Saturday, February 15, 2014

Firenze, Maggio Musicale 2014. Puccini, Madama Butterfly.

Foto: Maggio Musicale Fiorentino
 
Massimo Crispi
 
La vicenda della farfalla collezionata e trafitta dallo yankee vagabondo che usa e getta tutto ciò che trova intorno a sé ha fatto centro anche stavolta. L’allestimento del Maggio Musicale Fiorentino, preso in prestito dal Teatro Comunale di Bologna, curato dal regista Fabio Ceresa, con scene di Giada Tiana Claudia Abiendi e funzionali e discreti costumi di Massimo Carlotto, e, soprattutto, le sapienti luci di Pamela Cantatore, ha fatto rivivere il dramma solipsistico di questa moglie-bambina orientale inizio secolo, così ben esposto da Illica e Giacosa e reso immortale dalla musica di Puccini. Le scene erano davvero essenziali ed efficaci: la casa a soffietto di Cio-Cio-San delimitata da bambù laccati, rossi come il sangue, che nel secondo atto diventavano una barriera contro l’ostile mondo esterno, dopo il ripudio familiare; il giardino semplicemente immaginato; un sistema di pedane su acqua anch’essa immaginaria; elementi scenici che si assottigliano sempre più fino a svanire completamente nell’ultimo atto, lasciando tutti i personaggi nel vuoto più assoluto, colle loro solitudini e i loro drammi personali. Momenti magici sia visivamente che musicalmente. Efficace, durante il coro a bocca chiusa, il sogno di Cio-Cio-San, che anela un impossibile ritorno del marito al letto coniugale, in un atteggiamento affettuoso che non si sarebbe mai più verificato ma che lei, ormai diciottenne vissuta per tre anni nel mito solitario della moglie americana, ormai totalmente estranea in casa propria, coccola nella sua mente infantile e avulsa dalla realtà. Bella idea registica. Bravissima Fiorenza Cedolins nel ruolo principale, con drammaticità vocale e gestuale ormai consolidate e sicure, con passaggi commoventi nella sua aria e in “Tu, piccolo Iddio”, con una maternità sofferta e conscia a poco a poco del tragico epilogo scritto nel suo karma. Peccato ogni tanto per qualche caduta d’intonazione, ma abbiamo apprezzato filati assai belli e incantati. Buon partner vocale è risultato Stefano Secco, F.B. Pinkerton, dalla chiarissima dizione e dai bei suoni, riportandoci quasi a vocalità alla Di Stefano a cui non eravamo più abituati. L’umanissimo e toccante console Sharpless di Vincenzo Taormina è stata una gradevole sorpresa, con un sapiente uso delle mezze voci e una recitazione assai chiara. L’affetto quasi paterno del console davanti alla totale cecità di Cio-Cio-San, pur dettata dall’amore incondizionato, il disprezzo per la superficialità di Pinkerton, le estreme decisioni che non spettavano a lui, ma sui cui Sharpless stesso avrebbe forse volentieri influito, erano così ben espressi come quasi mai si riesce ad apprezzare. Buona la Suzuki di Enkelejda Shkosa così come il resto del cast. Il coro del Maggio, ça va sans dire, sempre ottimo, curato da Lorenzo Fratini, ha espresso tutta l’incanto del coro a bocca chiusa, pagina che è diventata il leitmotiv sia dell’opera sia un tema sviluppato anche nella canzone commerciale italiana del XX secolo: Tornerai (1936) di Olivieri-Rastelli. Per dire quanto la musica di Puccini abbia influenzato composizioni future. Ottima la concertazione di Juraj Valciuha, che ha diretto un’orchestra in piena forma e un palcoscenico che lo ha seguito senza indugi.

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