Foto: Ramella&Giannese
Renzo Bellardone
A novant’anni dalla
morte di Puccini, il Teatro Regio di Torino (dopo Buyyerfly) ha messo in
cartellone l’ultima ed incompiuta opera del maestro con il classico
allestimento del Teatro Carlo Felice di Genova; scenografia di Luciano Ricceri, unica per tutto
l’opera, che in un tripudio di colonne, scalinate e tempietto, esalta il trionfo dell’amore e
soddisfa l’ immaginario collettivo. La direzione
dell’orchestra è stata affidata a Pinchas
Steinberg che ha offerto una lettura vitale e ricca di passione, scevra da
facili quanto stucchevoli sentimentalismi ed ha puntato
invece sulla forza dei sentimenti esaltati da vera possanza direzionale. Giuliano Montaldo ha
firmato una regia classica, ripresa da Luciano
Cosentino, che ha utilizzato diversi
elementi per movimentare continuamente il palcoscenico, ben attagliandosi alla
narrazione: l’esercito rappresentato da ballerini ottimamente diretti da Giovanni di Cicco, la scimitarra che appare nei momenti clou ed
il tutto valorizzato dai costumi di Elisabetta
Montaldo che nella classicità non vanno a ricercare l’impreziosimento di
scontati luccichii. Interessante e decisamente pertinente l’uso delle luci disegnate da Andrea Anfossi. Turandot è
interpretata da Raffaella Angeletti
che man mano procede nel canto acquista
maggior sensibilità vocale e maggior carica espressiva. Valter Fraccaro è dignitosamente il
principe Calaf che offre con voce calda ed appassionata…”Non piangere Liù”. Un particolare
apprezzamento per la voce profonda dai colori armoniosamente scuri di Giacomo Prestia nei panni di Timur,
come per l’interessante baritono Donato di Gioia –Ping- che insieme a Luca Casalin –Pang- e Saverio Fiore –Pong- hanno reso un
gradevolissimo terzetto delle maschere. Il coro del Teatro ed il
Coro delle voci bianche del Regio e del Conservatorio “G:Verdi”di Torino hanno
dato una prova veramente eccezionale impreziosendo a tutti gli effetti l’opera:
un plauso al lavoro di Claudio Fenoglio. La mattatrice dell’opera è stata Erika
Grimaldi nelle vesti di Liù ed i fragorosi applausi tributateli e non solo
per la romanza “Signore ascolta”, sono stati il significativo apprezzamento
della omogeneità della sua linea di canto ricca di sfumature descrittive dai
colori più raffinati, che hanno risaltato l’amor puro vissuto fino all’estremo. Bene per tutti gli altri
interpreti il cui contributo positivo ha fatto si che si sia assistito ad una
gradevole produzione da ricordare. La Musica vince sempre.
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