Foto: Teatro Sociale di Bergamo
Renzo Bellardone
L’opera intrapresa dalla Fondazione Donizetti e
dal suo direttore Artistico Francesco Micheli è quanto meno meritoria! I
soggetti responsabili non lasciano cadere nel totale oblio le composizioni di
uno dei GRANDI dell’OPERA, del teatro musicale italiano, vanto in tutto il
mondo ed emblema nobile della nostra nazione. In un tempo dove l’apparenza (sovente vuota di alcun
contenuto) ed un selfie con ‘chissà chi’ conta più della sostanza, ineluttabile
base per il futuro dell’umanità, UNA
FONDAZIONE ed un DIRETTORE ARTISTICO pensano alla salvaguardia del nostro
patrimonio culturale…che dire! Nulla, semmai silenziosi inchiniamoci !
OLIVO
E PASQUALE – Teatro SOCIALE di Bergamo (versione di Napoli, 1827)
Melodramma
giocoso di Jacopo Ferretti Musica di Gaetano Donizetti Revisione
sui materiali coevi a cura di Maria Chiara Bertieri per la Fondazione
Donizetti Olivo -
Bruno Taddia Pasquale - Filippo Morace Isabella- Laura Giordano Camillo - Pietro Adaini Le Bross - Matteo Macchioni Columella - Edoardo Milletti Matilde - Silvia Beltrami Diego - Giovanni Romeo Direttore Federico
Maria Sardelli Regia operAlchemica (Ugo Giacomazzi, Luigi Di Gangi) Scene e costumi Sara Sarzi Sartori, Daniela Bertuzzi e Arianna Delgado Light designer Luigi Biondi Assistente alla regia Simona Stranci Assistente ai costumi Michela Andreis Coro
Donizetti Opera Maestro del coro Fabio Tartari Orchestra
dell’Accademia Teatro alla Scala Progetto
realizzato con Accademia di Belle Arti “SantaGiulia” di Brescia Associazione Formazione Professionale Patronato San Vincenzo di Bergamo Istituto di Istruzione superiore “Caterina Caniana” di Bergamo Liceo Artistico Statale “Giacomo e Pio Manzù” di Bergamo Nuova
produzione e allestimento della Fondazione Donizetti
Una trama variopinta all’interno di una
scenografia multicolore, con caleidoscopiche lucentezze musicali per un
divertente melodramma giocoso. Il 7 gennaio 1827 al Teatro Valle di Roma avviene
la prima rappresentazione assoluta di Olivo e Pasquale di Gaetano Donizetti che
ancor risente di influenze rossiniane…e a dire il vero, da dopo la riscrittura
e la rappresentazione nel settembre dello stesso anno, al Teatro Nuovo di Napoli, non so quanto sia mai stata ancora
rappresentata. La Fondazione Donizetti di Bergamo con un’opera di
lungimirante salvaguardia, la ripropone ora in una veste contemporanea che
nulla toglie all’originale, ma che anzi la rende fruibile ad un pubblico poco
avvezzo al teatro musicale e magari anche poco educato ( o tempora ..o mores..)
alla bellezza che va salvaguardata in ogni ambito temporale. Alla sinfonia il sipario prende ritmicamente a muoversi con un ritmar di stoffe, a creare
onde scenografiche ed entusiastica aspettativa, che non andrà delusa. Con gesto chiaro e ben leggibile il direttore Federico Maria Sardelli da indicazioni
precise (intendibili anche dagli appassionati seppur non musicisti), inizia e
permane su una direzione vivace ed allegra, consona al testo, alla partitura e
probabilmente anche alle intenzioni ! Un cenno ai bravi musicisti
dell’Accademia della Scala. L’accogliente salotto che è il teatro Sociale
offre la sua buona acustica ad un cast giovane e ‘giocoso’ Silvia
Beltrami
entra per prima in scena, che non lascia certamente sgombra seppur unica
presenza, ma che anzi riempie con interpretazione brillante e con voce piena dai
colori e toni definiti e timbricamente rilevanti (memorabile la sua
interpretazione –direi di riferimento- del ruolo di Zita nel ‘Gianni Schicchi’
di Parma e poi di Torino…). Camillo è interpretato dal tenore Pietro
Adaini che fa di tutto per ben seguire
l’incalzante ritmo che la partitura impone con improvvisi quanto impervi acuti; l’assolo
del secondo atto lo affronta con agilità, forza e bel timbro. Olivo, di rosso
vestito e con i baffi a manubrio (come si diceva nel tempo che fu) è
interpretato da un accattivante Bruno
Taddia (sentito ed apprezzato anni fa al Rof pesarese); il ruolo non è
certamente facile sotto alcun punto di vista, ma Taddia riesce a renderlo
simpatico, grazie all’interpretazione, magari caricaturale, ma puntuale e sicuramente studiata; insomma
ben esprime il burbero ed intemperante
Olivo, cui si affianca il pacioso fratello Pasquale. Qui entra in gioco la
napoletanità della composizione, infatti
il ruolo di Pasquale, qui interpretato
da un buon Filippo Morace, prevede si a il canto che i recitativi ed i
‘parlati’ in dialetto napoletano che vivacizza la figura di Pasquale senza
virarla al grottesco; sicuramente accattivante e convincente sia per la
vocalità pertinente alla partitura che per la compenetrazione nella parte. Matteo
Macchioni
arriva, nel ruolo di Le Bross, in cima alla poppa di una nave, teatralmente
trainata dai componenti il coro maschile , ovviamente abbigliati da marinai;
Macchioni riesce simpatico e convincente sia per la parte attoriale (che seppur
giovane affronta con piglio) che per la vocalità elegante e misurata. (lo
ricordo nel ruolo del Conte d’Almaviva in una produzione semiscenica allo
Stresa Festival 2012) Al girotondo
allegro di Olivo e Pasquale rientra in scena la partecipazione attiva del bravissimo Coro
Donizetti Opera, diretto da Fabio
Tartari e si continua a srotolare la vicenda. Il personaggio di Columella
trova in Edoardo Milletti un
interprete vivace e gioioso che non teme movenze e mossette clownesche per
rallegrare ancor più, senza per questo trascurare il canto che invece offre in
modo garbato seppur caricaturale. Giovanni
Romeo interpreta Diego ed al pari degli altri interpreti è ricco di
inventiva teatrale e non si risparmia vocalmente. Abbiamo iniziato con il
parlar di un personaggio femminile e si conclude parlando dell’altra donna sul
palcoscenico, ovvero la brava Laura
Giordano nei panni di Isabella che affronta con piglio sicuro ed
intonazione buona quanto lo sono il timbro e la tonalità che ricavano argentei
suoni in particolare negli acuti e nelle agilità. L’allestimento è di tipo ‘moderno, ma non troppo’
riuscendo a rinunciare a costumi d’epoca ed orpelli vari, ma mantenendo un vago sapor
di favola ancorchè di teatrino di piazza con tanti colori, tanti trafori, tante
evocazioni. La regia di Ugo Giacomazzi e Luigi Di Gangi è
davvero brillante e frizzante e ben interseca con la musica e la vicenda. Ed alla fine che dire? La musica vince sempre!
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