Friday, April 7, 2023

Il Fluto Magico - Teatro Regio di Torino

Foto: Andrea Macchia

Massimo Viazzo

Sono ormai 10 anni che il Flauto Magico di Barrie Kosky suscita entusiasmo sui palcoscenici di tutto il mondo. Il regista australiano con l’apporto determinante per la parte video del gruppo artistico «1927», i cui membri sono Paul Barritt e Suzanne Andrade (che è anche indicata in locandina come regista accanto a Kosky), e con i funzionali costumi di Esther Bialas, ha confezionato uno spettacolo innovativo, targato Komische Oper Berlin, caratterizzato da uno strabismo ingegnoso e fecondo che guarda nel contempo al passato e al futuro: al passato per i riferimenti agli anni d’oro del cinema muto chiaramente palesi nelle sezioni dei recitativi parlati (ricordo che Il Flauto Magico è un Singspiel), qui completamente eliminati e sostituiti da cartelli con didascalie esplicative accompagnati al fortepiano con musica dello stesso Mozart proprio alla maniera del cinema muto, e al futuro con la creazione di uno spazio virtuale in cui i personaggi dell’opera vengono spersonalizzati all’interno di veri e propri cartoons proiettati sul fondale, per restituirli al pubblico in una dimensione più fiabesca e onirica. A Kosky infatti non interessano le implicazioni filosofiche, mistiche, massoniche del libretto, ma il regista piuttosto è attratto dall’aspetto giocoso e popolare della vicenda, che in effetti ne caratterizzò da principio la messa in scena in quel Theater auf den Wieden ubicato alla periferia di Vienna e frequentato proprio dal popolo. In sostanza Kosky racconta una ingenua storia d’amore in cui si trovano ad essere contrapposti il mondo reazionario e passatista della Regina della Notte (qui una inquietante Donna Ragno) e quello moderno e progressista di Sarastro rappresentato da una miriade di macchine e di ingranaggi che invadono la vita quotidiana, il tutto pensato in un universo bidimensionale regolato da un impeccabile congegno ad orologeria che funziona alla perfezione proprio perché sa nascondere i meccanismi che lo governano, lasciando così emergere poesia, stupore e sogno. Omogeneo il cast di questa ripresa torinese curata da Tobias Ribitzki, un cast che ha sicuramente effettuato un buon lavoro di squadra. Segnalo il lirismo appassionato di Gabriela Legun (Pamina), la sicurezza e l’accento gagliardo di Joel Prieto (Tamino), la bella timbrica di Gurgen Baveyan (Papageno), le stilettate acutissime e precisissime di Serena Sáenz (Regina della Notte), la rotondità d’emissione di In-Sung Sim, ma un po’ tutti hanno reso al meglio per la riuscita di uno spettacolo condotto dal podio con asciuttezza, piglio e dinamicità da Sesto Quatrini, perfettamente in sintonia con quello che avveniva sul palcoscenico.



 

 

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