Massimo Viazzo
Il motivo di maggior interesse del concerto torinese era indubbiamente quello di poter ascoltare insieme due solisti del calibro di Martha Argerich e Mischa Maisky. L’esecuzione (première italiana) del Doppio concerto “Romantic Offering” di Rodion Shchedrin, un lavoro densamente eclettico con richiami allo stile toccatistico bartókiano (pianoforte) e intriso di una sofferta cantabilità più autoctona (violoncello) ha evidenziato la digitalità precisissima e scattante della pianista argentina e la calda e viscerale comunicativa del violoncellista lettone. Un che di rapsodico, quasi estemporaneo, viziava, invece, la resa della Sonata in la maggiore di César Franck. Il capolavoro cameristico, qui nell’adattamento per violoncello e pianoforte (che, a parere personale, sembra essere più una “appropriazione indebita” che altro, in quanto risulta indubbiamente squilibrato verso il registro grave rispetto all’originale per violino e pianoforte), mancava di quell’eleganza di linea, di quella ricercatezza timbrica, di quell’afflato sgorgante da grandi arcate espressive, così ad esso peculiari. I due solisti puntavano, invece, su una decisa frammentazione del dettato musicale (troppi rubati!) che solo episodicamente dava vita a momenti più seducenti. Maisky, inoltre, per tutta la sera lottava con un’intonazione non proprio immacolata, mentre nel pianismo infuocato della Argerich latitava una più meditata attenzione ai respiri. Alterna anche la prova della Luzerner Sinfonieorchester diretta da Neeme Järvi, scomposta ed impacciata nello Scherzo capriccioso di Antonin Dvořák, più a suo agio, sia tecnicamente che dal punto di vista interpretativo, nella Nona Sinfonia di Šostakovič, di cui dava un’esecuzione essenziale, tagliente, sarcastica. Un concerto tutto sommato interlocutorio in attesa della grande serata bachiana del 22 marzo nella quale l’Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone eseguirà l’attesa integrale dei Concerti Brandeburghesi.
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