Crédito: Silvia Lelli – Ravenna Festival
Giosetta Guerra
È stato un piacere assistere al Demofoonte di Niccolò Jommelli, dramma per musica in tre atti su libretto di Pietro Metastasio, al Teatro Alighieri di Ravenna nell’ambito del Ravenna Festival, organizzato da Cristina Mazzavillani Muti. Un piacere per gli occhi, per le orecchie e per lo spirito.In coproduzione con Salzburger Festspiele e Opéra National de Paris, lo spettacolo si avvale delle bellissime e ariose scene bianche di Margherita Palli, degli appropriati costumi di Marina Luxardo, che si è orientata sul bianco, rosso, nero e marrone, dell’attenta regia di Cesare Lievi che traduce in atteggiamenti i caratteri dei personaggi anche con l’aiuto delle luci ben studiate da Luigi Saccomandi, puntate sulle figure isolate e su alcune suggestive figure d’insieme statiche, esaltate dalla tecnica del fermo immagine. L’armonia delle linee curve e la luminosità del bianco sono gli elementi dominanti di una scenografia pressoché fissa, tranne qualche spostamento e dettaglio simbolico in itinere, quasi una scatola a colonne formata da facciate neoclassiche di palazzi con portale e timpano, ribaltate, a simboleggiare i travolgimenti e gli sconvolgimenti della vicenda, che parla di un cruento sacrificio umano, di un amore segreto turbato da nozze per ragion di stato e dal dubbio di un presunto incesto, di uno scambio di neonati che fortunatamente risolve il groviglio. Sul fondo una grande finestra ribaltata si apre su fondali inerenti la scena (mare nebbioso con barche, chioma frondosa d’albero, paesaggio di mare con scogli, cielo nero con stelline, vulcano fumante tipo Vesuvio, cielo nero con grande luna). Alla fine del II atto, la confessione dell’amore segreto provoca un ulteriore rovesciamento delle strutture architettoniche e le colonne appaiono spezzate. Dato che l’opera non è molto conosciuta, scriviamone il plot. Il re dei Traci Demofoonte deve scegliere una vergine per il sacrificio annuale ad Apollo. La prescelta è Dircea, figlia di Matusio che si rifiuta. Lei, peraltro, è segretamente sposata (e quindi non è una vergine) con Timante, figlio ed erede di Demofoonte, il quale però lo ha promesso a Creusa, in arrivo dalla Frigia accompagnata da Cherinto, fratello di Timante, che nel frattempo si è innamorato di lei. Demofoonte, venuto a sapere delle nozze segrete tra Timante e Dircea, li imprigiona entrambi. Intanto, per porre termine alle pressioni di Demofoonte nei confronti del figlio Timante, Creusa accetta l’amore di Cherinto, altro figlio di Demofoonte, che così mantiene la promessa iniziale. Matusio giunge con un foglio dove sta scritto che Dircea non è sua figlia ma figlia di Demofoonte, al che Timante si dispera e non vuol più vedere sua moglie che ore risulta essere sua sorella. Ma arriva Demofoonte con un altro foglio, che parla di uno scambio di neonati, per cui Timante è figlio di Matusio. E tutto finisce bene. Gli artisti, tutti giovani sia in orchestra che il palcoscenico, hanno avuto il coraggio di affrontare un’opera tutt’altro che facile seppur bellissima, ma soprattutto hanno rivelato una preparazione globale di alto livello, e non poteva essere altrimenti visto che il loro maestro è Riccardo Muti. Tutti i cantanti hanno un corretto modo di porgere e la tenuta del fiato necessaria per affrontare le lunghe arie, che hanno agilità lente e richiedono la messa di voce. Il controtenore (per me sopranista) Antonio Giovannini, bello, alto, biondo, con un pastrano lungo marrone è Matusio. Dotato di un timbro vocale gradevole e pulito, fa uso di una corretta tecnica di canto, emettendo suoni gravi buoni e non di petto (come succede a certi controtenori costruiti) e slanci acuti vigorosi, pieni di luminosità (“O più tremar non voglio”-atto I). Nei recitativi è invece piuttosto pigolante. Maria Grazia Schiavo, Dircea di rosso vestita, è un soprano squillante dotato di bella pasta vocale, bellissimo timbro, pulito, pieno, luminoso. Canta molto bene l’aria d’amore “In te spero, o sposo amato” (atto I), sostenuta da una bella musica, con modulazioni perfette, gorgheggi, acuti graduali luminosi. L’aria struggente e dolcissima del II atto “Se tutti i mali miei” è cantata con suono pieno e levigato, alternato da mezze voci e filati di rara bellezza. La vedrei bene in Lucia di Lammermoor. Josè Maria Lo Monaco, mezzo soprano en travesti in abiti militari, è Timante (ruolo eroico e virtuoso un tempo riservato a un castrato), ha voce di buon timbro ma di poco volume. Nell’aria “Ma che vi fece o stelle” (atto I), accompagnata da una fantastica musica prima aerea e poi più corposa, si rivela tecnicamente all’altezza della parte, l’emissione è corretta in tutti i registri e senza forzature anche nei gravi, nonostante un peso modesto, il suono è rotondo, le modulazione e gli sbalzi sono perfetti. Nei recitativi invece è un po’ “farfugliona”, articola male, la voce si sviluppa meglio nel canto che nel parlato. Demofoonte ha la figura imponente del tenore russo Dimitri Korchak, che indossa un lungo pastrano nero. Nell’aria leggermente sbalzata “Per lei fra l’armi” (atto I), accompagnata dalla musica tipica delle arie del 700, con belle arcate dei violini, esibisce voce chiara ma robusta, il suono è pulito e buone sono le puntature acute su un canto di sbalzo non veloce. Dizione chiara e bel canto a mezza voce nell’aria del II atto “Creusa, intendo”, preceduta da una breve introduzione orchestrale. Esegue un bel sovracuto nell’aria infuocata “Perfidi che già in vita” (II atto). Eleonora Buratto, con un pastrano bianco, è Creusa. Il soprano rivela voce acuta e buona tenuta dei fiati nell’aria “Non curo l’affetto” (atto I). Nella bell’aria accompagnata dal corno, “Tu sai chi son” (II atto), dalla tinta mozartiana, la Buratto, che ha una vocalità da Donna Anna del Don Giovanni, esibisce suoni pieni, luminosi e ben modulati, ma un po’ gridati nell’acuto. Valentina Coladonato, soprano en travesti dal buon peso vocale e dal bel colore, è Cherinto. Esegue l’aria “Il suo leggiadro viso” (atto I), sostenuta da musica carezzevole, con voce melodiosa, estesa, rotonda e corposa, pur cantando distesa. Il sopranista Valer Barna-Sabadus è vocalmente piuttosto scarso in volume e colore, più che cantare accenna nel ruolo di Adrasto, ma ha i sovracuti facili che esterna nel III atto. La musica è molto bella e sono presenti tutti gli affetti: pagine frizzanti con suggestivi crescendo e diminuendo come l’Ouverture, pagine di desolazione come il dialogo tra Dircea e Creusa nel II atto, brividi quasi romantici che escono dall’orchestra accarezzata dal gesto delicato di Muti, un Intermezzo dove compaiono gli ottoni, arie con la voce del corno (che fa tanto 700), pezzi chiusi d’amore e di furore, recitativi accompagnati al cembalo da Speranza Scappucci, musica festosa e vivace per il settetto finale. Insomma c’è tutto e dobbiamo ringraziare l’instancabile spirito di ricerca del M° Muti se oggi possiamo godere di questa magnificenza.L’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini (trenta archi, quattro fiati e un clavicembalo), formata -preparata-diretta da Riccardo Muti, ha seguito attentamente il gesto vaporoso, preciso, magnetico del Maestro ed ha eseguito con professionalità e sensibilità questa musica sublime.
Versión en Español
Fue un placer asistir al Demofoonte de Niccolò Jommelli, drama para música en tres actos con libreto de Pietro Metastasio, en el Teatro Alighieri de Ravenna, dentro del festival de esa ciudad organizado por Cristina Mazzavillani Muti. Una delicia para los ojos, oídos y para el espíritu. En coproducción con el Festival de Salzburgo y la Opera Nacional de Paris, el espectáculo se valió de la bella y airosa escena blanca de Margherita Palli, de los apropiados vestuarios de Marina Luxardo, orientados hacia el blanco, rojo, negro y marrón, y la atenta dirección escénica de Cesare Lievi que tradujo con actitud el carácter de los personajes y con la ayuda de la bien estudiadas luces de Luigi Saccomandi. La harmonía de la líneas curvas y la luminosidad del blanco son los elementos dominantes de una escenografía casi fija, con algún desplazamiento y detalles simbólicos en una casi caja y columnas formadas por fachadas neoclásicas de palacios con portales y tímpanos que simbolizan la insoportable perturbación de la función, que trata sobre un cruento sacrificio humano, de un amor secreto alterado por una razón de estado y la duda de un presunto incesto, y el cambio de unos recién nacidos que resuelve al final. En el fondo una grande ventana se abre hacia un fondo de escena (mar nebuloso con barcas, follaje arboles frondosos, paisajes de mar con rocas, cielo negro con estrellas y una gran luna, un volcán con humo tipo Vesubio). La historia versa sobre Demofoonte, rey que debe elegir una virgen para el sacrificio anual a Apolo. La elegida Dircea, hija de Matusio, que se niega, esta secretamente casada con Timante, hijo y heredero de Demofoonte, quien manda a prisión a ambos. Matusio, muestra un folio donde esta escrito que Dircea no es su hija si no hija de Demofoonte, y menciona el intercambio de unos recién nacidos, por lo que Timante es el hijo de Matusio, pero todo termina bien. Los jóvenes artistas, en escena y en la orquesta tuvieron el coraje de afrontar una opera nada fácil pero bellísima y sobretodo ofrecieron una preparación global de alto nivel, de su maestro Muti. El contratenor Antonio Giovannini fue un bello y alto, Matusio, dotado de un timbre vocal agradable y pulido que hizo uso de una correcta técnica de canto, emitiendo sonidos graves y agudos vigorosos plenos de luminosidad. Maria Grazia Schiavo fue Dircea una soprano squillante dotada de bella pasta vocal, hermoso timbre, pleno y luminoso. Josè María Lo Monaco, mezzo soprano en travesti y atuendo militar fue Timante (papel heroico y virtuoso reservado en algún momento a un castrado) uso su voz de buen timbre pero poco volumen. Demofoonte tuvo la figura imponente del tenor ruso Dimitri Korchak, que exhibió una voz clara pero robusta, de sonido afinado y buen sonido, dicción clara y bel canto en la media voz. La soprano Eleonora Buratto, fue Creusa que reveló una voz aguda bien sostenida en los fiatos. Valentina Coladonato, soprano en travesti de buen peso vocal y bello color fue Cherinto y el sopranista Valer Barna-Sabadus estuvo vocalmente escaso en volumen y color como Adrasto. La música de esta opera es muy bella y estuvieron presentes todos los efectos como: paginas espumosas con sugestivos crescendos y diminuendos, como en la obertura, y paginas de desolación y escalofríos casi románticos que surgieron de la orquesta acariciada con gesto delicado por Muti. La Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, formada, preparada y dirigida por Riccardo Muti siguió atentamente el gesto vaporoso, preciso, magnético del maestro y alcanzó con profesionalismo y sensibilidad esta música sublime.
No comments:
Post a Comment
Note: Only a member of this blog may post a comment.