Saturday, May 7, 2016

La cena delle beffe - Teatro alla Scala Milano

Foto: Brescia&Amisano- Teatro alla Scala

Massimo Viazzo

E’ veramente lodevole il progetto del Teatro alla Scala che intende riscoprire nei prossimi anni opere italiane del periodo verista, eseguite nel teatro milanese in prima mondiale, e poi uscite praticamente subito di repertorio. La Scala, in un certo senso si riappropria della propria storia. La cena delle beffe di Umberto Giordano ha aperto questo ciclo ottenendo un grande successo di pubblico e di critica. L’opera era stata battezzata nel 1924 addirittura da Arturo Toscanini, una breve ripresa la stagione successiva e poi più nulla. La vicenda narrata è torbida come nella migliore trazione verista e la musica ha diversi atout anche se non raggiunge le vette emozionali dello Chenier. Uno dei motivi principali per cui La cena delle beffe non è stata ripresa con regolarità dai teatri è la scrittura davvero ardua della parte tenorile (Giordano l’aveva affidata a Hipolito Lazaro, il celebre tenore catalano che aveva sedotto Mascagni). In questa occasione Marco Berti nel ruolo di Giannetto ha sfoggiato grande solidità e potenza, sicurezza nel registro più acuto, spesso sollecitato, e timbrica rotonda. Davvero una prova maiuscola alle prese con una scrittura vocale difficilissima. Grande presenza scenica e vocale anche per l’antagonista, lo spaccone Neri Chiaramantesi, impersonato da Nicola Alaimo con voce robusta e accento stilisticamente appropriato. Ginevra, la donna oggetto del contendere, è stata interpretata da una Kristin Lewis davvero in parte, con voce penetrante e una buona emissione. Emozionante l’Aria di Lisabetta, uno dei momenti più toccanti della partitura, cantata con intensità e timbrica soave da Jessica Nuccio, come pure molto riusciti gli interventi di Bruno De Simone nei panni del Dottore, Luciano Di Pasquale in quelli di Torna quinci, e Chiara Isotton una Cintia di spessore. Carlo Rizzi ha diretto con cura l’Orchestra del Teatro alla Scala, attento alle finezze timbriche e senza calcare troppo la mano sull’enfasi. Infine, lo spettacolo firmato da Mario Martone con le scene di Margherita Palli, i costumi di Ursula Patzak e le luci di Pasquale Mari è stato accattivante. Martone ha postdatato la vicenda originariamente ambientata nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, negli anni di piombo, con tanto di clan rivali sul tipo de Il Padrino, utilizzando una struttura scenica a tre piani scorrevoli in senso verticale che rappresentavano gli ambienti in cui si svolgevano i fatti, uno scantinato, un ristorante e la camera di Ginevra. Grandi applausi alla fine.

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