Giosetta Guerra
Le persone che frequentano gli incontri agli Antichi Forni di Macerata si aspettano di sentire cose nuove o curiosità sulle opere che andranno ad ascoltare. Il 31 luglio Carla Moreni ha presentato al folto pubblico l’opera di Giuseppe Verdi “La Forza del destino”, raccontandone la trama (che si può leggere ovunque) e mettendo in evidenza il carattere dei personaggi e alcune particolarità musicali, certamente noti alla maggior parte degli astanti. Forse poteva essere più accattivante parlare di ciò che accadeva alla Scala nel 1869, fuori e dentro il teatro, prima e dopo il debutto della terza edizione dell’opera in questione, degli interpreti, visto che il protagonista era marchigiano, dello stato d’animo di Verdi e dei compositori che attendevano il loro turno per l’uso del teatro, visto che uno di loro era marchigiano. Forse Carla Moreni non sa che esiste un libro di una marchigiana dove tutto questo è ben descritto, ma Pier Luigi Pizzi sì. Insomma queste Marche le vogliamo valorizzare o vogliamo farne un contenitore per ospiti graditi e non paganti?
Ecco un estratto dal mio libro sul tenore marchigiano, favorito di Verdi, “Mario Tiberini”. Provate a vedere se appaga la vostra curiosità, come ha appagato la mia.
Durante la cosiddetta “settimana grassa” di carnevale1869, alla Scala di Milano ogni sera viene allestita un’opera con il teatro illuminato a giorno.
Le persone che frequentano gli incontri agli Antichi Forni di Macerata si aspettano di sentire cose nuove o curiosità sulle opere che andranno ad ascoltare. Il 31 luglio Carla Moreni ha presentato al folto pubblico l’opera di Giuseppe Verdi “La Forza del destino”, raccontandone la trama (che si può leggere ovunque) e mettendo in evidenza il carattere dei personaggi e alcune particolarità musicali, certamente noti alla maggior parte degli astanti. Forse poteva essere più accattivante parlare di ciò che accadeva alla Scala nel 1869, fuori e dentro il teatro, prima e dopo il debutto della terza edizione dell’opera in questione, degli interpreti, visto che il protagonista era marchigiano, dello stato d’animo di Verdi e dei compositori che attendevano il loro turno per l’uso del teatro, visto che uno di loro era marchigiano. Forse Carla Moreni non sa che esiste un libro di una marchigiana dove tutto questo è ben descritto, ma Pier Luigi Pizzi sì. Insomma queste Marche le vogliamo valorizzare o vogliamo farne un contenitore per ospiti graditi e non paganti?
Ecco un estratto dal mio libro sul tenore marchigiano, favorito di Verdi, “Mario Tiberini”. Provate a vedere se appaga la vostra curiosità, come ha appagato la mia.
Durante la cosiddetta “settimana grassa” di carnevale1869, alla Scala di Milano ogni sera viene allestita un’opera con il teatro illuminato a giorno.
Domenica Don Carlos
Lunedì Mosè
Martedì Gli Ugonotti
Mercoledì Don Carlos
Giovedì Mosè
Venerdì Don Carlos
Sabato Gli Ugonotti
Le opere si protraggono per tutta la settimana di quaresima, (Tiberini canta solo ne Gli Ugonotti, nelle altre due canta Mongini), procurando un notevole ritardo sull’allestimento della nuova opera, La Forza del destino di Verdi. Gli abbonamenti per la realizzazione di tale opera erano comunque iniziati alla fine dell’anno precedente. Finalmente mercoledì 27 gennaio 1869 cominciano le prove de La Forza, sotto la direzione dello stesso Verdi e con un cast d’eccezione. Ma il Maestro è preoccupato, perché, a causa dei troppi impegni dei cantanti, le prove sono poche. Il 5 febbraio (domenica) 1869 Verdi scrive ad Escudier da Milano:
“Caro Léon,
Sono qui da otto giorni e voleva scrivervi sempre in ogni giorno, ma nei primi giorni di prova vi è sempre molto da fare, e non ho mai potuto farlo. Non saprei dirvi quando andrà in scena La Forza del Destino, perché si fanno prove brevi, dovendo gli artisti cantare in questa settimana tutte le sere o D. Carlos o gli Ugonotti. Capite bene, tutte le sere! C’è da crepare cantar sempre opere di quella mole e provare il mattino”. (G. Marchesi – Gli anni della Forza del destino, in Verdi, Bollettino dell’Istituto di Studi Verdiani, vol. II, n. 6, Parma, Istituto di Studi Verdiani, 1966).
Il 10 febbraio l’opera non è ancora andata in orchestra e gli altri compositori, che attendono il loro turno per presentare la loro opera alla Scala, sono in fibrillazione a causa di tali ritardi. La Commissione del Teatro alla Scala, infatti, aveva già inserito come opera d’obbligo nel cartellone della stagione un’opera nuova del compositore marchigiano Filippo Marchetti (1831-1902), che musicò Ruy Blas nel 1869, ma il prolungarsi dei lavori per l’allestimento de La Forza del destino, la confina alla fine della stagione, l’opera andrà in scena alla Scala il 5 aprile dello stesso anno con Tiberini nel ruolo protagonista.
“Montuoro e Marchetti si sono messi l’anima in pace, giacché volle il destino che in causa della “Forza del destino” essi sieno forzati ad aspettare che le loro opere sieno date per ultime. Il “Pungolo” per tranquillizzare Marchetti, dice che Tiberini ha prolungato il suo contratto, ma sino ad ora questo non è che un pio desiderio del pubblico, che in Tiberini vede e riconosce un vero appoggio della stagione ed una balla dell’Impresa della Scala, la quale si è addormentata e se la “Forza del destino” ritarda di comparire, dovrà smettere le rappresentazioni, perché Tiberini andrà via e allora non saranno più in tempo di riconfermarlo!” (Il Trovatore – 4 febb. 1869 – LA RIVISTA DELLA SETTIMANA - Firmato: IL NOVELLIERE).
Mario Tiberini è ormai diventato un punto fermo per molti compositori e per tutti gli spettatori. La sua partecipazione a questa opera verdiana rende ancor più frenetica l’attesa. E finalmente il 27 febbraio 1869 alla Scala di Milano avviene il debutto de La Forza del destino presentata nella definitiva edizione riformata. (Interpreti: Mario Tiberini tenore (Don Alvaro), Ida Benza Nagy giovane mezzosoprano magiaro (Preziosilla - debutto), Luigi Colonnese baritono (Don Carlo), Marcello Junca basso (Padre Guardiano), Giacomo Rota basso (Fra Melitone), Teresa Stolz soprano (Leonora), Giuseppe Vecchi basso (il Marchese di Calatrava), Ester Neri mezzosoprano (Curra), Luigi Alessandrini basso (un alcade), Antonio Tasso tenore (Mastro Trabucco), Vincenzo Paraboschi basso (un chirurgo militare). Scene di Carlo Ferrario, pittore dei costumi Pessina. Maestro del Coro Zirillo (bravissimo). Dir. Orch. Angelo Mariani. Clarinettista Bassi. Flautista Pizzi. Regista e coordinatore: Giuseppe Verdi. 13 repliche.
Tutti i timori vengono di colpo fugati e tutte le ansie trovano appagamento nell’enorme successo ottenuto da quest’opera nuova, che fa incassare dieci mila lire. “Tentar di ridire le emozioni vivissime che abbiam provato jersera alla Scala è cosa impossibile. Non fu una prima rappresentazione - fu una festa dell’arte - una di quelle feste che lasciano incancellabile la loro memoria in quanti vi presero parte. Tutto il pubblico e l’orchestra in piedi, a batter le mani freneticamente, applausi con l’agitar dei cappelli, con lo sventolare in platea dei fazzoletti, e nei palchi col grido Viva Verdi.” (Il Pungolo dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, pgg. 66 e 67.
La sera della prima e nelle serate successive con la Stolz e Tiberini si toccano le punte più alte dell’entusiasmo e lo splendido allestimento dell’Impresa Bonola e Brunello contribuisce visibilmente alla buona riuscita dello spettacolo, che unisce la precisione tedesca al fuoco e al colorito italiano. “E’ vero che il solito Parravicini non può fare a meno di notare che, unitamente alla Benza, essi tendono a crescere rispetto al basso diapason,……ma è anche vero che lo stesso critico riconosce che la Stolz meritò grandi applausi e che Tiberini fu sublime come attore e come cantante.” (Giorgio Gualerzi: op. cit. p. 902) “Luigi Colonnese, la Benza, Rota, Tiberini gareggiarono a chi meglio.” (La Lombardia dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, p. 66). La Stolz, Tiberini e Rota risultano essere gli eroi della serata. Unanime è il consenso della critica per il tenore Mario Tiberini.
Mario Tiberini è ormai diventato un punto fermo per molti compositori e per tutti gli spettatori. La sua partecipazione a questa opera verdiana rende ancor più frenetica l’attesa. E finalmente il 27 febbraio 1869 alla Scala di Milano avviene il debutto de La Forza del destino presentata nella definitiva edizione riformata. (Interpreti: Mario Tiberini tenore (Don Alvaro), Ida Benza Nagy giovane mezzosoprano magiaro (Preziosilla - debutto), Luigi Colonnese baritono (Don Carlo), Marcello Junca basso (Padre Guardiano), Giacomo Rota basso (Fra Melitone), Teresa Stolz soprano (Leonora), Giuseppe Vecchi basso (il Marchese di Calatrava), Ester Neri mezzosoprano (Curra), Luigi Alessandrini basso (un alcade), Antonio Tasso tenore (Mastro Trabucco), Vincenzo Paraboschi basso (un chirurgo militare). Scene di Carlo Ferrario, pittore dei costumi Pessina. Maestro del Coro Zirillo (bravissimo). Dir. Orch. Angelo Mariani. Clarinettista Bassi. Flautista Pizzi. Regista e coordinatore: Giuseppe Verdi. 13 repliche.
Tutti i timori vengono di colpo fugati e tutte le ansie trovano appagamento nell’enorme successo ottenuto da quest’opera nuova, che fa incassare dieci mila lire. “Tentar di ridire le emozioni vivissime che abbiam provato jersera alla Scala è cosa impossibile. Non fu una prima rappresentazione - fu una festa dell’arte - una di quelle feste che lasciano incancellabile la loro memoria in quanti vi presero parte. Tutto il pubblico e l’orchestra in piedi, a batter le mani freneticamente, applausi con l’agitar dei cappelli, con lo sventolare in platea dei fazzoletti, e nei palchi col grido Viva Verdi.” (Il Pungolo dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, pgg. 66 e 67.
La sera della prima e nelle serate successive con la Stolz e Tiberini si toccano le punte più alte dell’entusiasmo e lo splendido allestimento dell’Impresa Bonola e Brunello contribuisce visibilmente alla buona riuscita dello spettacolo, che unisce la precisione tedesca al fuoco e al colorito italiano. “E’ vero che il solito Parravicini non può fare a meno di notare che, unitamente alla Benza, essi tendono a crescere rispetto al basso diapason,……ma è anche vero che lo stesso critico riconosce che la Stolz meritò grandi applausi e che Tiberini fu sublime come attore e come cantante.” (Giorgio Gualerzi: op. cit. p. 902) “Luigi Colonnese, la Benza, Rota, Tiberini gareggiarono a chi meglio.” (La Lombardia dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, p. 66). La Stolz, Tiberini e Rota risultano essere gli eroi della serata. Unanime è il consenso della critica per il tenore Mario Tiberini.
“Tiberini si rivelò per così grande artista, che io dovetti chinare il capo e rinnegare le mie ingiuste prevenzioni”, scrive il critico de Il Gazzettino Rosa (28 febbraio 1869) e su Il Pungolo si legge che “la deliziosa romanza con cui si apre il terzo atto è stata cantata dal Tiberini con quell’accento di cui egli solo possiede il segreto, e con quella correttezza artistica, che lunge dallo scemare, aggiunge espressività all’accento” (Il Pungolo, dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, p. 68), infine La Lombardia esprime “speciale ammirazione pel tenore Tiberini , che in nessun’opera mai ci parve più grande, sia dal lato del canto che dell’azione drammatica.” Egli ottiene forti applausi nell’atto terzo per la romanza e il duettino col Colonnese e nell’ultimo atto per il duetto tenore – baritono e il terzetto basso – tenore – soprano col quale si chiude l’opera. L’esecuzione della romanza del terzo atto “da parte dell’esimio Tiberini fu all’altezza della bellissima composizione; poscia piacque il duetto di Carlo e Alvaro (ferito).” (Il Secolo, 28 febbraio 1869).
“Il duettino col baritono parve un giojello di limpida e serena melodia………Nell’atto quarto Havvi un bellissimo duetto per baritono e tenore (Colonnese e Tiberini )… ed un nuovo terzetto per soprano, tenore, e basso, che piacerà maggiormente dopo parecchie udizioni. Verdi venne gloriosamente chiamato all’onore del proscenio più di venti volte, ed il grand’uomo ne sembrava profondamente grato e soddisfatto……Tiberini fu sublime come attore e come cantante.” (Il Secolo dalla Gazzetta Musicale di Milano, Anno XXIV, n. 9; 3 marzo 1869, pgg. 68 e 69). “Dopo la comica scena della minestra (atto IV), c’è il duetto tra baritono e tenore, quindi la grande aria della donna e finalmente il terzetto finale – tre pezzi in cui l’odio, l’amore, la rassegnazione cristiana trovano la loro più alta espressione – e in cui il Tiberini e la Stolz sono veramente sublimi per ispirazione d’accento e d’azione, assai bene secondati dal Colonnese nel duetto, dal Junca nel terzetto”. (Il Pungolo, dalla Gazzetta Musicale di Milano, p. 68). “Terzo atto, fanatismo la romanza di Tiberini, due chiamate Verdi: duettino Tiberini e Colonnese, acclamatissimo, due chiamate Verdi………
Atto quarto,………fanatismo il duetto fra Tiberini e Colonnese, due chiamate Verdi. Chiamato il pittore per la scena dei dirupi…Terzetto finale fanatismo. Calata la tela, quattro chiamate Stolz, Junca, Tiberini col maestro ed un’ultima volta il maestro solo. Somma, 24 chiamate per Verdi. Esecuzione stupenda, come non si udì forse mai alla Scala. Pubblico infanatichito. Verdi commosso tanta ovazione” . (Cosmorama, p. 69).
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