Foto Prensa Teatro Colón / Máximo Parpagnoli
Gustavo Gabriel Otero
Questo dicempre sembra essere il mese di Andrea Chenier con ben sette produzioni diverse in giro per il mondo a condurre alla ghigliottina lo sfortunato poeta e Maddalena di Coigny a Praga, Oviedo, Monaco, Kassel, Budapest, in apertura della stagione della Scala di Milano e in chiusura di quella del Teatro Colón di Buenos Aires. La genesi di questa nuova produzione del Colón ha sofferto una catena sorpendente di cancellazioni e infortuni. Alla rinuncia degli interpreti principali previsti er le recite in abbonamento si è aggiunto l'intempestivo abbandono - a ventiquattro giorni dalla prima - della regista, la cineasta Lucrecia Martel, e dei suoi collaboratori. Nelle due recite straordinarie previste per sabato 9 e martedì 12 dicembre si sono rispettati tanto la direzione musicale quanto il cast annunciati, il che ha determinato un maggior interesse rispetto alla martoriata locandina delle recite abbonamento e il risultato non ha deluso e, anzi, ha superato le aspettative. Gustavo López Manzitti ha offerto un Andrea Chenier al quale non è mancata alcuna nota della tessitura. Intenso e coinvolto fin dal principio, il suo Improvviso ha dato prova della ualità vocale e della costante crescita artistica del tenore argentino. Credibile ed eroico nel secondo atto, si è amalgamato alla perfezione con il soprano, elettrizando poi con "Sì, fui soldato" nel terzo. Nel quarto ha delineato con fraseggio accurato, acuto brillante e intenzioni impeccabili "Come un bel dì di maggio" per poi far espandere nuovamente intensità drammatica e passione nel duetto finale. Daniela Tabernig è un soprano di belle qualità liriche che osa di più e che in questa occasione non solo non ha deluso, ma ha brillato in un ruolo difficile e intenso, che affrontava per la prima volta. Nel primo atto il suo lirismo si è prestato in maniera eccellente a delineare la giovane ingenua e un poco sognatrice Maddalena. Nel secondo si è imposta per la sua grande presenza scenica e una purissima linea di canto; il suo ingresso come donna provata dalle traversie causate dalla Rivoluzione e dalle sue conseguenze ha dimostrato che può, anche, brillare nei ruoli drammatici. Ha dominato nel duetto con Chénier per la cavata potente e l'espressività immacolata.
Nel terzo e nel quarto, quando il personaggio si evolve in una donna senza timori, disposta a tutto per il suo grande amore, Tabernig ha mostrato, senza dubbio, il suo valore e la costante evoluzione tecnica, Nell'aria "La mamma morta" ha gestito con intelligenza drammatica il vibrato e gli accenti, ponendo in ogni frase una profondità espressiva che ha convinto e commosso. Infine, si è unita a meraviglia con Chénier per un duetto pieno di travolgente passione in cui entrambi i cantanti non si sono risparmiati e hanno toccato il cuore del pubblico. Leonardo Estévez è stato un Carlo Gérard molto convincente, che ha amministrato con efficacia i suoi mezzi per un risultato altamente encomiabile. Si è presentato con espressività e buon gusto. Nel secondo atto ha saputo distinguersi nel difficile concertato e nel terzo è stato vibrante nell'arringa "Lacrime e sangue", espressivo e vigoroso in "Nemico della Patria", profondamente coinvolto nel resto dell'opera. Emozionante Alejandra Malvino con il rifinito sentimento che ha conferito alla vecchia Madelon, ben sviluppata nel canto e nella recitazione la Bersi di María Luján Mirabelli, un piccolo lusso il veterano Luis Gaeta come Mathieu, senza pecche il Roucher di Mario de Salvo e stilisticamente perfetto l'intrigante Incredibile di Gabriel Centeno mostrando, parimenti, un'efficace crescita artistica rispetto a precedenti occasioni. Adeguato e professionale il resto del cast, così come il Coro Estable diretto da Miguel Martínez. La concertazione del veterano Mario Perusso ha sempre offerto il necessario appoggio ai cantanti, senza eccessi e cusì da conferire alla partitura tutte le dosi necessarie di sottigliezza, lirismo e passione. Per i pochi giorni di preparazione, la messa in scena di Matías Cambiasso è parsa logica e attinente alle indicazioni del libretto, sebbene mancasse forse una maggior definizione attoriale per i solisti, che parevano lasciati al loro destino. La scenografia funzionale di Emilio Basaldúa è stata una buona cornice astratta mentre i costumi, evidentemente scelti dall'archivio, da Eduardo Caldirola, hanno rispettato lo stile. Le luci di routine di Rubén Conde e i poveri movimenti coreografici di Carlos Trunsky non hanno aggiunto molto.
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