Foto: Teatro Coccia di Novara
Renzo Bellardone
Mentire è possibile nella vita, ma
in teatro molto meno e con l’Opera lirica non si può proprio! Il Coccia di
Novara, senza presunzione alcuna sta navigando a vele spiegate verso traguardi
importanti ed anche nella selezione delle opere e dei progetti punta alla
ricercatezza qualitativa. L’opera in questione è senza alcun dubbio una delle
opere che mi divertono di più ed in cui apprezzo il “geniaccio” di Puccini che
anche tra le uniche risate che provoca con le sue opere, riesce a creare dei momenti di commozione. Il 14 dicembre 1918 il Metropolitan di New York
vede la prima rappresentazione assoluta del Gianni Schicchi, unica opera comica
(ma comica proprio tanto) del vanto italiano,
Giacomo Puccini. Il 14 dicembre 2018 l’anniversario viene ovviamente
celebrato a Torre del lago Puccini ed alle ore 20 anche al visionario teatro Coccia di Novara: la direttrice Corinne Baroni con il direttore
musicale Matteo Beltrami, il regista
Davide Garattini Raimondi, il Segreterio artistico/Casting manager Renato Bonajuto e la piacevole
intrusione di Enrico Beruschi, tutti insieme hanno presentato l’opera in modo
colloquiale e raccontando alcuni particolari circa la messa in scena. Gli interpreti sono il risultato di una accurata
selezione d’Accademia, infatti su ottanta
iscritti, vengono scelti una cinquantina
ed alla fine ammessi al palco sono una ventina. Anche il giovane direttore, Nicolò Davide Suppa, proveniente dal Conservatorio Verdi di Milano
è il frutto dell’Accademia: con bel gesto ampio e misurato, senza protagonismi
o facili gestualità spettacolari ha diretto con passione e serietà, riuscendo a
coinvolgere gli orchestrali con sicurezza e buona intesa. La regia di Davide Garattini Raimondi,
presenta molti spunti interessanti, di discussione e di innovata ricerca. La
narrazione viene ambientata direttamente sul palco del Coccia, senza fondali e
quinte, divenendo il palco stesso l’abitazione di Buoso Donati, che in questa
interpretazione non muore (nonostante diverse casse da morto in scena), ma
soggiace alla morte dell’intelletto, ovvero impazzisce; il ruolo di Buoso è
affidato a Paolo Lavana che da
ottimo attore mima il ruolo con impressionante verismo. Sempre a proposito di
regia è interessante la scelta di aprire l’opera con la Sinfonia ‘Crisantemi’
di Puccini, superando la filologicità con una opportuna scelta che ha
consentito di vedere da subito gli interpreti in scena a mimare quanto stava
per accadere ed iniziando a lasciare gli abiti consueti per indossare quelli
dei personaggi del 1299, in un abile
gioco di costumi ideati estrosamente da Silvia
Lumes.
Dalla barcaccia di sinistra dal palco, un signore distinto con una giovane
fanciulla osservano quanto sta accadendo e si scoprirà che i due altri non
erano che Gianni Schicchi e la figliola Lauretta. Le
scene di Lorenzo Mazzoletti si
limitano efficacemente a casse, entro le quali verrà cercato il testamento di
Buoso e da cui spunteranno palloncini rossi a contrastare la presenza delle
bare, peraltro illuminate con giochi di luci ben calibrate di Ivan Pastrovicchio. Si sa, il libretto di Giovacchino Forzano è arguto e brillante come lo
Schicchi e racconta l’eterno volersi appropriare di quello che non spetta di
diritto o per acquisizione, ma con l’inganno e l’arguzia tendenziosa. Venendo agli interpreti è interessante sia per timbro non troppo acuto,
anzi morbido, ma ben solido e con acuti belli del tenore Mauro Secci nel ruolo di Rinuccio che nella romanza Firenze è come un albero fiorito esprime tutto il sentimento che ha nel
cuore. Secci risulta interessante anche
nei duetti Addio speranza bella…forse ci
sposeremo per il Calendimaggio, con Eleonora
Tess, giovane soprano promessa del bel canto che dolcemente interpreta
Lauretta e in O mio babbino caro raggiunge l’emozione con buona estensione
vocale, espressività e colore gradevole; piacevole anche in scena
sul’altalena e poi in simbiosi con papà
Gianni e amorevolmente con Rinuccio. Un personaggio che mi colpisce sempre
molto è Zita, terribile ed avida che come gli altri resterà scornata grazie
all’astuto Schicchi: Nikolina Janevska è una buona Zita, ben addentrata nel ruolo
cui imprime forza grazie ad un timbro importante ed un bel colore che aiuta la
vigoria del personaggio. Giuseppe di
Giacinto interpreta elegantemente Gherardo con vocalità che riesce gradita.
Nel ruolo di Nella si cimenta con successo Claudia
Urru, mentre Matteo Pilia è
l’agile ed un po’ sfrontatello Gherardino. Mario
Tathouh è interessante Betto e Vsevolod
Ischenco interpeta Simone con voce profonda, entrambi ben in ruolo, come Fabio la Mattina in Marco. Altro
personaggio di rilievo è la Ciesca che ben interpreta Angela Schisano la quale espone un bel colore e sicurezza
espressiva. Davide Rocca ha il
doppio ruolo di Spinelloccio e Amantio cui imprime buona comicità con
espressione vocale interessante. Filippo
Rotondo è Guccio e Yang Guo è
Pinellino: entrambi hanno un ruolo di durata breve, ma ciò nonostante son
riusciti entrambi a ritagliarsi il giusto spazio per far notare le loro buone
qualità. Nel ruolo del titolo un interprete affermato, ovvero il baritono Federico Longhi il quale ben avvezzo al
palcoscenico affronta Gianni Schicchi con possanza e sicurezza sia vocale che
attoriale; voce ben timbrata e modulata fa risaltare i vari momenti, come quando in
una sorta di falsetto baritonale imita la voce di Buoso. Longhi affronta Addio Firenze con bel colore e tono
accorato e diverte quando minaccia di amputazione
ed esilio i traditori o quando depaupera gli eredi della Mula di Signa e tutto il resto! Ancora una nota alla messa in scena è necessaria per la lettura registica
quando Schicchi inizia il travestimento in Buoso ed a simboleggiare il cambio
d’abito in ombra cinese scendono appendini ed abiti dall’alto e quando Firenze è d’oro scendono mille luccichii
dorati! Il finale è esilarante: Federico Longhi si appropinqua ad una bara in
verticale e ci entra, per declamare la celebre Ditemi voi, signori,/ se i quattrini di Buoso/potevan finir meglio di
così!/ Per questa bizzarria/ m’han cacciato all’inferno …e così sia;/ ma, con
licenza del gran padre Dante,/ se stasera vi siete divertiti,/ concedetemi voi…(fa
il gesto di applaudire)/ l’attenuante! (Si
inchina graziosamente) La Musica vince sempre.
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