Thursday, October 10, 2024

Manon Lescaut - Teatro Regio di Torino

Foto: Simone Borrasi

Massimo Viazzo

«Manon Manon Manon» è il titolo di un originalissimo progetto che il Teatro Regio di Torino ha approntato per il mese di ottobre. In una sorta di inedito Trittico si potranno ascoltare in rapida successione (e in ordine cronologico inverso) le tre opere liriche incentrate sul personaggio di Manon ideato nel XVIII sec dallo scrittore e storico francese Antoine François Prévost: Manon Lescaut di Puccini (1893), Manon di Massenet (1884), Manon Lescaut di Auber (1856). Tre visioni complementari della protagonista, quella pucciniana più passionale e ribelle, quella di Massenet invece molto più introspettiva e tormentata, mentre per Auber Manon è più frivola. Il trait d’union delle tre produzioni è il regista Arnaud Bernard, che per cercare omogeneità e congruenza si è spirato a tre epoche . diverse del cinema francese. E forse non a caso proprio qui a Torino, dove si trova uno dei Musei del Cinema più belli in assoluto.Manon Lescaut di Giacomo Puccini (1858-1924), compositore a cui il Regio ha dedicato nella stagione un robusto omaggio a corollario delle celebrazioni del centenario della morte, andò in scena per la prima volta proprio a Torino la sera del 1 febbraio 1893 alla presenza del compositore, e fu un trionfo. Per il titolo pucciniano, primo di questo originale Trittico, Bernard si è rifatto al realismo poetico, corrente cinematografica che si sviluppò in Francia negli anni 30 del secolo scorso.  L’ambientazione quindi giocava parecchio sul bianco e nero, sui chiaroscuri e più l’opera procedeva più si notava l’intimità del tratto registico tra continui rimandi tra le proiezioni cinematografiche e la scena live.  Sul fondale scorrevano le immagini meravigliose di Les Enfants du paradis (Amanti perduti) e Le Quai des brumes (Il porto delle nebbie), entrambi di Marcel Carné, La Bête humaine (L’angelo del male) di Jean Renoir e Manon di Henri-George Clouzot,  per un connubio tra palcoscenico e cinema in generale ben riuscito, anche se soprattutto nella parte finale dell’opera, la presenza delle immagini proiettate è parsa talmente potente (emotivamente sconvolgente il finale del film Manon di Clouzot) da provocare un certo disorientamento per lo spettatore che non sapeva se concentrarsi di più sulle immagini o sul canto.  Lo spettacolo comunque è stato complessivamente equilibrato, garbato in molti punti, trovando una via sicura e efficiente tra tradizione e innovazione. Il cast è stato organizzato in modo adeguato. Erika Grimaldi ha interpretato Manon con voce lirica, timbricamente luminosa, dando il meglio di sé nei pezzi chiusi (arie e duetti). Il De Grieux generoso e volitivo di Roberto Aronica ha convinto soprattutto quando la tessitura saliva e il canto si faceva più passionale. Virile e estroverso il Lescaut tratteggiato da Alessandro Luongo con voce sana e timbro rotondo. Un lusso poi avere Carlo Lepore come Geronte di Ravoir. Tra i comprimari da ricordare soprattutto la prova di Didier Pieri nel doppio ruolo del lampionaio e del maestro di ballo, tenore dalla voce ben timbrata e omogenea, e dalla schietta musicalità. Renato Palumbo ha diretto senza particolari guizzi, ma ha saputo comunque tenere un passo teatrale convincente, mentre gli interventi del Coro del Teatro Regio sono stati coordinati con attenzione e cura da Ulisse Trabacchin.



No comments:

Post a Comment

Note: Only a member of this blog may post a comment.