Foto: Guido Maria Guida
Renzo Bellardone
Gentilissimo Maestro Guida
Dopo aver ascoltato la sua ultima
direzione presso la Sala del
Conservatorio di Torino con l’Accademia Corale Stefano Tempia, son rimasto
talmente soddisfatto che mi è sorto il desiderio di porle qualche domanda. Lei ha diretto famose orchestre e celeberrimi cantanti; quali diverse emozioni le suscitano la
direzione della sola orchestra e dell’orchestra più il canto?
Dirigere un'orchestra è sempre una
grande emozione, a maggior ragione quando il tessuto sinfonico viene completato
da una melodia vocale o da un contrappunto corale: il direttore viene investito
da vibrazioni indescrivibili
Quando dirige un’orchestra di giovani, lei ha
un gesto particolare che fa intuire il suo desiderio di far crescere i giovani
musicisti: è così ?
Con un'orchestra di consumata esperienza
il direttore può concedersi “virtuosismi” gestuali purché non siano fini a sé
stessi e soprattutto che siano espressivi. Con un'orchestra giovanile il gesto
deve essere ancora più chiaro in modo da compensare l'eventuale inesperienza
degli orchestrali in erba. Voglio sottolineare tuttavia due cose
importanti: al giorno d'oggi,
generalmente, i giovani hanno un livello
di competenza e preparazione tali da non
essere troppo lontani da colleghi più anziani ed esperti; seconda cosa, la
tecnica direttoriale deve essere sempre al servizio della musica e
dell'orchestra senza nulla concedere ad inutili estetismi buoni solo per le
signore della prima fila. Ovviamente i giovani vanno guidati con precisione,
cura e intelligenza
Conosciuto ed affermato a livello
internazionale, ha riscosso particolare successo in Messico e dal 1996 al 1998
è stato direttore principale dell’ Opera di Bellas Artes a Città del Messico:
quali ricordi e quali desideri ha nei confronti di quella terra?
Sento grande amore per quella terra e
per i messicani, provo gratitudine per
tutto l'affetto, collaborazione e dedizione che in Messico ho incontrato. Con
l'Orchestra dell'Opera di Bellas Artes ho vissuto momenti di autentica magia ed
emozione per tutte le produzioni che ho fatto in quel Teatro (forse più di 30,
ho perso il conto); ma non posso dimenticare altre Orchestre con cui ho
condiviso momenti importanti, penso alla Filarmonica di Città del Messico,
all'OFUNAM, all'Orchestra di Xalapa che adoro, alla Filarmonica di Guadalajara
per la quale sento un particolare affetto, senza dimenticare la prima Orchestra
che ho diretto in Messico per il Festival Internacional Cervantino, ossia
l'Orchestra di Guanjuato. Recentemente ho collaborato con due altre Orchestre
che mi hanno appassionato, la Sinfonica di Monterrey e quella di Culiacan. Il
desiderio più intenso che sento è quello di poter continuare a lavorare in quel
paese, magari potendo accettare in futuro qualche direzione artistica. A parte
l'intenso periodo come direttore principale dell'Opera, negli anni recenti ho
diretto moltissimo in Messico, ma sempre come ospite. Ho ricevuto in svariati
casi la richiesta di presentare la mia candidatura come direttore artistico o
principale. Purtroppo non ho mai potuto garantire una continuità di presenza
necessaria a svolgere quel ruolo. Chissà, magari in futuro, se avrò meno
vincoli in Italia, potrò prendere in considerazione un'opportunità di questo
tipo, cosa che mi affascina.
Fino
al 1994 ha lavorato con l’indimenticabile Giuseppe Sinopoli: cosa è rimasto di quel momento che immagino
proficuo?
'E rimasto ovviamente moltissimo: nei 12
anni di apprendistato e collaborazione con lui ho potuto imparare tanto,
sperimentare me stesso, lavorare in realtà estremamente importanti e complesse
cimentandomi con esse, ho appreso come si debba lavorare con cantanti di rango
internazionale. Ho studiato con lui opere e repertorio sinfonico di quella
particolare area culturale in cui, credo, mi sono abbastanza specializzato,
ossia quella che comprende il classicismo viennese per giungere al '900 storico
e al repertorio contemporaneo, passando per quegli autori che prediligo, ossia
Beethoven, Schubert, Schumann, Brahms, Bruckner, Strauss, Berg, Wagner. Ho un
ricordo indelebile dei quegli otto anni trascorsi con lui nel Teatro che più
amo, ossia quello di Bayreuth. Rimane anche la memoria di momenti molti intensi
trascorsi insieme, durante le fasi salienti della sua ascesa nel mondo
musicale. Permane anche una notevole malinconia per la sua mancanza.
Se permette concluderei con una domanda
scherzosa: preferisce il dolce o il salato? Ovvero preferisce dirigere musica
di repertorio o musica pressoché sconosciute al grande pubblico, come la Messa
di Shumann recentemente proposta, o addirittura delle prime
esecuzioni?
Amo
il dolce il salato! Un direttore
d'orchestra non può che adorare il repertorio consolidato, tuttavia è obbligo
del musicista, dell'intellettuale, dell'operatore culturale, svelare al
pubblico capolavori coperti dall'oblio. Dal 2009 sono il direttore artistico
dell'Accademia Corale “Stefano Tempia” di Torino, la più antica istituzione
corale italiana fondata nel 1875 dal musicista
omonimo, che coraggiosamente, in quegli anni in cui la cultura musicale
a Torino e in Italia era scarsa, ha impresso una linea artistica volta alla
valorizzazione di capolavori inediti in quel periodo: ad esempio grazie alla
“Stefano Tempia” è stata eseguita la “prima assoluta” torinese della IX
sinfonia di Beethoven e del Judas Maccabeus di Haendel. D'accordo col direttivo
della mia associazione ho voluto e voglio cogliere tale importante eredità.
Quel capolavoro della Messa di Schumann recentemente fatta è l'ultimo esempio
tangibile, però tante altre rare opere sinfonico-corali sono state eseguite durante la mia gestione: per citarne
alcune, il melologo di Mendelssohn “Edipo a Colono” su testo di Sofocle,
“Utrecht Te Deum” e “Utrecht Jubilate” di Haendel, il “Magnificat” di Berio,alcuni brani sacri
di Mozart, Mottetti di Bruckner. Nella prossima stagione concertistica
presenteremo altre rarità di pregio .
La ringrazio per la cortesia con cui ha
accettato e risposto a questa intervista e se permette le faccio un “in bocca
la lupo” per altre belle e toccanti direzioni. Grazie
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