Foto: Brescia&Amisano - Teatro alla Scala
Massimo Viazzo
Il nuovo allestimento di Ernani
di Giuseppe Verdi andato in scena nel mese di ottobre al Teatro alla Scala ha
convinto solo in parte. Il primo a finire sul banco degli imputati è stato il
regista. Sven-Eric Bechtolf ha impostato uno spettacolo molto tradizionale, con
semplici scene che calavano dall’alto e un sipario che chiudeva spesso il
palcoscenico con i cantanti che cantavano in proscenio. Tutto questo in
un’ottica di “teatro nel teatro”. Mi spiego meglio: il regista tedesco ha
pensato non di rappresentare Ernani, ma di rappresentarne (scusate il gioco di
parole) un sua possibile rappresentazione. Bechtolf, come d’altronde anche noi,
ritiene la trama di questo opera verdiana abbastanza inverosimile, soprattutto
al giorno d’oggi, e quindi l’idea di utilizzare l’escamotage del teatro nel
teatro, con anche una vera ironica, poteva anche essere interessante. Ma visto
sul palcoscenico questo spettacolo non funziona, rimanendo solo la povertà
della messinscena tradizionale, con molte banalità di movimenti e nell’interazione
tra i personaggi, sicuramente volute dal regista ma non così facili da rendere
intellegibili secondo l’idea originaria che sta alla base di questo spettacolo.
Anche il direttore d’orchestra, Adam Fischer non ha convinto. Pur apprezzandone la professionalità,
Fischer non ha saputo cogliere sfumature, imprimere passo teatrale, e dinamismo.
Una direzione di routine, nulla di più. Meglio le cose a livello di cast
vocale: Francesco Meli ha impersonato con grande finezza il ruolo del protagonista
Ernani, levigando le frasi e prediligendo sempre nuances e fraseggio variegato, pur non mancando di baldanza. Luca
Salsi interpretava il personaggio di Don Carlo. Il suo canto sempre molto
generoso e comunicativo è parso però un po’ carente di quella nobiltà che
spesso viene associata a questo ruolo verdiano. Nobiltà invece che metteva in
una nuova luce il personaggio di Silva, affidato alla voce preziosa e raffinata di Ildar Adbrazakov: un Silva molto
ben cantato e rifinito. Aylín Pérez (Elvira) ha cantato con buona dizione, e
soprattutto nel registro centrale ha saputo mostrare una timbrica calda e
suadente. Superlativa, infine, la prova del Coro guidato da Bruno Casoni.
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