Basso Lorenzo Regazzo
Direttore Rinaldo Alessandrini CD Naive 2009, OP30472
Roberta Pedrotti
Dopo un fortunato recital dedicato alle arie vivaldiane per voce grave, Lorenzo Regazzo e Rinaldo Alessandrini tornano a proporre per la Naive una monografia, questa volta haendeliana. Ideale trait d’union con la precedente incisione è la scelta d’esordio del CD, il Cosroe di Siroe, di cui ascoltiamo dopo la risoluta Se il mio paterno amore l’altamente patetica Gelido in ogni vena, omonima e affine di una delle più belle pagine presentate nella raccolta vivaldiana. Il diverso sviluppo di un affetto assai simile, distillato in dolenti arcate e annichiliti legati dal veneziano, più drammatico e agìto per il sassone, offre a Regazzo un’ottima occasione per far valere le sue doti d’interprete, esaltate in questo repertorio. Un altro saggio di teatro barocco è offerto dall’estratto da Agrippina, con le due arie (arietta, propriamente, la seconda) Pur ritorno a rimirarvi e Vieni, o cara e un ampio recitativo in cui il Claudio di Regazzo si confronta con la Poppea di Gemma Bertagnolli. Lo spirito di commedia che si respira in questa scena di seduzione come in altre pagine dell’Agrippina (creata nella stessa Venezia che pressappoco un secolo prima aveva dato i natali all’Incoronazione di Poppea) non cede alle tentazioni farsesche ben presenti quando una giovane bella e scaltra solletica le velleità erotiche di un potente di qualche anno più grande. Al contrario, gli interpreti ne fanno un autentico momento di teatro; i personaggi vivono di sorprendente verità e la tensione fra il gioco della calcolata seduzione e il rischio d’una finzione che rischia di spingersi troppo in là. Come la Bertagnolli non si comporta da soubrette, così Regazzo non accetta, infatti, la caricatura dell’imperatore pavido e dell’amante tardivo, ma ne rende le pulsioni e i fremiti con virilità matura e sincera.
Re e imperatori come Cosroe e Claudio, divinità come Apollo, maghi/pedagoghi come Zoroastro o Melisso, confidenti come Leone, servi come Elviro o ancora un amante disincantato e deluso come quello della cantata Della guerra amorosa confermano la duttilità e l’intelligenza del fraseggio di Regazzo, forte di una consapevolezza della profondità psicologica dell’opera haendeliana ben espressa in una breve riflessione accolta nel libretto che accompagna il CD. Là dove si comprenda che le variazioni e i Da capo non sono meri pretesti d’esibizione atletica, ma occasioni d’introspezione, analisi ed espressione dell’animo umano, s’intenderanno le colorature, come in questo caso, come parte del discorso e moti della psiche sempre significativi. Così tutti i passaggi vocalizzati sono affrontati con rara naturalezza e ammirevole souplesse; non capita spesso, per esempio, di ascoltare la bella Amor da guerra e pace cantata e interpretata con la disinvoltura virtuosistica, la timbratura e il senso della parola che in questo disco propone Regazzo; Leone è personaggio secondario nell’economia del Tamerlano e sono altri i personaggi che, nel metterlo in scena, turbano i sonni dei direttori artistici ma non bisogna dimenticare che ne fu creatore quel Giovanni Maria Boschi per il quale Handel scrisse, tra l’altro, forse la sua aria più celebre per voce grave: Sibilar gl’angui d’Aletto. Non ci sembra un caso, peraltro, che la pagina resa celebre con la sua collocazione nel Rinaldo non sia presente in questo CD, che offre piuttosto un ragionato percorso di scoperta del linguaggio haendeliano attraverso figure d’interpreti non meno importanti di quelle dei divi castrati e delle primedonne, per cui nella storia della musica Boschi e Antonio Montagnana dividono gli onori con il Senesino, la Cuzzoni o la Durastanti. Più interessante, allora, ascoltare le due arie dal Siroe, l’unica opera nella quale Handel affidò assoli patetici e lenti a Boschi.
Resta da dire, e non è poco, dell’ottima valorizzazione della scrittura strumentale di Handel dovuta al Concerto Italiano e a Rinaldo Alessandrini, abile nello sbalzare colori e dinamiche e soprattutto in perfetta sintonia e comunione d’intenti con il basso. Più che un semplice accompagnamento, una vera simbiosi musicale, per la quale anche le due ouverture (di Siroe e Alcina) si fanno elemento non meno fondamentale d’un discorso articolato ma unitario.
Le note, firmate oltre che da Regazzo da Olivier Rouvière, sono interessanti e ben scritte, peccato che nessuno abbia pensato, con artisti italiani e un programma interamente cantato nella lingua di Dante e Metastasio, a proporle in altra lingua oltre all’inglese e al francese. Eccellente l’incisione.
Dopo un fortunato recital dedicato alle arie vivaldiane per voce grave, Lorenzo Regazzo e Rinaldo Alessandrini tornano a proporre per la Naive una monografia, questa volta haendeliana. Ideale trait d’union con la precedente incisione è la scelta d’esordio del CD, il Cosroe di Siroe, di cui ascoltiamo dopo la risoluta Se il mio paterno amore l’altamente patetica Gelido in ogni vena, omonima e affine di una delle più belle pagine presentate nella raccolta vivaldiana. Il diverso sviluppo di un affetto assai simile, distillato in dolenti arcate e annichiliti legati dal veneziano, più drammatico e agìto per il sassone, offre a Regazzo un’ottima occasione per far valere le sue doti d’interprete, esaltate in questo repertorio. Un altro saggio di teatro barocco è offerto dall’estratto da Agrippina, con le due arie (arietta, propriamente, la seconda) Pur ritorno a rimirarvi e Vieni, o cara e un ampio recitativo in cui il Claudio di Regazzo si confronta con la Poppea di Gemma Bertagnolli. Lo spirito di commedia che si respira in questa scena di seduzione come in altre pagine dell’Agrippina (creata nella stessa Venezia che pressappoco un secolo prima aveva dato i natali all’Incoronazione di Poppea) non cede alle tentazioni farsesche ben presenti quando una giovane bella e scaltra solletica le velleità erotiche di un potente di qualche anno più grande. Al contrario, gli interpreti ne fanno un autentico momento di teatro; i personaggi vivono di sorprendente verità e la tensione fra il gioco della calcolata seduzione e il rischio d’una finzione che rischia di spingersi troppo in là. Come la Bertagnolli non si comporta da soubrette, così Regazzo non accetta, infatti, la caricatura dell’imperatore pavido e dell’amante tardivo, ma ne rende le pulsioni e i fremiti con virilità matura e sincera.
Re e imperatori come Cosroe e Claudio, divinità come Apollo, maghi/pedagoghi come Zoroastro o Melisso, confidenti come Leone, servi come Elviro o ancora un amante disincantato e deluso come quello della cantata Della guerra amorosa confermano la duttilità e l’intelligenza del fraseggio di Regazzo, forte di una consapevolezza della profondità psicologica dell’opera haendeliana ben espressa in una breve riflessione accolta nel libretto che accompagna il CD. Là dove si comprenda che le variazioni e i Da capo non sono meri pretesti d’esibizione atletica, ma occasioni d’introspezione, analisi ed espressione dell’animo umano, s’intenderanno le colorature, come in questo caso, come parte del discorso e moti della psiche sempre significativi. Così tutti i passaggi vocalizzati sono affrontati con rara naturalezza e ammirevole souplesse; non capita spesso, per esempio, di ascoltare la bella Amor da guerra e pace cantata e interpretata con la disinvoltura virtuosistica, la timbratura e il senso della parola che in questo disco propone Regazzo; Leone è personaggio secondario nell’economia del Tamerlano e sono altri i personaggi che, nel metterlo in scena, turbano i sonni dei direttori artistici ma non bisogna dimenticare che ne fu creatore quel Giovanni Maria Boschi per il quale Handel scrisse, tra l’altro, forse la sua aria più celebre per voce grave: Sibilar gl’angui d’Aletto. Non ci sembra un caso, peraltro, che la pagina resa celebre con la sua collocazione nel Rinaldo non sia presente in questo CD, che offre piuttosto un ragionato percorso di scoperta del linguaggio haendeliano attraverso figure d’interpreti non meno importanti di quelle dei divi castrati e delle primedonne, per cui nella storia della musica Boschi e Antonio Montagnana dividono gli onori con il Senesino, la Cuzzoni o la Durastanti. Più interessante, allora, ascoltare le due arie dal Siroe, l’unica opera nella quale Handel affidò assoli patetici e lenti a Boschi.
Resta da dire, e non è poco, dell’ottima valorizzazione della scrittura strumentale di Handel dovuta al Concerto Italiano e a Rinaldo Alessandrini, abile nello sbalzare colori e dinamiche e soprattutto in perfetta sintonia e comunione d’intenti con il basso. Più che un semplice accompagnamento, una vera simbiosi musicale, per la quale anche le due ouverture (di Siroe e Alcina) si fanno elemento non meno fondamentale d’un discorso articolato ma unitario.
Le note, firmate oltre che da Regazzo da Olivier Rouvière, sono interessanti e ben scritte, peccato che nessuno abbia pensato, con artisti italiani e un programma interamente cantato nella lingua di Dante e Metastasio, a proporle in altra lingua oltre all’inglese e al francese. Eccellente l’incisione.
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