Saturday, December 19, 2009

Les Violons du Roy - Carnegie Hall, Nova York

Messiah at Carnegie Hall; Photograph: © 2009 Richard Termine PHOTO CREDIT - Richard TermineCopyright Notice - © 2009 Richard Termine.

Ramón Jacques

Les Violins du Roy è la più importante orchestra da camera della regione del Québec. Fondata nel 1984 dal suo direttore titolare Bernard Labadie il complesso ha adottato il nome della celebre orchestra d’archi di Jean Baptiste Lully che suonava alla corte dei re di Francia nel secolo XVII. Anche se l’ensemble ha un ampio repertorio di brani eseguiti con strumenti moderni, il barocco viene suonato con copie di strumenti originali, con una particolare attenzione stilistica al fraseggio e alla cura interpretativa. L’orchestra, in tournée nel Nordamerica (Montreal, Québec, Los Angeles...) si è esibita presso la mitica Carnegie Hall dove ha incantato con una sublime versione del Messiah di Haendel. Musicalmente si è notato un approccio caldo e omogeneo basato su sonorità ariose e leggere degli archi e un sostegno del clavicembalo molto dinamico, ma anche tenue (a seconda delle necessità). Labadie ha diretto con entusiasmo e abilità e la sua bacchetta incisiva ha sprigionato vitalità e grande varietà. Le parti corali sono state affidate a La Chapelle de Québec, gruppo fondato sempre da Labadie nel 1985, che ha dimostrato di essere un ensemble molto ben amalgamato e coeso in ogni intervento, come in “Glory to God” accompagnato teatralmente da una tromba posta nella parte alta del palco, (chiare le riminiscenze della Water Music), o nel brillantissimo “All we like sheep” o ancora nel giubilante “Alleluja”. Il controtenore David Daniels ha mostrato autorità vocale sfoggiando bruniture timbriche fascinosissime, soprattutto nei suoi momenti migliori come l’aria “O thou that tellest” (accompagnato dal coro) o il solenne “He was despised“. Il soprano gallese Rosemary Joshua molto sensibile e sempre emozionante ha mostrato sicurezza nelle agilità e pulizia nella dizione. Notabile il suo “Rejoice greatly”. La tendenza all’opacizzaione e la debole emissione vocale del tenore lirico Alan Bennett hanno privato la sua prestazione di efficacia e il basso-baritono Andrew Foster Williams è parso un po’ pesante e fuori stile.

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