Argippo
Mrackova Fucikova, Stepnickova,
Binova-Koucka, Sojkova, Kapl
Direttore Ondrej Macek
Venezia, 2008
2 CD Dynamic, CDS 626/1-2, 2009
Direttore Ondrej Macek
Venezia, 2008
2 CD Dynamic, CDS 626/1-2, 2009
Roberta Pedrotti
Opera curiosa, l’Argippo di Vivaldi; composta per il teatro Sporck di Praga, dove debuttò nel 1730, è stata considerata perduta per quasi tre secoli, ovvero fino a quando il ceco Ondrej Macek non ha rinvenuto il manoscritto con buona parte delle arie dell’opera. Il musicologo, direttore d’orchestra e cembalista ha allora provveduto ad approntare un’edizione che consentisse la messa in scena dell’opera integrando le arie mancanti con altri brani vivaldiani coevi e adattabili al testo per carattere e struttura metrica e componendo ex novo i recitativi. Così Argippo è tornato a calcare le tavole del palcoscenico, prima nella natìa Praga e poi nella Venezia del suo autore. Si è rivelata opera drammaturgicamente originale, lontana dall’immagine dell’opera seria settecentesca quale il rigore metastasiano ci ha restituito, erede piuttosto della più eclettica tradizione veneziana, cui parimenti si discosta scegliendo un’unità di linguaggio più elevata. La vicenda, infatti, non è né storica né mitologica, ma è sostanzialmente un dramma sentimentale – e carnale – borghese piuttosto intricato se non sorprendente, soprattutto ad uno sguardo moderno, per la leggerezza con cui sono risolte le situazioni più scabrose. Si parte, cioè, se non da uno stupro vero e proprio, da un inganno ordito per estorcere un rapporto sessuale: Zanaida ama riamata Argippo, ma questi deve lasciare la corte del padre di lei, Tisifaro, per raggiungere il proprio regno. Silvero, amante sprezzato della principessa si spaccia nell’oscurità per il rivale favorito e le chiede, prima della partenza, una notte d’amore. Così Zanaida attende Argippo in attesa di un promesso matrimonio riparatore, ma lo vede rientrare, ignaro di tutto, accompagnato dalla sua nuova fiamma, Osira, che ha sposato in patria. Gelosie e onore rischiano di sfociare la tragedia, ma il disvelamento della verità porta, con il perdono di Silvero, alla serena pacificazione e alla composizione di due felici coppie reali: Argippo con Osira e Zanaida con Silvero. La musica, è prevedibile, è tutta d’alta qualità, il tono adeguato all’ambiente cortigiano e alla nobiltà dei personaggi, tutti principi e sovrani senza confidenti né tantomeno servitori di carattere, ma mai troppo aulico e tragicamente sproporzionato all’entità dei fatti rappresentati. Nel fascicolo che accompagna il Cd, peraltro agile ma esauriente con il libretto completo e le note di Danilo Prefumo, avremmo solo gradito la distinzione fra le arie originariamente composte per Argippo e quelle d’altra provenienza inserite da Macek, con la specificazione per queste ultime della fonte e dell’anno. Si sa, comunque, che il mondo degli studiosi vivaldiani è particolarmente vivace e agguerrito e siamo certi che anche su quest’opera non mancheranno diverse proposte critiche. Di questa registrazione, in ogni caso, quel che emerge e che colpisce è l’immensa passione con cui è stata realizzata. Poco importa se il cast non è composto da impeccabili virtuosi e se la pronuncia italiana non è sempre da madrelingua; alla fine l’esecuzione è convinta e convincente proprio per lo slancio e la partecipazione che sia avvertono in ogni istante. Basti poi osservare il cofanetto e notare che fra gli sponsor spicca, accanto al gruppo finanziario Middle Europe Investments e all’italiana Associazione Festival Galuppi, il birrificio cecoslovacco Eggenberg per capire quanto l’operazione culturale sia stata profondamente sentita in patria. Un esempio cui dovrebbero guardare molti in Italia. Un disco, dunque, che non potrà essere ignorato dagli amanti del barocco, ma che rappresenta anche un atto d’amore per tutta la musica e l’arte.
Opera curiosa, l’Argippo di Vivaldi; composta per il teatro Sporck di Praga, dove debuttò nel 1730, è stata considerata perduta per quasi tre secoli, ovvero fino a quando il ceco Ondrej Macek non ha rinvenuto il manoscritto con buona parte delle arie dell’opera. Il musicologo, direttore d’orchestra e cembalista ha allora provveduto ad approntare un’edizione che consentisse la messa in scena dell’opera integrando le arie mancanti con altri brani vivaldiani coevi e adattabili al testo per carattere e struttura metrica e componendo ex novo i recitativi. Così Argippo è tornato a calcare le tavole del palcoscenico, prima nella natìa Praga e poi nella Venezia del suo autore. Si è rivelata opera drammaturgicamente originale, lontana dall’immagine dell’opera seria settecentesca quale il rigore metastasiano ci ha restituito, erede piuttosto della più eclettica tradizione veneziana, cui parimenti si discosta scegliendo un’unità di linguaggio più elevata. La vicenda, infatti, non è né storica né mitologica, ma è sostanzialmente un dramma sentimentale – e carnale – borghese piuttosto intricato se non sorprendente, soprattutto ad uno sguardo moderno, per la leggerezza con cui sono risolte le situazioni più scabrose. Si parte, cioè, se non da uno stupro vero e proprio, da un inganno ordito per estorcere un rapporto sessuale: Zanaida ama riamata Argippo, ma questi deve lasciare la corte del padre di lei, Tisifaro, per raggiungere il proprio regno. Silvero, amante sprezzato della principessa si spaccia nell’oscurità per il rivale favorito e le chiede, prima della partenza, una notte d’amore. Così Zanaida attende Argippo in attesa di un promesso matrimonio riparatore, ma lo vede rientrare, ignaro di tutto, accompagnato dalla sua nuova fiamma, Osira, che ha sposato in patria. Gelosie e onore rischiano di sfociare la tragedia, ma il disvelamento della verità porta, con il perdono di Silvero, alla serena pacificazione e alla composizione di due felici coppie reali: Argippo con Osira e Zanaida con Silvero. La musica, è prevedibile, è tutta d’alta qualità, il tono adeguato all’ambiente cortigiano e alla nobiltà dei personaggi, tutti principi e sovrani senza confidenti né tantomeno servitori di carattere, ma mai troppo aulico e tragicamente sproporzionato all’entità dei fatti rappresentati. Nel fascicolo che accompagna il Cd, peraltro agile ma esauriente con il libretto completo e le note di Danilo Prefumo, avremmo solo gradito la distinzione fra le arie originariamente composte per Argippo e quelle d’altra provenienza inserite da Macek, con la specificazione per queste ultime della fonte e dell’anno. Si sa, comunque, che il mondo degli studiosi vivaldiani è particolarmente vivace e agguerrito e siamo certi che anche su quest’opera non mancheranno diverse proposte critiche. Di questa registrazione, in ogni caso, quel che emerge e che colpisce è l’immensa passione con cui è stata realizzata. Poco importa se il cast non è composto da impeccabili virtuosi e se la pronuncia italiana non è sempre da madrelingua; alla fine l’esecuzione è convinta e convincente proprio per lo slancio e la partecipazione che sia avvertono in ogni istante. Basti poi osservare il cofanetto e notare che fra gli sponsor spicca, accanto al gruppo finanziario Middle Europe Investments e all’italiana Associazione Festival Galuppi, il birrificio cecoslovacco Eggenberg per capire quanto l’operazione culturale sia stata profondamente sentita in patria. Un esempio cui dovrebbero guardare molti in Italia. Un disco, dunque, che non potrà essere ignorato dagli amanti del barocco, ma che rappresenta anche un atto d’amore per tutta la musica e l’arte.
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