Massimo Viazzo
Dopo più di 30 anni di “onorato servizio” il Teatro alla Scala di
Milano ha mandato in pensione le
gloriose Nozze di Figaro con la regia
di Giorgio Strehler, un memorabile connubio di teatralità, esuberanza,
raffinatezza e garbo. Ma se lo spettacolo che è subentrato è quello firmato da
Frederic Wake-Walker, allora i rimpianti non sono pochi. Sì, perché questo
nuovo allestimento, basato e giocato su situazioni di “teatro nel teatro” già
viste e straviste, con costumi tutto sommato tradizionali, né belli né brutti, e
scene pacatamente innocue, non convince né per la fluidità drammatica né per
l’eleganza visiva. Tutto scorre come qualcosa di già visto, senza sorprese e
stimoli. Giorgio Strehler vincerebbe tranquillamente ancora a mani basse! Anche
la direzione d’orchestra, affidata a Franz Welser-Möst, non ha convinto: è
parsa un po’ noiosa, pesantuccia in alcuni frangenti e non sempre equilibrata
nel rapporto palcoscenico-voci. Queste ultime, invece, sono parse decisamente
all’altezza della situazione, a cominciare dallo straordinario Conte d’Almaviva
di Simon Keenlyside cantato con verve, cura del fraseggio, dizione perfetta e
rotondità di emissione. Davvero una
grade performance quella del baritono inglese. Anche Markus Werba nei panni di
Figaro è piaciuto per la spigliatezza e la sicurezza del suo canto. La Contessa
è stata interpretata da Julia Kleiter (sostituta dell’ultim’ora di una
indisposta Diana Damrau). Il soprano
tedesco si è mostrata una cantante ben educata e fine. Come pure Golda
Schultz che si è rivelata una Susanna
esuberante, ma anche ombreggiata timbricamente. E’ piaciuto molto anche il Cherubine
di Marianne Crebassa: il giovane mezzosoprano francese ha mostrato una voce
sempre ben proiettata e ha cantato con una musicalità genuina. Adeguate anche
le prove di Andrea Concetti, Anna Maria Chiuri e Kresimir Spicer nei rispettivi
ruoli di Don Bartolo, Marcellina e Don Basilio.
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