Foto: Patricio
Melo
Joel Poblete
Benché sia
apparsa al Teatro Municipal de Santiago in meno occasioni rispetto all'opera
più celebre e popolare fra le trentanove composte da Gioachino Rossini, Il
barbiere di Siviglia - presentato finora in più di cinquanta stagioni -, per
quanto concerne La cenerentola il pubblico locale ha avuto occasione di
apprezzarne edizione memorabili. E la partitura incantevole e spumeggiante è
tornata nella seconda metà di agosto su queste scene proprio per celebrare i
duecento anni dalla prima assoluta. Dopo l'esordio
in Cile nei primi decenni dell'Ottocento, nel secolo passato è tornata solo nel
1985, in una produzione ricordata anche per la presenza di tre artisti italiani
considerati autentiche autorità in questo repertorio: il mezzosoprano Lucia
Valentini-Terrani, il basso Paolo Montarsolo e il direttore Bruno Campanella.
Nondimeno a un livello formidabile è riapparsa l'ultima volta, nel 2004, con
artisti del calibro di Vivica Genaux, John Osborn, Pietro Spagnoli e Luca
Pisaroni. In questa
occasione si è potuto contare sul debutto locale della nota produzione del
celebre regista franco-argentino Jerôme Savary, scomparso nel 2013. Questo
allestimento, in circolazione già da più di vent'anni nei teatri europei, è
stato ripreso dalla francese Frédérique Lombart, sempre con la scenografia
efficace e funzionale di Ezio Toffolutti (autore pure dei pregevoli costumi),
mentre le luci originali di Sébastien Bohm sono state rinnovate dal cileno Ricardo
Castro. Dinamico e pieno di energia, questo spettacolo mette in risalto
soprattutto la comicità, a tratti rasentando il circense, in particolare per la
caratterizzazione esagerata e buffonesca delle due sorellastre; talora la scena
appare un po' troppo affollata e alcuni passi coreografati - a cura dello
stesso Lombard - contribuiscono a un ulteriore sovraccarico, tuttavia l'insieme
è di grande effetto per divertire il pubblico. Essendo quest'opera tanto famosa
e diffusa attraverso varie registrazioni, è stato inevitabile che il pensiero
corresse a soluzioni e idee già note, come il film geniale e delizioso di
Jean-Pierre Ponnelle. Dal punto di
vista musicale, si è trattato di un'edizione eccellente. Il talentuoso
concertatore spagnolo José Miguel Pérez-Sierra, che aveva debuttato al
Municipal nel 2014 con I puritani, ha già dimostrato con Il turco in Italia del
2015 la sua indubbia affinità con Rossini, compositore che ha ben approfondito
lavorando con una delle amggiori autorità in materia dell'ultimo secolo, il
maestro e musicologo Alberto Zedda, scomparso pochi mesi fa. Guidando con brio
la Filarmónica de Santiago, ha offerto una lettura luminosa e piena di energía,
attenta ai dettagli strumentali e all'equilibrio fra buca e palco, brillando soprattutto
nei crescendo in cui risalta la contagiosa verve della musica rossiniana.
La compagnia di
solisti è parsa splendente e ben affiatata, con quasi tutti i protagonisti già
ben noti nell'epicentro mondiale del canto rossiniano: il Festival di Pesaro. Il
mezzosoprano italiano Josè Maria Lo Monaco, dopo essere apparsa in teatri come
la Scala di Milano e il Teatro Real de Madrid, ha compiuto un buon debutto i
Cile nei pani della protagonista; per quanto talora il volume ridotto nelle
note centrali e gravi abbia fatto sì che fosse coperta dall'orchestra, la voce
è accattivante, fisicamente è ideale per il ruolo e ha risolto assai bene il
suo atteso rondò finale. Parimenti al
debutto cileno e con una carriera in ascesa fra il Covent Garden di Londra e il
MET di New York, il tenore statunitense Michele Angelini è stato un eccellente
principe Ramiro. Efficace come attore e deciso nel canto, possiede un timbro
gradevole, buono stile, sa gestire il suo materiale tanto nelle agilità quanto
nel sollecitato registro acuto e ha affrontato con intelligenza la sua grande
aria del secondo atto. E una volta in
più il Municipal ha avuto il privilegio di ospitare une dei grandi interpreti
di questo repertorio a livello mondiale, il baritono italiano Pietro Spagnoli,
che dopo il suo debutto in questo teatro una ventina d'anni fa ha cantado ha
poi cantato qui cinque diversi ruoli e, mentre nella Cenerentola del 2004 aveva
incarnato Dandini, oggi è stato il patrigno della protagonista, Don Magnifico;
tanto in quest'opera come nel Barbiere di Siviglia, L'italiana in Algeri e Il
turco in Italia, i personaggi di Spagnoli sono stati garanzia di autentica
qualità rossiniana al Municipal. Questa Cenerentola non ha fatto eccezione, con
un'interpretazione assai ben recitata e cantata, con dignità ed esatta
comicità, senza cadere in eccessi o clichés farseschi. Le sue arie, precise
nell'agilità e con note finali ben tenute, hanno meritato gli applausi
tributati dal pubblico.
Chi, nondimeno,
si è guadagnato l'entusiasmo della sala è stato il baritono spagnolo Joan
Martín-Royo, che già aveva cantato al Municipal in Peter Grimes e Die
Zauberflöte e dopo un decennio è tornato per incarnare con simpatia e vivacità
un divertito Dandini, ottimo nel canto e con una scintilla teatrale
inesauribile. Gli altri
personaggi in locandina sono stati interpretati da eccellenti solisti cileni.
Le due sorellastre, Clorinda e Tisbe, sono state appannaggio dei soprani
Yaritza Véliz e Marcela González, rispettivamente: ottime cantanti, sono state
un lusso in questi ruoli, e si sono prestate senza riserve alle esigenze della
regia, che non solo ha imposto loro un trucco caricaturale, ma anche una
recitazione eccessiva e debordante, rasentante il ridicolo. E anche se siamo
rimasti con il desiderio di ascoltae il sempre notevole Ricardo Seguel, che ha
cancellato per indisposizione, nei panni di Alidoro, in compenso abbiamo potuto
apprezzare la bella prova del basso-baritono Matías Moncada, che ha assunto
l'impegno con gran professionalità ed eccelenti risultati, affrontando con
sicurezza la sua ardua scena del primo atto. Con una eccellente chimica
teatrale con colleghi molto più esperti ha saputo far brillare la sua voce
sonora e robusta, pregevole soprattutto nei centri e nei gravi. Un grande
talento che val la pena di tenere d'occhio, prché potrebbe lanciarsi in una
carriera di portata internazionale.
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