Monday, September 18, 2017

La Cenerentola - Santiago del Cile

Foto: Patricio Melo

Joel Poblete

Benché sia apparsa al Teatro Municipal de Santiago in meno occasioni rispetto all'opera più celebre e popolare fra le trentanove composte da Gioachino Rossini, Il barbiere di Siviglia - presentato finora in più di cinquanta stagioni -, per quanto concerne La cenerentola il pubblico locale ha avuto occasione di apprezzarne edizione memorabili. E la partitura incantevole e spumeggiante è tornata nella seconda metà di agosto su queste scene proprio per celebrare i duecento anni dalla prima assoluta. Dopo l'esordio in Cile nei primi decenni dell'Ottocento, nel secolo passato è tornata solo nel 1985, in una produzione ricordata anche per la presenza di tre artisti italiani considerati autentiche autorità in questo repertorio: il mezzosoprano Lucia Valentini-Terrani, il basso Paolo Montarsolo e il direttore Bruno Campanella. Nondimeno a un livello formidabile è riapparsa l'ultima volta, nel 2004, con artisti del calibro di Vivica Genaux, John Osborn, Pietro Spagnoli e Luca Pisaroni. In questa occasione si è potuto contare sul debutto locale della nota produzione del celebre regista franco-argentino Jerôme Savary, scomparso nel 2013. Questo allestimento, in circolazione già da più di vent'anni nei teatri europei, è stato ripreso dalla francese Frédérique Lombart, sempre con la scenografia efficace e funzionale di Ezio Toffolutti (autore pure dei pregevoli costumi), mentre le luci originali di Sébastien Bohm sono state rinnovate dal cileno Ricardo Castro. Dinamico e pieno di energia, questo spettacolo mette in risalto soprattutto la comicità, a tratti rasentando il circense, in particolare per la caratterizzazione esagerata e buffonesca delle due sorellastre; talora la scena appare un po' troppo affollata e alcuni passi coreografati - a cura dello stesso Lombard - contribuiscono a un ulteriore sovraccarico, tuttavia l'insieme è di grande effetto per divertire il pubblico. Essendo quest'opera tanto famosa e diffusa attraverso varie registrazioni, è stato inevitabile che il pensiero corresse a soluzioni e idee già note, come il film geniale e delizioso di Jean-Pierre Ponnelle. Dal punto di vista musicale, si è trattato di un'edizione eccellente. Il talentuoso concertatore spagnolo José Miguel Pérez-Sierra, che aveva debuttato al Municipal nel 2014 con I puritani, ha già dimostrato con Il turco in Italia del 2015 la sua indubbia affinità con Rossini, compositore che ha ben approfondito lavorando con una delle amggiori autorità in materia dell'ultimo secolo, il maestro e musicologo Alberto Zedda, scomparso pochi mesi fa. Guidando con brio la Filarmónica de Santiago, ha offerto una lettura luminosa e piena di energía, attenta ai dettagli strumentali e all'equilibrio fra buca e palco, brillando soprattutto nei crescendo in cui risalta la contagiosa verve della musica rossiniana.

La compagnia di solisti è parsa splendente e ben affiatata, con quasi tutti i protagonisti già ben noti nell'epicentro mondiale del canto rossiniano: il Festival di Pesaro. Il mezzosoprano italiano Josè Maria Lo Monaco, dopo essere apparsa in teatri come la Scala di Milano e il Teatro Real de Madrid, ha compiuto un buon debutto i Cile nei pani della protagonista; per quanto talora il volume ridotto nelle note centrali e gravi abbia fatto sì che fosse coperta dall'orchestra, la voce è accattivante, fisicamente è ideale per il ruolo e ha risolto assai bene il suo atteso rondò finale. Parimenti al debutto cileno e con una carriera in ascesa fra il Covent Garden di Londra e il MET di New York, il tenore statunitense Michele Angelini è stato un eccellente principe Ramiro. Efficace come attore e deciso nel canto, possiede un timbro gradevole, buono stile, sa gestire il suo materiale tanto nelle agilità quanto nel sollecitato registro acuto e ha affrontato con intelligenza la sua grande aria del secondo atto. E una volta in più il Municipal ha avuto il privilegio di ospitare une dei grandi interpreti di questo repertorio a livello mondiale, il baritono italiano Pietro Spagnoli, che dopo il suo debutto in questo teatro una ventina d'anni fa ha cantado ha poi cantato qui cinque diversi ruoli e, mentre nella Cenerentola del 2004 aveva incarnato Dandini, oggi è stato il patrigno della protagonista, Don Magnifico; tanto in quest'opera come nel Barbiere di Siviglia, L'italiana in Algeri e Il turco in Italia, i personaggi di Spagnoli sono stati garanzia di autentica qualità rossiniana al Municipal. Questa Cenerentola non ha fatto eccezione, con un'interpretazione assai ben recitata e cantata, con dignità ed esatta comicità, senza cadere in eccessi o clichés farseschi. Le sue arie, precise nell'agilità e con note finali ben tenute, hanno meritato gli applausi tributati dal pubblico.

Chi, nondimeno, si è guadagnato l'entusiasmo della sala è stato il baritono spagnolo Joan Martín-Royo, che già aveva cantato al Municipal in Peter Grimes e Die Zauberflöte e dopo un decennio è tornato per incarnare con simpatia e vivacità un divertito Dandini, ottimo nel canto e con una scintilla teatrale inesauribile. Gli altri personaggi in locandina sono stati interpretati da eccellenti solisti cileni. Le due sorellastre, Clorinda e Tisbe, sono state appannaggio dei soprani Yaritza Véliz e Marcela González, rispettivamente: ottime cantanti, sono state un lusso in questi ruoli, e si sono prestate senza riserve alle esigenze della regia, che non solo ha imposto loro un trucco caricaturale, ma anche una recitazione eccessiva e debordante, rasentante il ridicolo. E anche se siamo rimasti con il desiderio di ascoltae il sempre notevole Ricardo Seguel, che ha cancellato per indisposizione, nei panni di Alidoro, in compenso abbiamo potuto apprezzare la bella prova del basso-baritono Matías Moncada, che ha assunto l'impegno con gran professionalità ed eccelenti risultati, affrontando con sicurezza la sua ardua scena del primo atto. Con una eccellente chimica teatrale con colleghi molto più esperti ha saputo far brillare la sua voce sonora e robusta, pregevole soprattutto nei centri e nei gravi. Un grande talento che val la pena di tenere d'occhio, prché potrebbe lanciarsi in una carriera di portata internazionale.

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