
Ramón Jacques
La riproposta di Montezuma, rara opera barocca del compositore tedesco Carl Heinrich Graun (1704-1759) è nata dall’iniziativa di diversi teatri ed istituzioni internazionali per commemorare il bicentenario dell’indipendenza del Messico. La partitura fu commissionata a Graun da Federico II il Grande, re di Prussia, monarca, genio militare e musicista che si incaricò, lui stesso, di scrivere il libretto ispirandosi alla storia della conquista del Messico da parte degli spagnoli sulla quale ha plasmato la sua visione e i suoi ideali da sovrano: giusto, gentile e protettivo. Nella trama Montezuma rappresenta il retto e generoso imperatore del Messico che deve affrontare la violenza e la belligeranza di Fernando Cortez e dei suoi conquistadores. Il libretto originale di Montezuma, che nella sua première del 6 gennaio del 1755 all’Hoftheater di Berlino era in francese, fu poi tradotto in italiano. Ed è questa la versione oggi conosciuta e che è stata utilizzata per questa produzione realizzata a Theater der Welt di Mülheim, al Festival di Edimburgo, al Festival Cervantino del Messico e al Teatro Real di Madrid. E’ con questa opera che ha avuto inizio l’era di Gerard Mortier a capo del teatro spagnolo. Il direttore belga è stato il principale sostenitore di questo progetto per la sua riconosciuta conoscenza e ammirazione nei confronti della storia e della letteratura messicana.

Nella sua concezione scenica il regista messicano Claudio Valdez Kuri ha offerto una cruda e brutale immagine della conquista (nei primi due atti) con scene violente, sesso e umiliazioni nello stile di Calixto Bieito, e ironiche, per esempio l’entrata in scena dei conquistadores con un cane furioso, o la sostituzione delle bottiglie d’acqua con quelle di coca-cola!. Nel terzo atto Valdes Kuri ha decontestualizzato l’azione situandola in una decadente epoca moderna, con abiti consoni, spostando l’orchestra sulla scena, e utilizzando molti simboli e movimenti assurdi con l’intenzione di provocare il pubblico (come fa solitamente il Regietheater). La scenografia del belga Herman Sorgeloos era austera e semplice con tre piccole piramidi mobili (Atti primo e secondo) e una colonna al centro del palcoscenico nel terzo, tutto illuminato brillantemente.

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