Credito: Ennevi- Arena di Verona
Giosetta Guerra
Un cast ineccepibile, proprio delle grandi occasioni, ha cantato in Arena l’opera più nota e più rappresentata di Gioachino Rossini, Il Barbiere di Siviglia, calcando le bellissime e originalissime scene di Hugo De Ana, che ha curato anche regia, costumi e luci.
Un labirinto verde di alte siepi, come quello che si trova vicino a Dolo (VE), semicircolari, movibili, girevoli, scorrono, si aprono e si chiudono al bisogno; enormi rose rosse con lungo stelo giganteggiano sopra le siepi, creando un ambiente da “Alice nel paese delle meraviglie”; lunghissime scale, spostate in qua e in là e appoggiate alle siepi, hanno la duplice funzione di favorire la fuga organizzata di fine storia e di permettere ai personaggi di salire e scendere, perché proprio in cima ad una siepe, ad esempio, si localizza idealmente il balcone di Rosina, dove lei canta e verso il quale sale Lindoro nella sua serenata. Un quadro con l’immagine della barbieria viene posizionato all’entrata di Figaro e figuranti a josa per ogni scena, sempre danzanti e sempre in movimento, non lasciano mai vuoti gli spazi ai lati estremi del palcoscenico. La regia tende a figurare e a movimentare tutta la musica di Rossini: personaggi in costumi e parrucche settecenteschi entrano all’attaccar dell’Ouverture e si posizionano in modo statuario ai lati del grande palcoscenico, poi accennano passi di danza, molto figurati sono gli interventi del coro, cui si aggiungono saltimbanchi, fin dall’aria d’ingresso di Lindoro. Nella grande aria tripartita “A un dottor della mia sorte”, solo Bartolo resta immobile, gli altri (cantanti, soldati,figuranti, ballerini) si muovono a scatti come le marionette, il coro balla sempre, i duetti sono mossi e tutto è ballato. Ahi! Ahi! Ahi, Maestro! Non va mica tanto bene! È vero che il Barbiere rappresenta una giornata di follia organizzata, ma il movimento c’è già nella musica rossiniana e nulla deve distrarre il ritmo e la verve che essa sprigiona. E’ divertente, ma troppo mosso. Tutto oro e rosso nel II atto. Don Basilio è una figura allucinata coi capelli sparati e due uccelli imbalsamati in mano, il Conte e Bartolo sono mobilissimi. Troppa animazione e qualche gag di troppo. Per la scena del temporale, lampi e bagliori e tanta gente con l’ombrello aperto (bella scena con straordinari effetti luce); stelline in cielo dopo il terzetto della scala. Comunque in un’Arena, che accoglie un pubblico numerosissimo e molto eterogeneo e che fortunatamente è un obiettivo turistico internazionale, gli effetti scenici e la spettacolarità non possono mancare, spettacolarità che in questa occasione esplode nel finale con una cascata di bellissimi…… fuochi d’artificio. Wow!!!...Azzeccatissime, ovviamente, le luci. Costumi d’epoca molto belli e di tinte brillanti per gli uomini con pantaloni al ginocchio, redingotes strette in vita, parrucche esasperate e colorate per i personaggi più buffi, abiti meno ricchi per le donne. I personaggi maschili hanno un aspetto ridicolo. Bartolo ha una parrucca bianca che simula le corna, Basilio ha i capelli attraversati dall’elettricità, Don Alonso li ha rossi e Fiorello li ha rossi e sparati, Figaro ha i baffi alla Salvator Dalì. Gli interpreti maschili sono il fior fiore dell’attuale mercato lirico. Bartolo, figura centrale dell’opera, autore e vittima degli accadimenti che sviluppano in modo giocoso il supplizio di Tantalo (desiderare ciò che non si può avere-dramma comune), è il fulcro della comicità, che, messa in mano di un artista del calibro di Bruno de Simone non è mai sguaiata, ma basata su un “rimuginamento” interno contenuto a fatica e a due secondi dallo scoppio, su una frenesia minuziosa della gestualità, su uno studio preciso della parola e della situazione, (bisogna vederlo e non perderlo d’occhio un istante, perché ogni movimento è un’espressione). E’ un buffo serio e non grasso che non ride ma fa ridere. Sul piano vocale lo smalto è intatto, la voce imponente, robusta, rotonda, di bel colore, ampia, estesa, flessibile, ricca di armonici, in grado di appoggiare, alleggerire, navigare con destrezza e con dizione chiara nel canto tipico del buffo rossiniano, che giunge all’estremo nel canto fortemente sbalzato e nel vorticoso sillabato virtuosistico della difficile aria tripartita A un dottor della mia sorte. Bruno de Simone è un grande, è il vero re del sillabato e dell’opera buffa. Nel ruolo di Lindoro, alias Conte d’Almaviva, il tenore Francesco Meli esterna tutta la sua baldanza giovanile sia nel gesto che nel canto. Bravo belcantista e gran virtuoso, conosce l’arte del canto, sfoggia soavi mezze voci rinforzate con variazioni (“Se il mio nome”), facilità negli acuti luminosi e tenuti, bel colore e buon peso vocale, timbro aggraziato, voce estensa, dizione chiara, recitativi timbrati, emissione sicura e prorompente con attacchi e agilità alla Rockwell Blake. E che fiati, signor Lindoro!
Don Basilio, più schizzato che mai, ha l’inconfondibile presenza e la bella voce di basso estesa e ben sostenuta di Marco Vinco, che mostra destrezza nella meccanizzazione della parola e nell’eseguire con fedeltà le lievitazioni de La calunnia. Il baritono Dalibor Jenis delinea un Figaro versatile e ballante, con eccellente padronanza scenica e voce di buon peso, ma la tecnica d’emissione va raffinata e la respirazione perfezionata per non ingolare i suoni nella zona media e avere maggior estensione in quella acuta. Comunque il personaggio c’era ed è stato applaudito. Fiorello e Ambrogio avevano l’autorevole vocalità e presenza scenica di Dario Giorgelè, bravo caratterista che sa modulare e proiettare con sicurezza una bella voce di baritono. Nelle vesti di una bionda e scintillante Rosina che si presenta con un grande scialle celeste da sciantosa, Annick Massis, un soprano dalla voce chiara leggera e luminosa, esegue correttamente la virtuosistica coloratura rossiniana, con variazioni, abbellimenti acuti tenuti, slanci, trilli, ma gonfia i gravi. Il mezzosoprano Francesca Franci, con una capigliatura bianca vaporosa, ha bella presenza scenica e una vocalità dal suono rotondo, pulito, corposo. Il bravo Coro dell’Arena, preparato e diretto da Marco Faelli non solo commenta efficacemente l’azione col canto ma diventa coprotagonista con il marcato movimento scenico. L’Orchestra dell’Arena, diretta da Antonio Pirolli è a volte troppo discreta sotto le voci, ma fa comunque sentire a suo turno una presenza autorevole. Uno spettacolo scintillante, ben fatto e molto gradito al numerosissimo pubblico.
VERSION EN ESPAÑOL
VERSION EN ESPAÑOL
Un elenco excepcional, justo para las grandes ocasiones cantó en la Arena la opera mas conocida y representada de Gioachino Rossini, Il Barbiere di Siviglia con la bella y original puesta escénica de Hugo de Ana, que además de la dirección escénica, se encargó de los vestuarios y la iluminación. Un laberinto verde de altos paneles, semicircular, movible, giratorio, corredizo, que se abría y cerraba cuando fue necesario; enormes rosas rojas con largos tallos sobre los paneles, crearon una ambiente estilo “Alicia en el país de las maravillas”, largas escaleras en las cuales se apoyaban los paneles, hicieron la doble función de permitir la fuga organizada al final de la historia y a los personajes salir y descender. Un cuadro con la imagen de la barbería se situó a la entrada de Fígaro, figurantes en cada escena, siempre danzando y en movimiento no dejaron nunca vacios los espacios en los extremos del escenario. La dirección escénica tendió a representar y dar movimiento a la música de Rossini, personajes en vestuarios y pelucas del siglo 17 entraron al inicio de la obertura y se colocaron como estatuas a los lados del gran escenario, y después realizaron pasos de danza, además que algunos de estos figurantes intervinieron en el coro. Es cierto que el Barbero representa una jornada de jocosidad organizada, pero el movimiento esta ya en la música rossiniana y nada debe distraer el ritmo o la verve que de ella emana, así, la función fue divertida y movida, con animación y gags de todo tipo. Bartolo figura central de la opera, autor y victima de los eventos que se desarrollan de manera jocosa, tuvo la comicidad de un artista del calibre de Bruno de Simone, un bufo serio, no obeso, que no rió pero hizo reír. En el plano vocal su esmalte fue intacto, la voz imponente, robusta, de bello color, amplia y rica de armónicos, navegando con destreza y clara dicción en el canto típico del bufo rossiniano. Como Lindoro, el tenor Francesco Meli externó toda su confianza juvenil tanto en el gesto como en el canto. Buen belcantista y gran virtuoso, conoce el arte del canto y mostró suaves medios, y una voz reforzada con variaciones, agudo luminoso y bello color y peso vocal. Don Basilio, tuvo la inconfundible presencia y buena voz extensa y bien sostenida de Marco Vinco. El barítono Dalibor Jenis delineó un Fígaro versátil y bailador, con excelente maestría escénica y voz de buen peso. Vestida como una rubia centelleante estuvo la Rosina de Annick Massis soprano de voz clara, ligera y luminosa, que ejecutó correctamente la virtuosa coloratura rossiniana, con variaciones y adornados y sostenidos agudos. El coro de la Arena, preparado y guiado por Marco Faelli no solo interpretó eficazmente la acción pero con el canto se convirtió en coprotagonista con el marcado movimiento escénico. La Orquesta de la Arena, dirigida por Antonio Pirolli, estuvo por momentos discreta bajo las voces, pero hizo sentir por momentos una presencia autoritaria.
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