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Foto: Armin Bardel & Robert Millard
Ramón Jacques
Il Regietheater tanto di moda in Germania comincia al momento ad essere rappresentato, nella sua forma più conservatrice, sempre più frequentemente nei teatri d’opera statunitensi. Grazie alla sua vicinanza e alla stretta collaborazione con il mondo del cinema di Hollywood, la Los Angeles Opera è la compagnia nordamericana che ha mostrato una maggiore apertura nell’offrire spettacoli non tradizionali e anche controversi, spesso ideati da registi cinematografici ed europei. Pertanto, per la prima locale de Il Turco in Italia di Rossini (opera poco rappresentata e praticamente sconosciuta a queste latitudini) per renderlo più piacevole e divertente si è importata la produzione che Christof Loy e Herbert Maurauer hanno ideato per l’Opera di Stato di Amburgo. Qui, la vicenda viene collocata in un campo nomadi a Napoli degli anni ‘60, in uno scenario composto da pochi elementi, con abiti correttamente allusivi a quel tempo. Un buon disegno delle luci e la scelta delle tonalità coloristiche hanno reso la messa in scena molto attraente per lo spettatore. La conduzione di Axel Weidauer, era diretta e di giusta comicità, senza esagerazioni, ma con un tocco di assurdo in quei personaggi che continuamente si spostavano da un alto all’altro del palcoscenico con movimenti lenti e cadenzati, al fine di distrarre il pubblico dalla scena centrale e ad irritarlo. Sulla carta il cast vocale sembrava solido, ma nonostante una buona prestazione esibita, per il fatto di non essere cantanti specializzati nel repertorio rossiniano, l’opera a volte mancava della tipica parte pirotecnica e di fuochi d’artificio.
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