© SUZANNE DAUMANN (traduzione di Massimo Crispi)
Signore e Signori, oggi lavo i bicchieri e rifaccio i letti a tutti. A tutti…
Ricordate, signore care, quell'eccitazione, a quindici anni, quando si crede ancora al grande amore? L'unico e il solo? Quello delle favole, quello che si immagina ciarlando con le amiche, alla sera? L'unico, il solo... quello che ti porta le rose di campo o ti riempie di mille attenzioni, che ti porta a passeggio, o che ti canta la serenata... Quello con cui la vita sarebbe una festa ininterrotta?
C'era una volta nel 1790... Werther era già alle nostre spalle, era iniziato il Romanticismo...
Sì, d'accordo, arrivo!
Guglielmo: un giovane ammodo, sicuro! Ma, detto tra noi, signore care, sentimentale proprio no. C'è una cosa, gentili signore e signori, che il buon abate Da Ponte non ha mai raccontato: il fidanzamento con Guglielmo e Ferrando non aveva niente a che spartire col grande amore. Era stato organizzato dalle nostre famiglie. Dorabella ed io, come si può immaginare, non avevamo voce in capitolo. Noi abbiamo solo cercato di far corrispondere i nostri sogni e i nostri ideali a un freddo contratto, come se fosse un calco da un originale mal riuscito. Ma ciò finisce inevitabilmente per farvi posare gli occhi su qualcun altro, non è così?
Un'altra acquavite? Subito… Salute!
E tutt'a un tratto i nostri promessi devono partire per la guerra. Certo che sembravamo disperate, ma, in realtà, era solo per il rispetto delle convenienze. Despina ci aveva scoperte fin dall'inizio ed eravamo ben contente di esserci sbarazzate di quel peso per un po'. Dio mio, conoscevo i mustacchi di Guglielmo da quando gli erano spuntati e Ferrando si comportava come un infante quand'era con Dorabella.
È naturale che ci preoccupassimo per la loro sorte. L'idea che accadesse loro qualcosa, una ferita, un naufragio, tutto ciò che si può immaginare in siffatte circostanze, davvero ci turbava! Ma una volta partiti...
Essere le fidanzate coraggiose di guerrieri coraggiosi era un ruolo decisamente più romantico, lo si deve ammettere. Che Dorabella esagerasse era scontato. Ma, a onor del vero, da sempre lei aveva messo gli occhi su Guglielmo. Perché, anche se un autentico idiota, alla fin fine, era un gran bel pezzo d'uomo, questo va riconosciuto. Oggi, credo, si direbbe: "sexy", n'est-ce pas? D'altro canto, signore e signori, Dorabella non era proprio quel che si dice un'intellettuale!
Ma Ferrando... ebbene sì, è vero, l'ho sempre amato. Lui aveva la percezione delle cose sublimi. Mi ricordo che una sera, uscendo dall'opera, "Don Giovanni" per di più, Guglielmo e Dorabella si burlavano della povera Elvira mentre Ferrando e io la difendevamo. L'amore vero, fedele, eterno? "Lasciatemi un po’ ridere!!!" Forse avevano ragione loro nel dire che era anche una mera questione di carnalità, quella tra Elvira e Giovanni, e che lei lo rincorreva perché era un ottimo amante...
Sì, sì, arrivo... ma sta morendo di sete, quello lì, o cosa!
Di qualunque cosa si trattasse, ad ogni modo, Dorabella e Guglielmo si capivano al volo, sempre, così come me e Ferrando. Forse anche questo ha avuto un ruolo in ciò che è successo dopo. I fatti sono arcinoti, no? Come sbarcano quei due tipi, travestiti da albanesi, tutta quella storia...
Ciò che meno si sa è che quella faccenda del veleno se l'è cavata di capo Despina. Lei ci conosceva meglio di Alfonso, che poi era uno psicologo da quattro soldi... Per di più ne avevamo parlato la sera prima, dell'obbligo di aiutare chi ha bisogno, i malati, i deboli... E poi, signore care, siamo oneste, un uomo così, quando vi sta davanti e improvvisamente diventa fragile e debole, vi colpisce in tutt'altra maniera... perché cambia la prospettiva. E noi dovevamo avvicinarci, toccarli, occuparcene... E quei due stranieri appiccicosi erano diventati così dei semplici esseri umani, dal cuore palpitante e debole. Credo che tutto si sia deciso in quel momento.
Ah, mio Ferrando caro…
Ah, sì, salute!
E quando i due eroi si sono accorti d'essere prossimi alla vittoria, si sono resi conto che in realtà non la desideravano, e così hanno chiesto un bacio. Ma, ovviamente, davanti ad Alfonso e Despina, non potevamo secondarli! Anche se, in fondo, Despina aveva sfondato una porta aperta, almeno per quanto riguardava Dorabella. Io, in quel momento, ero ancora convinta della mia fedeltà per Guglielmo. Contro i venti e la tempesta, a tutti i costi, eccetera eccetera. La sposa squisitamente romantica, come si deve. E lui, nel frattempo... si scopava mia sorella!
E quando lei mi ha fatto tutta quella tiritera, che avrei dovuto cedere, mi son detta che se avessi visto Guglielmo infelice o ferito, mi avrebbe fatto lo stesso effetto dell'altro. Perché quell'altro... Infine, quando lui mi ha sorpresa davanti allo specchio, non potevo più resistere. Come ve lo spiego... questo qui sbarca, raffinato, distinto, misterioso, e, come se ci fosse stata un'eco, mi ricordava Ferrando. E, quando mi ha beccata allo specchio, mentre io credevo che con lui fosse finita, allora, sì... in quel preciso istante gli avrei permesso di farmi tutto ciò che voleva.
E già, signore e signori, ero innamorata! Totalmente e inaspettatamente. Mi volevo sposare con quell'uomo, lasciare Napoli, cominciare una nuova vita in Albania, o chissà dove, ero pronta a tutto!
E poi, signore e signori, il gran colpo di scena!
Adesso mi ci vuole davvero un bicchierino... Salute!
All'improvviso tutto era diverso, falso... all'improvviso eccoci adultere, pronte per la vergogna. Potreste mai immaginare l'imbarazzo? Il mio cavaliere albanese, Ferrando, il fidanzato di mia sorella, e il mio promesso che se l'è appena scopata e ora se la sposa, anche... e la storia della guerra? E no, nessuno era al suo posto, in quel momento, neanche quei due. In fondo loro erano turbati come noi. Alfonso, al contrario, se la godeva: lui dall'alto della sua grande esperienza pensava di averci insegnato qualcosa. "Lasciatemi un po’ ridere!"
Adulterio? Ma poi, lo era stato, un adulterio, quello? Mah, tutt'al più una scappatella... Eppure ce li volevamo sposare davvero gli albanesi, con tutti i sacramenti! Non avevamo rotto i nostri fidanzamenti precedenti, via, non è poi un crimine, al massimo una mancanza d'educazione. E poi, alla fine, sono stati Alfonso e quei due a inventarsi tutto, se c'è una colpa è tanto loro quanto nostra! Ecco cosa mi dà più fastidio! Hanno fatto di tutto per arrivare fino a quel punto, e poi? Solo per una scommessa, signore e signori, una scommessa da bar! Ed eravamo noi a dover chiedere perdono, in ginocchio... No, no, no, era destinata a finir male... ed è finita male.
Salute!
All'inizio pensavamo che non sarebbe successo niente di che, sarebbe passata. Una settimana dopo ci sarebbe stato il matrimonio, quello vero, con la gran festa e tutto il resto. Come i genitori avevano previsto.
Despina quel giorno ci ha aiutato ancora, anche se si era già licenziata. Alfonso l'aveva pagata bene per vincere la scommessa e, con quei soldi ci ha pure aperto il suo albergo.
Sì, sì, sì, arrivo! E dorme, quell'imbecille!
Signore e Signori, oggi lavo i bicchieri e rifaccio i letti a tutti.
Ed eccoci sposate, Guglielmo con me, Ferrando con Dorabella. Tutto così falso. Non falso: falsissimo! Lo sapevo che quando ero a letto con mio marito, lui pensava a Dorabella. E io, io pensavo a Ferrando, tutto il tempo.
Suppongo che fosse lo stesso anche per loro...
Di punto in bianco Guglielmo prese l'abitudine di restare in città per la notte. Abitavamo nella sua casa di campagna, all'epoca. E Dorabella, in città, aveva sistemato la sua con Ferrando.
È chiaro, no, signore e signori? Ci vuol poco a capire cosa succedeva la notte in città. Fu allora che presi la sana abitudine di bere un bicchierino alla sera.
Prosit!
Sì, e poi...
Una sera stavo per andare a letto quando sentii un rumore da fuori. Il domestico annunciò "Il Signor Ferrando" e lui era già di fronte a me. Stava lì, a guardarmi, senza dir nulla. Non ci eravamo più visti dopo il matrimonio, quello vero intendo. Già... infatti, il falso matrimonio, quando il falso avrebbe dovuto essere quello vero, e... ma chi se ne frega! Chi se ne frega... d'un colpo Ferrando mi stava di fronte, lo guardavo, mi guardava. Non mi era mai successo di sentire le gambe che cedono all'improvviso... Ero turbata, lui poteva fare ciò che voleva di me; però ero dispiaciuta che lui fosse Ferrando e non il mio albanese, ero arrabbiata con lui per aver giocato a quella ridicola commedia. Che strano, non me l'ero mai presa con Guglielmo, in fondo lui era fatto così... però Ferrando, lui avrebbe dovuto essere al di sopra di una scommessa da bar, comunque. Ma, comunque, lui era lì: Ferrando e io, da soli, in inverno, Ferrando in uniforme, bagnato fradicio... Il domestico alla porta, incuriosito. E io che facevo la gran signora: "Bruno, portatemi la veste da camera del padrone. E anche altra legna e attizzate bene il fuoco".
E subito dopo, a Ferrando: "Ti prego, togliti quegli abiti inzuppati e vieni qui, vicino al camino". Era triste. Non aveva ancora detto una parola e si era seduto su una poltrona accanto al fuoco. Gli tolsi gli stivali. Mi guardava... non avevo più bisogno del caminetto, ve lo posso assicurare. "Vuoi un'acquavite?" Bisognava occupare il tempo prima del ritorno del domestico. Gli versai l'acquavite e ne versai una pure a me, poi Bruno tornò con la veste da camera, e ci fu tutta una manfrina per persuadere Ferrando a indossarla.
Nel frattempo il domestico aveva portato la legna e io lo congedai. Anche se avesse origliato da dietro la porta non mi sarebbe importato, ero già ben al di là di tutto questo. Potete immaginare, no? Signore e signori, Ferrando ed io, soli in una notte d'inverno, la pioggia battente contro le finestre, il fuoco nel caminetto... E Ferrando, nella sua poltrona, mezzo nudo colla veste di Guglielmo... Non mi aveva ancora detto perché era lì. Io però lo sapevo, ad ogni modo. Povero Ferrando, lui credeva che ogni cosa sarebbe tornata a posto, una volta che tutti fossimo stati sposati. Se avessimo fatto tutti il grande sforzo di dimenticare ciò che era successo quel giorno, come se tutto fosse stato normale, le cose sarebbero divenute normali. Povero angelo! E alla fine mi raccontò perché era lì quella sera. Stava rientrando dalla caserma e, attraversando una piazza, aveva intravisto, dietro un colonnato, una coppia che si abbracciava ridendo. Erano loro: sua moglie, mio marito... Loro non l'avevano notato, disse, e lui era tornato in caserma per prendere il cavallo e venire da me. E dopo? Che volete che vi dica? Povero Ferrando! Alla fine il suo idealismo o i suoi sensi di colpa hanno avuto la meglio...
Salute!
Ma volete sapere proprio tutto? Dio mio, fu terribile! Immaginate: Ferrando e io, finalmente soli, senza che niente possa separarci, ci strappiamo gli abiti, ci avvinghiamo l'uno all'altra, sul tappeto davanti al camino, baci roventi, pelli roventi...
E poi... la sua virilità lo abbandonò...
"Non preoccuparti, son cose che capitano", gli dissi versandogli un'altra acquavite (e versandone un'altra anche a me). Poi mi misi qualcosa addosso. Lui mi fissava solamente, bianco come un cencio, cogli occhi sgranati, come se fosse in fin di vita. Non diceva più nulla. Si rivestì, prese la candela sul tavolo e uscì. Io lo seguii, era così strano che ebbi paura. Ma credo che lui non mi vedesse neanche più, era già lontano. Tanto lontano. Accese la sua lanterna nell'ingresso, mi diede la candela in mano come se fossi un qualsiasi lacchè e se ne andò. Tutto sembrava inevitabile, come se fosse già scritto. Sapevo che era finita, che era ormai troppo tardi per tutto. Andai a cercare i miei abiti e la bottiglia di acquavite e andai a dormire.
Fu Guglielmo, rientrando, a trovarlo.
Il resto è presto detto: Guglielmo fece in modo di perdere tutta la sua fortuna, la mia dote e anche quella di Dorabella al gioco, nei bordelli...
Poi scomparve, sarà probabilmente morto, facendo il mercenario da qualche parte nel mondo. Dorabella tornò dalla mamma. E io...
Signore e Signori, oggi lavo i bicchieri e rifaccio i letti a tutti.
Salute!
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