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Claudia Marchi - Azucena |
Foto: Silvia Grillanda
Athos Tromboni
FERRARA - Basta il cortile del Castello Estense
per fare scenografia: così la regista Maria Cristina Osti ha pensato di non
allestire nulla se non il palco di fronte all'orchestra e una passerella
perimetrale con un giro a tornante intorno al grande pozzo rinascimentale, per
la messa in scena di Il trovatore di Giuseppe Verdi, opera che ha completato
(con La traviata della settimna precedente)
il dittico "Lirica in Castello 2016". La Osti ha adoperato
come luogo della recita (favorita dalle stupende luci gestite dai tecnici del
Teatro Comunale Abbado) anche lo scalone a spirale che sale dal cortile alla
Sala degli Stemmi e il loggiato del cortile sulla cui parete di fondo venivano
proiettate le ombre cinesi dei protagonisti in azione fuori scena, quando la
scena chiamava a cantare o il solista o il duetto. Anche la piazza d'armi, dove
sedeva un pubblico strabocchevole, 450 spettatori, è servita alla regista per
animare la messinscena, in modo che l'opera verdiana potrebbe parafrasarsi come
Il trovatore tra la gente. «Terra aria acqua e fuoco - ha scritto la Osti nel
programma di sala - sono i quattro elementi che caratterizzano la struttura
dell'opera di Giuseppe Verdi. Ma è sul fuoco che è luce, energia che penetra e
anima, che si è voluta incentrare l'attenzione dello spettacolo.» E siccome Azucena compare in scena cantando Stride
la vampa e Manrico nella famosa cabaletta del Do di petto esclama a tutti
polmoni Di quella pira l'orrendo foco empi spegnetela l'intuizione registica è
coerente con le aspettative di Verdi e del suo librettista Salvatore Cammarano.
Non a caso Azucena vien sempre affiancata o comunque doppiata e mimata, durante
la recita, dalla sua anima-ombra, la stupenda ballerina Michela Franceschini,
vestita di vaporose sete rosse, agitate al vento come una lingua di fuoco
"che s'alza, che s'alza al ciel!". Poi vi è un elemento scenico
fondamentale, dove tutti i protagonisti vanno a cantare le loro arie: il pozzo
grande, diventato epicentro del dramma, con la sua balaustra di marmo e la
griglia che copre l'invaso, una scenografia naturale fra catene a carrucole che
scendono dallo stangone ad arco, certamente un luogo deputato a suscitare
suggestione al pari della musica e del canto. I costumi quattro-cinquecenteschi
e i figuranti della Contrada di San Paolo con il loro gonfalone, nonché lo
staff del maestro d'armi Cristian Corso con i duelli svolti nel cortile o sul
palco, hanno contribuito a rendere effettivamente credibile la messinscena, un
quasi "nelle ore e nei luoghi" (per dirla con uno slogan reso famoso
dalle produzioni filmiche di Andrea Anderman) In buca suonava l'Orchestra Città
di Ferrara sotto la guida di Aldo Salvagno. Una bella prestazione dell'Ocf, che
si avvia sempre più alla specializzazione nel repertorio operistico, senza
trascurare il sinfonismo per il quale era essenzialmente nata come Associazione
Sympàtheia nel 1992. In particolare Salvagno è riuscito a infondere i colori
verdiani all'esecuzione, ritmi sostenuti ma non chiassoni, levità delle
atmosfere liriche soprattutto nei momenti più estatici (esempio, durante l'aria
del baritono Il balen del suo sorriso) o più celestiali (esempio, il Miserere eseguito
benissimo dal Coro Giuseppe Verdi preparato da Mirko Banzato). Il cast non ha
deluso: Sara Daldoss Rossi è stata una brava Leonora, sicura di sé, emissione
rotonda, un soprano lirico dalla voce corposa e - seppur non estesissima in
acuto - ha bel timbro, fraseggio sicuro e credibile vis drammatica. Il tenore
era Francesco Medda (Manrico) onorevolmente impegnato nella parte; non ha
"spopolato" nella romanza che si conclude con la cabaletta della Pira
tanto che gli applausi tributati ci sono sembrati più di stima che di
ammirazione. Il mezzosoprano Claudia Marchi (Azucena) è stata il vero
"fuoco" vitalizzante della serata: ottima attrice, la sua voce è
brunita e intonata, ed è potente quanto basta per la parte, qualità che le
hanno fruttato il consenso convinto e caloroso del pubblico. Andrea Zese (Conte
di Luna) se l'è cavata con il mestiere di lungo corso e la professionalità; ma
non ci ha particolarmente coinvolti; prodigo comunque il folto pubblico di
applausi al suo apparire sul proscenio a fine recita. Molto brava Francesca
Cucuzza nel ruolo di Ines e grande prestazione del basso Cesare Lana nelle
vesti di Ferrando. Completavano il cast Matteo Roma (Ruiz), Luca Marcheselli (un vecchio zingaro) e Stefano Nardo (Un messo). Serata estiva piacevole, senza canicola, giustamente suggellata dall'entusiamo del pubblico per la "Lirica in Castello".
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Sara Daldoss Rossi (Leonora) Andrea Zese (Conte di Luna) |
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