Wednesday, May 26, 2010

Il Ratto dal Serraglio - 73° Maggio Musicale Fiorentino, Firenze

Foto: Maggio Musicale Fiorentino ©
Massimo Crispi

Fine Settecento, Turchia. Un Pascià che parla in Hochdeutsch, ben educato, che sì, possiede un harèm, ma che poi non vuole costringere Konstanze (nomina sunt consequentia rerum...) ad amarlo perché desidera che lei arrivi ad innamorarsene spontaneamente. Una donna, anzi due, europee, rapite e imprigionate, seppur in una prigione d’oro, tutta colorata e piena di mollezze orientali e profumi, in giardini chiusi e dietro griglie impenetrabili, su cui fa guardia Osmin, burbera e grezza creatura con tutti i luoghi comuni dell’uomo-padrone mussulmano. Uno schiavo giardiniere del Pascià, comunque nelle sue grazie, compagno dell’inglesina rapita, Blonde, dall’iberico nome di Pedrillo, e il suo padrone, Belmonte, iberico anche lui, che giunge in Turchia da uomo libero in cerca della sua Konstanze per liberarla. Shakerate il tutto e avrete il Ratto dal Serraglio, turcheria di fine secolo della premiatissima ditta Mozart, che non ne sbagliava una. Il Ratto è una vivacissima opera, con strepito di cimbali e percussioni per caratterizzare le turcherie, com’era di moda all’epoca, con commedie degli equivoci, agnizioni, ritrovamenti, agguati, una serie di combinazioni combinate e luoghi comuni sul mondo mediorientale che fanno sorridere, forse più all’epoca, probabilmente, ma che rendono ancora oggi l’opera gradevole e rappresentata.

Però, se la gioia e l’allegria veniva dalla parte scenica, con un Maurizio Muraro, divertente Osmin dalle goffe astuzie e di facile corruzione con bottiglie di vino delizioso, il cui cane da guardia è un enorme coccodrillo da lui addomesticato, simpaticissimo; con un Pedrillo assai vivace anch’egli in perfetta compagnia coll’agile e civettuola Blonde di Chen Reiss; con un sexy Selim Pasha, che non si capisce, francamente, come Konstanze potesse preferirgli l’impacciato Belmonte, dal lato dell’orchestra diretta da Zubin Mehta questa effervescente e scoppiettante miscela non era sempre evidente. Elegante, certamente, soprattutto nelle arie principali dei personaggi, in particolare le due di Konstanze e quelle di Belmonte, però mai davvero mozartianamente folle fino in fondo. Fin dall’ouverture appariva po’ ingessato, ecco. Soffriva, questo Ratto, come se la musica fosse prigioniera del Serraglio stesso, senza la vera libertà in cui avrebbe dovuto, forse, volteggiare e galleggiare di continuo. Perché è la levità la chiave principale di Mozart, almeno in quest’opera, anche nei momenti tragici c’è comunque una scintilla di salvazione, una via d’uscita, un’ironia che mostra una luce. La risata ridicola e demente sempre in agguato, anche nelle situazioni più tragiche, che Milos Forman faceva risuonare in Amadeus, era una trovata assolutamente geniale e pertinente, perché veniva fuori proprio questo carattere mozartiano del perenne gioco, la perenne voglia d’adolescenza, il perenne anelito alla vita, pur in situazioni difficilissime. L’allestimento, sempre gradevole, era quello del Maggio di qualche anno fa, a firma di Christoph Wagenknecht, con pannelli turcheschi di geometrie colorate, che vanno e vengono e che si combinano in tutte le maniere possibili, e coi ricchi costumi di Catherine Voeffray. La regia di Eike Gramss, aveva invenzioni divertenti: il grande coccodrillo, un vero e proprio personaggio in più che interagisce cogli altri; l’iniziale gioco anamorfico della barca e del barcaiolo, che poi è Belmonte stesso; i personaggi erano curati, ove possibile; qualche battuta divertente nel testo... ed era, fortunatamente, abbastanza nella tradizione: generalmente tremo quando ci sono regie tedesche in agguato perché ci si può aspettare che il serraglio di Selim vada a finire sul pianeta Piri e i protagonisti siano di razze aliene un po’ stranine. Belmonte era quindi un un po’ goffo e non si capisce come riesca ad arrivare, imbranato com’è, al serraglio di Selim, ma nelle opere tutto è possibile.


Voce di bella qualità quella di Jörg Schneider, sfortunatamente, però, senza un grande carisma; e troppo spesso questo ruolo viene affidato a un lirico o addirittura a un lirico leggero, mentre forse sarebbe più adatta una vocalità prossima a quella d’un tenore eroico settecentesco, per qualità di voce, per colore, per carattere. Certo, Belmonte, in fondo, in questo gioco mozartiano, è un ragazzone austriaco innamorato, che, come nelle favole della miglior tradizione, sfida mari e tempeste per salvare la sua bella rapita dal turco selvaggio, che rinchiude le sue femmine nel suo zoo privato, ma che poi si mostra assai più magnanimo e civile del papà spagnolo di Belmonte, che gli ha rapito per sempre la felicità, aggiungendosi così Selim alla schiera dei Titi, Alessandri, e altre regali figure di sovrani illuminati. E qualche goffaggine gliela permettiamo, a Belmonte, in un mondo sconosciuto dove le regole sono altre, anche se l’esagerazione delle caricature, tipiche dell’opera buffa, avrebbe richiesto di estremizzare ancora di più i caratteri. Alla fine, quindi, risulta più evidente il disinvolto Pedrillo, Kevin Conners, divertente e bravo cantante, e il figurone ce lo fa lui. È stato interessante risentire la splendida aria di Belmonte che viene spesso tagliata, anche perché in effetti rallenta l’azione, “Ich baue ganz”, più un’aria da concerto, pur se l’interpretazione di Schneider e Metha non hanno aggiunto niente, alla fine, proprio per quella mancanza di eroicità della sua voce e per il sopore orchestrale.

Konstanze, Ingrid Kaiserfeld, dalla bella e avvolgente voce che possiede già in sé una presenza teatrale inequivocabile, aveva purtroppo qualche problema di sovracuti striduli, non sempre messi bene a fuoco - e di note stratosferiche il ruolo ne ha tante - mentre era a suo agio nelle agilità, nelle frasi musicali più centrali e meno acute, esibendo bei legati ed eleganti fraseggi. Ma Konstanze, ahimè, ha anche quella parte iperacuta e forse è meglio affrontare altri ruoli un po’ meno funambolici. Chen Reiss ha disegnato una gradevolissima Blonde, vocalmente e scenicamente, scatenata, simpatica nei duetti con Osmino e Pedrillo, quasi il motore di un cast mezzo svogliato, o forse non stimolato abbastanza dal podio ad una maggiore vivacità. Niente male Maurizio Muraro, un Osmin di gran presenza e brio, contraltare grave di Blonde, e di voce d’eccellente qualità, ma talvolta il ruolo sembrava essere troppo grave per lui. Bisogna pur dire che è oggi alquanto difficile trovare bassi profondi che si destreggino anche in zona acuta, è un po’ la coperta che lascia sempre qualcosa fuori... quant’è complesso cantare Mozart, che vocalità sono richieste dalla sua scrittura. Bravo l’attore Karl-Heinz Macek, Selim raffinato e seducente e buono come sempre il coro di Piero Monti. Il coccodrillo era animato da Tiziano Goli, assai divertente. Però, su questo Ratto finalmente rilucente di Mediterraneo, ogni tanto passava una nuvoletta di leggera noia.

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