Foto: Teatro Sociale di Bergamo
Renzo Bellardone
Per gli appassionati di una qualsivoglia arte o
disciplina risulta sempre
gratificante scoprire nuovi
aspetti e nuova luce sull’argomento che loro interessa. Il Donizetti Opera
Festival compie la brillante opera di riproporre opere non conosciute al pubblico
contemporaneo, che dopo una quasi
irreale passeggiata a Bergamo Alta entra nell’unicum del Teatro Sociale
e gode delle scoperte. Decisamente interessante risulta la proposta della Fondazione Donizetti 2017 ‘Dittico’ che inizia con ‘Che Originali’ ovvero una Farsa per musica di
Giovanni Simone Mayr, uno dei maggiori
operisti in Europa tra la fine del Settecento e l’inizio dell'Ottocento il
quale durante la sua attività in Italia,
fu maestro di Gaetano Donizetti in quel di Bergamo. La narrazione racconta di Don Febeo, dilettante appassionato di
musica, che a causa della sua passione fa letteralmente impazzire chi lo
frequenta , complicando loro la vita.
Nella rappresentazione bergamasca
la regia di Roberto Catalano
è vivace e brillante e mantiene la caratterizzazione della classica farsa; i
costumi di Ilaria Ariemme si rifanno a sprazzi alla commedia dell’arte,
mentre le scene di Emanuele Sinisi
rimandano alla contemporaneità ed al futuro: contemporaneità quando il fondale
è una tela tagliata con evidente richiamo alle opere di Fontana, mentre quando,
caduto il fondale, la scena si apre sull’allestimento dell’opera successiva
‘Pigmalione’ si viene a creare una sorta di filo conduttore tra le arti in
questione, prima la musica e poi la scultura, in una sorta di omaggio
all’avanguardia artistica americana della seconda metà del Novecento appena
trascorso. Ritornando a ‘Che Originali’ di Mayr un commento positivo va al direttore Gianluca Capuano ed all’Orchestra
dell’Accademia della Scala che sanno mantenere il sapore dell’epoca della
scrittura. Venendo agli artisti il
protagonista Don Febeo incontra Bruno de
Simone ben avvezzo ai ruoli brillanti ed in effetti sa esprimere un bel
colore ed una certa incisività. Chiara
Amarù mezzosoprano frequentatrice di Rossini sa rendere con vivacità e
brillantezza Aristea, ‘Chi dice mal
d’amore’ ed è subito piacevolezza. Leonardo
Cortellazzi interpreta Don Carolino, ma in effetti ricopre ben più di un
ruolo a causa dei continui travestimenti: voce piacevole dai toni sicuri con
fraseggio accurato ed allegra presenza scenica (recentemente apprezzato alla
Scala in ‘Il Trionfo del tempo e del disinganno). Angela Nisi giovane soprano pugliese ha carisma ed anche un bel
timbro, con facilità alle repentine variazioni tonali.
Omar Montanari affermato baritono si muove con estrema spigliatezza
ed il bel colore della voce fa apprezzare in pieno il ruolo. Gioia Crepaldi interpreta
Celestina ‘ Marito mi chiede..’ , mentre
Pietro di Bianco veste i panni di
Carluccio: entrambi risultano a loro completo agio sul palco e convincono il
pubblico per l’espressione vocale. La seconda parte della proposta prevede ‘Pigmalione’ di Gaetano
Donizzetti, quasi un’opera studio, considerando che al momento della
composizione l’autore non aveva ancora vent’anni; in ogni caso sia l’argomento
che la partitura mi sono apparse molto contemporanee: i dilemmi e le manie dei
nostri giorni, le situazioni tunnel da cui non
si sa più come uscirne, trovano in quest’opera di nemmeno 40 minuti ,
uno specchio irrinunciabile. Antonino
Siragusa, da conclamato mattatore
qual’ è tiene il palco da solo per quasi tutto lo spettacolo senza cedimenti
interpretativi e vocali. Il tenore ha l’abilità di rappresentare con il
confermato ottimo utilizzo vocale e con estrema realtà tutte le titubanze e paure
del personaggio; Siragusa conferma
l’utilizzo molto espressivo della voce, che emette con sicurezza
nonostante la situazione di estrema difficoltà. La protagonista femminile
Galatea è interpretata da Aya Wakizono, già apprezzata nella piccolissima parte
nel ‘Borgomastro di Saardam’ (cartellone 2017 Donizetti Opera Festival); anche
in questo caso canta poco, ma riesce a farsi apprezzare per la brillantezza e
cristallinità offerte.
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