Credit Foto Mario Finotti
Renzo Bellardone
La grande
Musica riesce sempre a ‘fregare’ anche il più incallito e duro ascoltatore.
Traviata, seppur titolo abusato ed ascoltata innumerevoli volte, riesce sempre
a commuovere: anche quando si cerca un atteggiamento distaccato, arriva poi
“l’addio al passato” e qui casca anche il più insensibile degli ascoltatori ! Cast complessivamente
buono con i vari interpreti in ruolo e da veri artisti, tutti quanti molto
semplici ed alla mano. Klara Kolonits
è risultata una Violetta decisamente interessante, con luminosità e facilità
nelle agilità, da cui traspare la solida tecnica, che fa approcciare il
personaggio con umiltà rendendolo poi con scintillante ed intensa passione! Carlotta
Vichi è indubbiamente una efficace Flora Bevoix, così come Marta Calcaterra piace in Annina sia
per vocalità che attorialità, ruolo in cui peraltro è di riferimento. Danilo Formaggia arrivato in soccorso
veramente all’ultimo minuto, causa indisposizione dei previsti interpreti,
risolve Alfredo in un crescendo di solidità e offrendo una interpretazione più
che gradevole. Alessandro Luongo man
mano che la vicenda si svolge acquista timbricità e colore, facendo si che papà
Germont abbia il peso che ha nella vicenda. Gastone e Giuseppe sono
interpretati da Blagoj Nacoski, che
vanta un curriculum di tutto rispetto e qui oltre alla prestanza fisica
esibisce un bel tono e timbricità accattivante oltre al meraviglioso golden
retriver che con lui appare all’inizio del secondo atto suscitando tutte le
simpatie del pubblico, così come al finale a ricevere gli applausi con Blagoj. Roberto Gentili, Claudio Mannino e Rocco
Cavalluzzi, hanno ben reso i loro ruoli con fermezza e caratterizzazione.
Trattandosi di
una produzione del Teatro Coccia, vale la pena (oltre che doveroso) spendere
qualche parola su gli ‘attori realizzatori’ Corinne Baroni direttrice del teatro che ama, ha creato una
sorta di anteprima ed infatti prima della rappresentazione con il direttore
musicale ed il segretario artistico, raccontano l’opera in platea; dal primo esperimento
di qualche mese fa ad oggi il pubblico presente è aumentato in modo
esponenziale a significare quanto la vicinanza con il pubblico sia pagante per
entrambe le parti. Trattandosi dell’ultima opera in cartellone di stagione la
signora Baroni è apparsa sul palco ante ouverture per ringraziare il pubblico
ed invitarlo alle produzioni future. Il teatro ha un suo pubblico e svolge
veramente il ruolo di ‘teatro di tradizione’, con una buona azione complessiva
di marketing e comunicazione di Serena
Galasso. Il direttore
musicale ed in questo caso anche direttore d’orchestra Matteo Beltrami ha diretto con consapevolezza e passione
preservando le magiche atmosfere intrise di poesie che la partitura racchiude;
attento ad ogni dettaglio vive la direzione con l’orchestra ed il palco in
simbiosi perfetta, dedicando fedeltà alla scrittura ed amore alla
realizzazione. Le Scene di
Sergio Seghettini
sono davvero eccellenti e realizzate con la semplicità quasi contemporanea
della regia. I costumi di Matteo
Zambito rispecchiano esattamente l’epoca
in cui si è riambientata la vicenda e di
grande impatto ed efficacia le luci di Ivan Pastrovicchio
che nella loro semplicità, sanno accuratamente accentuare il significato dei
vari momenti e dell’idea registica. Il coro San Gregorio Magno è
consolidato e meriterebbe una recensione a parte per le abilità interpretative
nell’assunto complessivo. Veniamo ora alla regia di Renato Bonajuto.
Questi ha riportato la narrazione verso gli anni 60, ai tempi del grande boom economico e con i primi respiri di
innovazione totale, quando germogliavano già le voglie di cambiamento, di
liberalizzazione e di superamento del perbenismo talvolta bigotto che ancora
opprimeva la nostra società, seppur non erano ancora sopiti i ‘si fa, ma non si
dice’ e soprattutto i falsi comportamenti di convenienza sociale che sempre offuscano anche
le migliori intenzioni e le migliori volontà.
Siamo a Novara, proprio sulla piazza del
Teatro ed infatti affiorano le sagome dei palazzi circostanti, del Castello
(recentemente riportato a nuova vita) e del Coccia stesso. Fin dal celebre brindisi iniziale affiorano
il libertinaggio nascosto che sta emergendo alla luce, amori diversi accettati
in ambienti ricercati ed un gran desiderio di essere se stessi ! La danza delle
zingarelle è realizzata con sapiente eleganza, evitando le danze, con un solo
accenno delle coriste in un tripudio di
colori. Viene poi la volta dei toreri ed allora ad evidenziare il costume è una
lap dance comme il faut a sinistra della scena, mentre a destra una danza
erotica con spogliarello del danzatore. Per sintesi, corro al quarto atto: la scena è
buia, completamente buia con una sola luce sul letto di Violetta che sta
vivendo le poche ore che le restano: tuttavia spera ed in una sorta di estrema
follia vede spiriti, fantasmi e rivive la sua vita con il celebre ‘Addio al
passato’. La scena è appunto popolata dai fantasmi di Annina, il medico
Grenvil, Alfredo e Giorgio Germont, tutti con lo stesso funebre abbigliamento a
simboleggiare l’evanescenza delle presenze, quando sul letto di morte si è
sempre soli! La musica diretta da Beltrami si fa dolce, non straziante, ad
interpretare quasi la scelta,
l’accettazione di una situazione resa più dolce dall’apparizione dell’amato
bene ed ecco che l’Amore, con l’A’ maiuscola riesce sempre a capire, perdonare e tutto superare. All’ultimo respiro di Violetta appare sullo
sfondo l’anima materializzata di Violetta, che già riappropriatasi di un etereo
corpo ritorna sul luogo della sua vita, in questo caso al Coccia di Novara! La Musica vince sempre!
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