Tuesday, November 29, 2011

TUTTI I COLORI DI HÄNDEL.

Massimo Crispi

G. F. Händel: CIEL E TERRA. CD Iberia Classical 2011.

Un Händel tutto mediterraneo, questo proposto da Darío Moreno e dalla sua Orquesta Barroca de Granada, che riportano il sole del sud su splendide partiture che spesso si ascoltano in algide esecuzioni nordeuropee, pur quotatissime e riverite. E già, il sole mediterraneo… perché ciò che a volte manca in molti allestimenti o, comunque, anche solo in molte esecuzioni in concerto, è proprio questa luminosità calda, solida, tattile; si sente l’assenza di tutto lo spettro di una luce, spesso limitata da prismi che si dimostrano insufficienti a dipanare un pieno arcobaleno: quella luce che affascinò Händel nei suoi viaggi in Italia, dove scoprì la vitalità di Scarlatti e Corelli, dove si immerse nei chiaroscuri di Napoli, Roma, Firenze, Venezia e che spesso ritornava prepotente nelle sue opere successive. Händel, che finì la sua vita senza mai più poter vedere alcuna scintilla, cieco, come il suo Samson che canta “Total eclypse”, più di altri autori, necessita la ricerca di una luce, anzi di tante luci: ogni aria, ogni brano ha il suo colore e, al suo interno, spesso ne libera altri insospettabili in guizzi improvvisi e in armonie mutanti e inattese, e chi si mette ad ascoltare la sua musica, soprattutto se è la prima volta, ha tutto il diritto di ascoltare l’intero spettro. Chissà se Händel si soffermò mai sui Caravaggio e i Gentileschi, i Ribera e i Giordano, i Preti e i Rosa che adornavano chiese e palazzi italiani… Talora sembra di ascoltare nelle sue opere la trasposizione in musica delle rocce di Salvator Rosa e della fiammeggiante caduta di Lucifero di Luca Giordano, o, almeno, questa è la suggestione di cui io sono vittima: gli arancioni dell’ouverture del “Giulio Cesare”, per esempio, che mutano di tanto in tanto ora in rosso ora in verde; o il caleidoscopio dell’ouverture e delle danze di “Alcina”, dove le danze dei sogni funesti proiettano ombre taglienti e dure sui riflessi cangianti, come di velluto di seta, delle altre danze, creando siparietti e scenari dove il prezioso suono dell’OBG si diffonde in tutta la sua varietà: ecco improvvisamente uno scoppiettante “Tamburino” come un piccolo e variopinto fuoco d’artificio! E che dire dei morbidi vortici con tutte le tonalità dell’azzurro, dell’aria “Un momento di contento”, sempre da “Alcina”, o la tempesta grigiobuastra con squarci neri e di luci blu di Prussia dell’aria di non frequente ascolto dalla “Brockes Passion”: “Brich Brüllen der Abgrund”, o i viola alternati ai riflessi di ghiaccio dell’aria “Io già t’amai” e gli ocra di “Pastorello d’un povero armento” da “Rodelinda”? E i lampi rossastri, color ruggine, degli archi ammorbiditi dai caldi oboi nell’aria da “Alexander’s Feast”? O nel finale, l’aria tratta da “Tamerlano” che dà il titolo al CD “Cielo e terra”, aria di sdegno di Bajazet, una cavalcata in cui gli archi dalle brune criniere inseguono e sono inseguiti da una voce dalle sfrangiature fiammeggianti… Il lavoro di Moreno è stato proprio questo. Da artista dal temperamento acceso e brillante qual è, Moreno, come un pittore barocco, ha saputo trarre le aguzze luci e le brune ombre di Händel rendendogli un vestito nuovo, confezionato apposta per lui. E anche per noi ascoltatori, che gli siamo grati di quest’opera di recupero di una luminosità alla quale, in molti ascolti, come dicevamo in apertura, non viene resa grazia, scoprendo così l’abilità del maestro granadino nel comunicare il suo mondo. Qualità, a ben pensare, non poi così frequente da trovare nel panorama internazionale. Anche tutte le realizzazioni del basso continuo che Moreno ha adottato in questo disco, accoppiando gli strumenti nelle combinazioni più varie, non fanno che arricchire la tavolozza coloristica già di per sé abbastanza ricca. Scelta bene anche la sala di registrazione, il prestigioso Auditorio De Falla di Granada, la cui acustica tira fuori il meglio dagli strumenti e dalle voci. L’OBG ha di conseguenza, in questo CD, offerto suoni e fraseggi quanto mai vari, sempre presenti, mai abbandonati a sé stessi o casuali, ma in ogni momento pertinenti e al testo e ai personaggi tenorili di opere e oratori, ai quali ha prestato la voce il tenore David Hernández Anfruns. Dotato di discreti mezzi vocali, idoneo forse più a ruoli lirici che eroico-drammatici, che necessitano di un maggiore dominio dell’accento nel registro centrale e grave, il tenore barcellonese ha comunque cercato anch’egli le luci händeliane, ispirato dalla visione di Moreno, e ha trovato una sua dimensione caratteriale abbastanza convincente all’interno della complessa vocalità del Sassone, con buona pronuncia tedesca, inglese e italiana. La vocalità dei tenori händeliani, soprattutto quelli del dorato periodo londinese, con Fabri e Borosini a disposizione, era piuttosto quella di un baritenore, o tenore eroico, voce rara oggi, soprattutto se deve anche essere dotata di coloratura. Due delle sue migliori esecuzioni in questo CD sono, ad ogni modo, “Urne voi”, da “Il Trionfo del Tempo e del Disinganno”, dove il dialogo incalzante tra il ribattuto degli archi e la declamazione della voce raggiunge livelli artistici degni di nota, e la dolce aria da “La Resurrezione”, “Così la tortorella”, con un cullante basso continuo di tiorba e violoncello, mentre la voce e il flauto si raccontano con dolcezza i dolori della tortorella alla quale un rapace ha tolto la compagna.  Speriamo che seguano presto altre registrazioni: Darío Moreno e l’OBG, che hanno fermamente creduto in questo progetto tutto händeliano, mostrano di aver qualcosa da aggiungere rispetto a ciò che è stato già detto. E noi non vediamo l’ora di scoprirlo.

No comments:

Post a Comment

Note: Only a member of this blog may post a comment.