarà poi la donna dei veleni, con la sua saggezza di Grande Madre, a prendere per mano una Maria diversa, provata e dolorante, per accompagnarla verso il suo futuro. Ecco che dalle parole del librettista si evince immediatamente l’argomento e per quanto riguarda la musica posso tranquillamente asserire che si tratta di una musica contemporanea che affonda le radici nella tradizione che seppur con sprazzi di assoluta modernità, resta una composizione gradevole all’ascolto e di immediato impatto. Il compositore Marco Podda annota: Il progetto di scrittura è stato concepito per una narrazione sonora con frequenti cambi di funzione emotiva per non far cadere l’attenzione dell’ascolto. Nello specifico della vocalità dei ruoli, preminente nell’esasperazione è quello della protagonista, la Donna di Veleni, che – seppur soprano drammatico –  è spinta da esigenze di espressività testuale sia ad impervi Si acuti che ad abissi rantolanti sul La grave. Il regista Alberto Jona vanta  un percorso professionale che ha attraversato danza, musicologia e musica, Alberto Jona si è avvicinato al teatro fondando a metà degli anni ‘90 la compagnia Controluce Teatro d’Ombre che ha fatto del rapporto musica e ombra la sua forza e la sua identità. Da allora insieme a Corallina De Maria e Jenaro Meléndrez Chas ha curato la messinscena di tutti gli spettacoli della compagnia. La direzione è affidata a Vittorio Parisi, che con misuratezza equilibrata penetra nell’essenza dell’opera sia dal punto di vista musicale che di narrazione. La messa in scena tra luci pienamente ravvivanti ed ombre in movimento hanno spettacolarizzato il palcoscenico: un grande letto a baldacchino all’inizio, tendaggi non opprimenti che spariscono in alto e da rilevare con attenzione le coreografie moderne e perfettamente descrittive con i danzatori e danzatrici a busto nudo per rendere quasi pittorica la scena. Il coro San Gregorio Magno è ormai punto saldo nelle produzioni novaresi e questa volta è stato affiancato dallo splendido coro di voci bianche dello stesso teatro.  Le voci interessanti di Júlia Farrés-Llongueras, soprano leggero, con grande potenzialità espressiva, nel ruolo di Maria e decisamente catalizzante Paoletta Marrocu nel ruolo del titolo che rende con grande drammaticità vocale ed interpretativa con movimenti misurate, lenti che tendono all’introspezione. I ruoli maschili sono affidati a Danilo Formaggia che interpreta Ruggero con grande passione e duttilità vocale, oltre a Matteo Mezzaro, l’amante, che con morbidezza ed eleganza interpreta il suo ruolo con forte aderenza al libretto. La Musica vince sempre.





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