Foto: Teatro Carlo Felice Genova
Renzo Bellardone
Credo sia meritevole riscoprire i classici
della nostra storia artistica e letteraria e riuscire a rielaborarli in altra forma
d’arte diversa dalla precedente, prolungandone la vita; questo
percorso tutela e salvaguardia il nostro patrimonio
culturale che viene portato alla fruizione anche dalle nuove generazioni. Ispiratosi alla vicenda scritta da Edoardo
Scarpetta, Marco Tutino scrive la
partitura per questa nuova opera in
prima mondiale ed in allestimento con Genova e Salerno. La curiosità è forte
soprattutto dopo il successo de ‘La Ciociara’ sempre di Tutino: le attese non
vanno deluse neppure al Carlo Felice, già al primo ascolto della gradevole
composizione che utilizza anche il valzer ed alcune dotte citazioni da arie
operistiche e canzoni napoletane. Fin dalle prime battute si entra in sintonia con la
musica dolce e vigorosa al tempo stesso, affidata all’appassionata direzione
del giovane direttore Francesco Ciluffo che imprime forza descrittiva e poesia. Gli elementi scenici riconducono al verismo cinematografico
e la vicenda si svolge in una Napoli dell’immediato dopoguerra, nei giorni del
referendum per scegliere tra monarchia e repubblica! I mestieri di muratore,
barbiere, lavandaia e stiratrice vengono ovviamente tutti svolti in strada a
far da naturale fondale scenico alla miseria che ha segnato quegli anni. Gli
spaghetti fumanti sono attesi dal pubblico come la marcia trionfale nell’Aida e
gli spaghetti arrivano, fumanti e tanti, pronti a sfamare, almeno per un
giorno, i diseredati per cause politiche o sociali. Nel momento della
‘spaghettata’ la musica si fa ampia e porta alla naturale commozione. Il secondo atto si svolge invece
nell’abitazione di Don Gaetano e tra sostituzioni di persona e ritrovamenti di
madre e figlio si giunge al lieto fine che conclude l’opera. La regia di Rosetta
Cucchi è attenta ai particolari e fa muovere i personaggi con grande
realismo. Le scene di Tiziano Santi
rimandano alla classicità, escludendo ovvietà ed i costumi di Gianluca Falaschi anche in questo caso
sono studiati in ogni dettaglio e calibrati ai ruoli. Apprezzato anche il coro
diretto da Franco Sebastiani. Venendo al cast, si può a buon diritto dichiarare
che è di buon livello. Nei panni di Felice Sciosciammocca troviamo Alessandro Luongo con buona presenza
scenica e voce arrotondata dai colori ambrati. Valentina Mastrangelo nei
panni di Bettina trae voce squillante ed armoniosa, così come Martina Belli che nel ruolo di Gemma sfodera agilità e
facilità negli acuti. Peppiniello è affidato al mezzo-soprano Francesca Sartorato che si esprime con vivacità e bel colore. Fabrizio
Paesano interpreta il ruolo di Eugenio con scioltezza e buona intonazione e
Nicola Pamio da vita prima al
contadino e poi al cameriere con grande sicurezza. Andrea Concetti non delude mai con i bei colori scuri e profondi ed
anche in Ottavio dispiega padronanza del palcoscenico, come pure Alfonso Antoniozzi baritono buffo, riesce perfetto in Don
Gaetano che impreziosisce con eccellente interpretazione sotto ogni punto di
vista. La musica vince sempre.
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